Mauro Valeri

Alleato prezioso

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Il Federal bureau of investigation, partner d’eccezione delle forze dell’ordine italiane

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«L’elenco delle diverse minacce che affrontiamo sottolinea la complessità e l’ampiezza della missione dell’Fbi: proteggere il popolo americano e difendere la Costituzione degli Stati Uniti». Queste le parole di apertura del discorso al Comitato giudiziario del Senato del direttore dell’Fbi, Christopher Wray, che meglio sintetizzano i compiti dell’Ufficio. Compiti che, svolti sull’intero territorio nazionale statunitense e in tanti Paesi nel mondo, sono relativi al contrasto di tutte le forme gravi di criminalità. La priorità assoluta però rimane una, quella di proteggere il popolo americano dal terrorismo: «Una minaccia persistente e complessa come non mai – prosegue il direttore – Ci troviamo in un ambiente in cui le minacce provenienti dal terrorismo internazionale, da quello interno e da quello ”sponsorizzato” dagli Stati sono tutte, contemporaneamente, elevate. La maggiore minaccia terroristica per la nostra patria è però oggi rappresentata da singoli attori o piccole cellule di individui che si radicalizzano, principalmente online, e che utilizzano, nella maggior parte dei casi, armi facilmente reperibili per attaccare obiettivi vulnerabili».

L’Fbi, comunemente chiamato Bureau, svolge indagini su ogni caso di crimine federale che non ricada, esclusivamente, sotto l’autorità di un’altra Agenzia. Il quartier generale è posto nell’edificio J. Edgar Hoover a Washington, D.C, così chiamato in onore del 5° capo del Bureau che lo diresse ininterrottamente per quasi 50 anni (dal 1924 al 1972). Lo sviluppo dell’Ufficio ha reso necessario decentrare alcune importanti funzioni presso altre sedi. I laboratori e l’Accademia sono stati infatti localizzati a Quantico e la divisione antiterrorismo è stata spostata in Virginia, nello stesso edificio della divisione antiterrorismo della Cia e del Centro nazionale di contrasto al terrorismo.Nelle principali città degli Stati Uniti sono dislocati, inoltre, 56 uffici territoriali e 400 agenzie residenti che conducono la maggior parte del lavoro quotidiano dell’Fbi sul territorio, che durante l’anno appena trascorso ha portato i 38mila appartenenti al Bureau ad affrontare un livello sempre maggiore di minacce, in particolare crimini violenti e motivati dal pregiudizio, cyberattacchi elaborati e crescita dell’utilizzo di potenti droghe come il fentanyl. L’Fbi però può contare su un prezioso alleato, i cittadini: nel 2023 hanno presentato più di 1,4 milioni di segnalazioni al Centro operazioni minacce nazionali (tips.fbi.gov), di cui quasi 1.500 relative a pericoli di sparatorie nelle scuole, un fenomeno particolarmente sentito negli Usa. E proprio per farsi aiutare dai cittadini che è nata, già nel 1950, la lista dei “10 fuggitivi più ricercati”, e, più esattamente, dalla richiesta di un reporter dell’International news service all’Fbi dei nomi e delle descrizioni dei criminali più “duri” che il Bureau ricercava. La storia pubblicata generò così tanto interesse che l’allora direttore dell’Fbi, J. Edgar Hoover, diede vita al progetto che si sarebbe occupato, da quel momento, di compilare e tenere aggiornata la lista dei 10 fuggitivi più ricercati. A finire per primo nell’elenco fu Thomas James Holden, ricercato per l’omicidio della moglie, del fratello e del fratellastro.

Dalla sua creazione, 532 latitanti sono stati inseriti nella lista e 494 sono finiti in manette:163 tra questi devono la loro cattura alle segnalazioni dei cittadini. I record di permanenza nella lista vanno dalle 2 ore di Billy Austin Bryant nel 1969 agli oltre 32 anni di Victor Manuel Gerena. I reati che fanno attribuire maggior pericolosità a chi li commette sono cambiati nel corso degli anni, così come le priorità dell’Fbi. Negli Anni ‘50, la lista era principalmente composta da rapinatori di banche e ladri di auto, mentre nel decennio successivo, invece, conteneva principalmente i rivoluzionari dell’epoca che avevano distrutto proprietà governative, sabotato e rapito. Durante gli Anni ‘70, con la focalizzazione dell’impegno dell’Fbi su crimine organizzato e gruppi terroristici, la lista si riempie di appartenenti a tali formazioni, ma è dagli Anni ‘90 che la lista riflette, grossomodo, le stesse priorità attuali, includendo predatori sessuali, terroristi internazionali, trafficanti di droga e appartenenti a bande particolarmente violente. Queste ultime rappresentano oggi un fenomeno criminale particolarmente preoccupante negli Usa, con più di 33mila gang criminali in attività, tra quelle di strada, quelle di motociclisti e quelle all’interno dei penitenziari. Tutte ricorrono alla violenza per “controllare” i quartieri e aumentare i profitti delle loro attività illegali: rapine, frodi, traffico di droga e armi, prostituzione e tratta di esseri umani. Per contribuire a frenare la crescita delle bande e delle attività criminali correlate, l’Fbi, su indicazione del Congresso, ha istituito nel 2005 il National gang intelligence center (Ngic). Il Ngic raccoglie ed elabora le informazioni sulle bande provenienti da tutte le forze dell’ordine federali, statali e locali, relative alla crescita, alla migrazione, all’attività criminale compiuta e all’associazione tra bande che rappresentano una minaccia significativa per gli Stati Uniti. Supporta poi le forze dell’ordine condividendo le informazioni ricavate e fornendo attività di intelligence. Alcune bande poi, come Mara Salvatrucha (MS-13) e 18th Street, creano un allarme sociale così elevato da giustificare la creazione di appositi gruppi investigativi transnazionali per combatterle. Le indagini dell’Fbi rivelano infatti che queste bande transnazionali sono presenti in quasi ogni Stato, continuano a espandere la propria influenza negli Usa e a incrementare il numero dei sempre più giovani membri. Per contrastarle è stata istituita la Task force antimafia transnazionale (Tag) con le polizie di El Salvador, Guatemala e Honduras. 

Altro fronte sul quale l’Fbi è particolarmente impegnato è quello del contrasto alla criminalità informatica. Per questo ha istituito l’Internet crime complaint center, per raccogliere segnalazioni e denunce sui reati informatici tra cui le varie forme di frode, i diritti di proprietà intellettuale, gli accessi abusivi, lo spionaggio economico, le estorsioni online, il riciclaggio internazionale di denaro e i furti di identità digitale. Dalla sua istituzione nel 2000, il Centro ha ricevuto più di 7 milioni di denunce. Non è questo però il suo unico compito perché l’enorme mole di informazioni di cui dispone, anche grazie alle segnalazioni dei cittadini, gli permette di mettere in correlazione i diversi reati e di tracciare tendenze e minacce informatiche future. «La minaccia cibernetica – sottolinea il direttore del Bureau – mina la nostra sicurezza nazionale ed economica. La strategia dell’Fbi è quella di imporre rischi e conseguenze agli avversari informatici. Il nostro obiettivo è cambiare il comportamento di criminali e Stati-nazione che ritengono di poter compromettere le reti degli Stati Uniti, rubare proprietà finanziarie e intellettuali e mettere a rischio infrastrutture critiche senza correre particolari rischi. Per fare questo, mettiamo in campo la nostra combinazione unica di autorità, capacità e partenariati per imporre serie conseguenze ai nostri avversari informatici». Partenariati che sono particolarmente attivi e proficui, sia col mondo accademico che con quello industriale, e che permettono di rendere le reti informatiche e le infrastrutture critiche sempre meno vulnerabili.

Filo diretto
La collaborazione internazionale è sempre stata un punto di forza dell’Fbi, tanto che, presso le ambasciate e i consolati statunitensi, sono presenti alcuni particolari uffici legali capitanati dai legal attachés che fungono da ufficiali di collegamento. Gli agenti che lavorano all’interno di questi uffici sono dei veri e propri punti di contatto nelle indagini di interesse dei due diversi Paesi, quello che ospita l’ambasciata e gli Stati Uniti. Abbiamo posto alcune domande al responsabile di questo Ufficio a Roma, Christopher Flowers.

Qual è il compito principale svolto dal Legal Attachè? 
È il rappresentante del direttore dell’Fbi nel Paese cui è assegnato e può esserlo anche di altri. Questo è il caso del legal attachè in Italia che estende le sue competenze anche su Malta, San Marino e lo Stato Vaticano. Il ruolo principale dell’Ufficio è quello di collaborare con i partner del Paese, forze dell’ordine e Agenzie di intelligence, e con le altre Agenzie governative statunitensi per coordinare e condurre  indagini e operazioni congiunte nonchè risolvere eventuali conflitti investigativi.

Che particolarità assume questo Ufficio in Italia?
La nostra principale missione è quella di sconfiggere le minacce alla sicurezza internazionale, con particolare riguardo alla prevenzione del terrorismo internazionale e del suo finanziamento, del riciclaggio di denaro, della criminalità informatica e di quella organizzata attraverso un livello di cooperazione molto forte e consolidato negli anni con le forze di polizia e le Agenzie di intelligence del vostro Paese.

C’è un’indagine, svolta in collaborazione con la polizia italiana, che l’ha colpita particolarmente?
Sono state numerose nel corso degli anni, soprattutto quelle svolte in collaborazione con il Servizio centrale operativo; l’indagine che più mi ha colpito è stata “Pizza connection” dei primi Anni ’80. Come disse l’ex direttore dell’Fbi, Louis Freeh, questa può essere considerata la prima grande indagine del Bureau su un’organizzazione criminale transnazionale. Ha rappresentato un punto di svolta storico nella collaborazione internazionale di polizia e l’azione coordinata delle diverse forze dell’ordine. L’operazione “Pizza connection” e il contestuale maxi processo italiano hanno consolidato l’impegno tra i nostri 2 Paesi di lavorare insieme per “smantellare” la Mafia.

Qual è la differenza tra il modo di svolgere indagini dello Sco e dell’Fbi?
Sono molto simili perché entrambi, oltre a basarsi sulle best practice del settore, cercano di attaccare la criminalità non solo arrestando i “pesci piccoli” ma mirando al cuore delle organizzazioni criminali.

Crede che il livello di minaccia terroristica sia simile in Italia e negli Stati Uniti?
È seria ed è estesa a tutto il Pianeta. È però una minaccia che ci unisce, perché l’unico modo di combatterla è quello di lavorare insieme, non solo tra Italia e Stati Uniti ma in tutto il Mondo. 

Come si trova in Italia?
Sono qui a Roma da giugno del 2022. Il vostro è un Paese incredibile: bellezza, storia, cultura, tradizioni, cucina. Non potrei essere più grato di essere stato assegnato qui e di collaborare con partner straordinari come la Polizia di Stato. Questi rimarranno i momenti più belli della mia vita, professionale e personale.

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L’Accademia nazionale Fbi 
Vengono da tutto il Mondo all’Accademia dell’Fbi di Quantico per approfondire materie come teoria dell’intelligence, terrorismo e mentalità terroristica, scienze gestionali, diritto, scienze comportamentali, comunicazione delle forze dell’ordine e scienze forensi. Sono funzionari delle forze dell’ordine locali, di contea, militari, federali ed estere e la loro partecipazione è possibile esclusivamente su invito. Gli appartenenti alle forze di polizia di uno Stato estero sono ammessi nella misura di uno per Paese. Si fermano qui 11 settimane e seguono un programma particolare durante il quale gli verranno impartiti non solo gli insegnamenti teorici citati, ma verrà effettuata anche un’intensa attività fisica. Mens sana in corpore sano, mente sana in corpo sano, dicevano i latini e questo motto qui è un vero e proprio riferimento nell’attività quotidiana, perché gli esami finali del corso consistono, oltre che in prove teoriche, anche in prove fisiche, come il completamento di un faticoso percorso di 6,1 miglia durante il quale i partecipanti devono superare muri, attraversare ruscelli, arrampicarsi su pareti rocciose con corde e strisciare sotto il filo spinato in acqua fangosa. Al completamento del percorso si viene premiati con lo “Yellow brick road”, un mattone giallo che simboleggia anche il superamento del corso. Dal 1935 ad oggi, l’Accademia nazionale Fbi ha formato più di 46mila frequentatori. Abbiamo raccolto le impressioni di uno di questi, Rosaria Di Blasi (nella foto a fianco), direttore della Sezione investigativa del Servizio centrale operativo di Bari: «Ho frequentato il 287° corso, dal 7 luglio al 14 settembre scorso. Eravamo più di 200, 21 dei quali provenienti da altri Paesi. Sono rimasta piacevolmente sorpresa dall’accoglienza, sia dei docenti che degli altri frequentatori. Non è facile infatti all’inizio trovarsi a migliaia di chilometri da casa in una Accademia dove si seguono regole ferree. Devo dire però che tutto è studiato per far ben integrare il frequentatore, basti pensare che ogni cittadino straniero è posto in camerata con uno statunitense. Nascono amicizie destinate a durare a lungo: la mia compagna di stanza è venuta a trovarmi qui in Italia ed è ripartita da poco. L’attenzione è posta non solo all’apprendimento teorico e all’addestramento fisico: anche il benessere mentale è considerato una componente essenziale per lo sviluppo armonico dell’investigatore. Alla cerimonia finale, dove viene consegnato un diploma dell’Università della Virginia, sono invitate anche le famiglie. Conservo il mio mattone giallo davvero con grande orgoglio».

09/02/2024