Mauro Valeri
Un secolo di attività
in collaborazione con la Direzione centrale della polizia criminale
1. Introduzione
di Raffaele Grassi*
Un secolo è trascorso dalla nascita di Interpol e fare un paragone tra lo scenario criminale attuale e quello di allora risulta difficile.
Velocità di trasferimento dei capitali, reati informatici, identità digitale, organizzazioni criminali con spiccate proiezioni internazionali: tutto inimmaginabile 100 anni fa.
Alcuni concetti però erano validi allora come ora: la necessità della costituzione di un Ufficio centrale italiano di polizia criminale internazionale che contrastasse i delitti compiuti dai malfattori internazionali, definizione formalizzata già nel 1926, nel corso di un congresso delle polizie europee tenutosi a Berlino.
In quella occasione venne chiarito appunto che il malfattore internazionale era colui che “commetteva un delitto in uno Stato che non fosse la propria Patria, o ancora colui che si era dato ad azioni criminose che potevano arrecare danno a persone o beni che si trovavano in un altro Stato, o, infine, colui che, appena commesso un delitto, fuggiva dallo Stato dove l’aveva commesso per rifugiarsi in un altro”, declinando così una prima definizione del ricercato in campo internazionale.
Al tempo, l’Ufficio centrale italiano di polizia criminale, istituito presso la Divisione polizia della Direzione generale della PS, aveva il compito di “promuovere le ricerche e sollecitare la cattura, con ogni più moderno scientifico e tecnico, dei malfattori internazionali; curare le pratiche d’estradizione consentite dagli accordi internazionali e corrispondere con le polizie estere, anche per quanto riguarda lo studio comparativo delle rispettive organizzazioni dei servizi d’ordine e di sicurezza”.
Compiti, questi, che la Direzione centrale della polizia criminale, che ho l’onore di dirigere, e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia che ne fa parte, hanno ereditato.
Oggi, Interpol è una realtà che comprende 195 Paesi al mondo e che permette loro di scambiare non solo informazioni – che rimangono il cuore dell’attività internazionale di polizia – ma soprattutto esperienze e le migliori pratiche per affrontare le minacce note e quelle emergenti.
L’Italia è uno dei Paesi trainanti di questo processo di evoluzione di Interpol ed è, statistiche alla mano, non solo tra i maggiori contributori in termini di informazioni a favore delle banche dati di cui Interpol dispone, non dissimili nella natura da quelle presenti nella nostra banca dati SDI, ma soprattutto è tra i primissimi in termini di fruizione delle stesse.
Qui mi piace ricordare il progetto sull’interoperabilità delle banche dati, che è seguito dai Servizi dipendenti dalla Direzione centrale della polizia criminale e che, partito anni fa con l’intento di interconnettere il contenuto delle banche dati Interpol con SDI, ha portato enormi vantaggi alle pattuglie operanti sul territorio e a tutte le unità investigative delle forze di polizia italiane.
Il progetto, avviato dapprima con la sola banca dati relativa ai latitanti, ha fatto balzare nel 2019 il numero di interrogazioni mensili delle banche dati Interpol da parte di operatori italiani dalle tre-quattromila al mese ad oltre 4 milioni.
Attraverso il cosiddetto “cruscotto operativo”, chi opera sul territorio è infatti in condizione di interrogare gli archivi informatici di quell’Organizzazione internazionale attraverso l’uso di due semplici tasti.
Ciò si traduce in un aumento esponenziale di informazioni sui soggetti identificati e una risposta maggiormente performante in termini di prevenzione e repressione, e di capacità di “intercettare” persone colpite da richieste internazionali di arresto con finalità estradizionali (le famose “Red Notice” di Interpol), i malfattori internazionali che si trovino sul nostro Paese.
Naturalmente il progetto continua ed è ancora in corso, con l’intento di collegare le ulteriori banche dati Interpol sui documenti, sui veicoli e sulle armi.
L’Italia è anche partner e promotore di progetti internazionali sotto egida Interpol: da ultimo abbiamo proposto, a partire dal 2020, l’ormai noto progetto I-can, che ha come obiettivo la focalizzazione dello scambio informativo sui maggiori latitanti di ‘Ndrangheta ma che mira anche, e soprattutto, a far conoscere la pericolosità di tale organizzazione criminale.
Un altro progetto recentissimo è legato alla proposta italiana di creazione di una nuova Notice, denominata Silver Notice, che si auspica possa divenire una sorta di Red Notice dei patrimoni, ossia uno strumento che veicoli richieste giudiziarie di congelamento, sequestro o confisca di proventi illeciti derivanti da attività criminale.
Tale progetto, avviato sin dallo scorso anno con un gruppo di lavoro di esperti a guida italiana, è stato sottoposto al voto dell’Assemblea generale Interpol di Vienna, che celebra, tra l’altro, il Centenario dalla sua fondazione, affinchè parta un progetto pilota di due anni che consenta di individuarne le modalità più efficaci di applicazione e dare quindi il via, a partir dal 2025, alla sua versione definitiva.
Il perseguimento e la riuscita di questo progetto, nel quale il Dipartimento della pubblica sicurezza pone enorme fiducia, rappresenta allo stesso tempo un valido strumento di contrasto alla criminalità transnazionale, ma anche un modo per onorare quei valorosi colleghi e magistrati caduti nell’adempimento del dovere e che erano fermamente convinti che le mafie andassero combattute non solo nei loro componenti, ma soprattutto nei loro patrimoni.
*vice capo della Polizia - direttore centrale della polizia criminale
2. Le tappe fondamentali
Creare un organismo internazionale per combattere il crimine in tutto il mondo, questa la visionaria idea, nata nel 1914, che ha portato, in quello stesso anno, al I Congresso internazionale della polizia criminale, svoltosi a Monaco alla presenza dei delegati di 14 Paesi. Ma è nel 1923 che con uno statuto di 10 articoli, e alla presenza dei delegati di 19 Paesi, tra cui quelli italiani, viene costituita la International criminal police commission (Icpc). Ripercorriamo alcune delle tappe principali della tanta strada percorsa da allora da quella Commissione internazionale di polizia criminale, che sarebbe poi diventata, nel 1956, l’Interpol.
1923
Viene istituita, il 7 settembre, la Commissione internazionale di polizia criminale (Icpc) con sede a Vienna, in Austria. Johannes Schober, capo della polizia della capitale austriaca, ne sarà presidente fino al 1932.
1927
I partecipanti alla quarta sessione dell’Assemblea generale, l’organo principale di governo dell’Organizzazione, adottano una Risoluzione secondo cui ogni Paese membro avrebbe dovuto istituire un punto di contatto nazionale tra le proprie forze di polizia e l’Interpol. Nasce così il precursore degli attuali Uffici centrali nazionali.
1938
I nazisti assumono il controllo della Commissione internazionale di polizia criminale dopo aver deposto il presidente Michael Skubl. La maggior parte dei Paesi smette di partecipare e l’Icpc cessa di fatto di esistere come organizzazione internazionale. Nel 1942 l’Organizzazione cade completamente sotto il controllo tedesco e viene trasferita a Berlino, al numero 16 di Kleinen Wannsee.
1946
Il Belgio guida la ricostruzione della Commissione dopo la fine della seconda guerra mondiale. Si istituisce un processo democratico per eleggere il Presidente e il Comitato Esecutivo. La sede centrale viene trasferita in Francia, a Parigi.
1947
Venne emessa la prima Red notice, Notizia rossa, per ricercare un cittadino russo accusato di aver ucciso un poliziotto. La Notizia contiene informazioni identificative e una sintesi delle accuse contro la persona.
1950
L’emblema e la bandiera entrano in uso. L’emblema è composto da un globo, a indicare che le attività sono realizzate su scala mondiale, rami d’ulivo a simboleggiare la pace, una bilancia per rappresentare la giustizia e una spada per richiamare l’azione della polizia. La bandiera, utilizzata per protocolli ed eventi, riporta l’emblema al centro e quattro fulmini che simboleggiano la centralità delle telecomunicazioni e la velocità nell’azione di polizia.
1956
L’Assemblea generale, riunitasi a Vienna, adotta una Costituzione ch