Mauro Valeri
Un secolo di attività
in collaborazione con la Direzione centrale della polizia criminale
1. Introduzione
di Raffaele Grassi*
Un secolo è trascorso dalla nascita di Interpol e fare un paragone tra lo scenario criminale attuale e quello di allora risulta difficile.
Velocità di trasferimento dei capitali, reati informatici, identità digitale, organizzazioni criminali con spiccate proiezioni internazionali: tutto inimmaginabile 100 anni fa.
Alcuni concetti però erano validi allora come ora: la necessità della costituzione di un Ufficio centrale italiano di polizia criminale internazionale che contrastasse i delitti compiuti dai malfattori internazionali, definizione formalizzata già nel 1926, nel corso di un congresso delle polizie europee tenutosi a Berlino.
In quella occasione venne chiarito appunto che il malfattore internazionale era colui che “commetteva un delitto in uno Stato che non fosse la propria Patria, o ancora colui che si era dato ad azioni criminose che potevano arrecare danno a persone o beni che si trovavano in un altro Stato, o, infine, colui che, appena commesso un delitto, fuggiva dallo Stato dove l’aveva commesso per rifugiarsi in un altro”, declinando così una prima definizione del ricercato in campo internazionale.
Al tempo, l’Ufficio centrale italiano di polizia criminale, istituito presso la Divisione polizia della Direzione generale della PS, aveva il compito di “promuovere le ricerche e sollecitare la cattura, con ogni più moderno scientifico e tecnico, dei malfattori internazionali; curare le pratiche d’estradizione consentite dagli accordi internazionali e corrispondere con le polizie estere, anche per quanto riguarda lo studio comparativo delle rispettive organizzazioni dei servizi d’ordine e di sicurezza”.
Compiti, questi, che la Direzione centrale della polizia criminale, che ho l’onore di dirigere, e il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia che ne fa parte, hanno ereditato.
Oggi, Interpol è una realtà che comprende 195 Paesi al mondo e che permette loro di scambiare non solo informazioni – che rimangono il cuore dell’attività internazionale di polizia – ma soprattutto esperienze e le migliori pratiche per affrontare le minacce note e quelle emergenti.
L’Italia è uno dei Paesi trainanti di questo processo di evoluzione di Interpol ed è, statistiche alla mano, non solo tra i maggiori contributori in termini di informazioni a favore delle banche dati di cui Interpol dispone, non dissimili nella natura da quelle presenti nella nostra banca dati SDI, ma soprattutto è tra i primissimi in termini di fruizione delle stesse.
Qui mi piace ricordare il progetto sull’interoperabilità delle banche dati, che è seguito dai Servizi dipendenti dalla Direzione centrale della polizia criminale e che, partito anni fa con l’intento di interconnettere il contenuto delle banche dati Interpol con SDI, ha portato enormi vantaggi alle pattuglie operanti sul territorio e a tutte le unità investigative delle forze di polizia italiane.
Il progetto, avviato dapprima con la sola banca dati relativa ai latitanti, ha fatto balzare nel 2019 il numero di interrogazioni mensili delle banche dati Interpol da parte di operatori italiani dalle tre-quattromila al mese ad oltre 4 milioni.
Attraverso il cosiddetto “cruscotto operativo”, chi opera sul territorio è infatti in condizione di interrogare gli archivi informatici di quell’Organizzazione internazionale attraverso l’uso di due semplici tasti.
Ciò si traduce in un aumento esponenziale di informazioni sui soggetti identificati e una risposta maggiormente performante in termini di prevenzione e repressione, e di capacità di “intercettare” persone colpite da richieste internazionali di arresto con finalità estradizionali (le famose “Red Notice” di Interpol), i malfattori internazionali che si trovino sul nostro Paese.
Naturalmente il progetto continua ed è ancora in corso, con l’intento di collegare le ulteriori banche dati Interpol sui documenti, sui veicoli e sulle armi.
L’Italia è anche partner e promotore di progetti internazionali sotto egida Interpol: da ultimo abbiamo proposto, a partire dal 2020, l’ormai noto progetto I-can, che ha come obiettivo la focalizzazione dello scambio informativo sui maggiori latitanti di ‘Ndrangheta ma che mira anche, e soprattutto, a far conoscere la pericolosità di tale organizzazione criminale.
Un altro progetto recentissimo è legato alla proposta italiana di creazione di una nuova Notice, denominata Silver Notice, che si auspica possa divenire una sorta di Red Notice dei patrimoni, ossia uno strumento che veicoli richieste giudiziarie di congelamento, sequestro o confisca di proventi illeciti derivanti da attività criminale.
Tale progetto, avviato sin dallo scorso anno con un gruppo di lavoro di esperti a guida italiana, è stato sottoposto al voto dell’Assemblea generale Interpol di Vienna, che celebra, tra l’altro, il Centenario dalla sua fondazione, affinchè parta un progetto pilota di due anni che consenta di individuarne le modalità più efficaci di applicazione e dare quindi il via, a partir dal 2025, alla sua versione definitiva.
Il perseguimento e la riuscita di questo progetto, nel quale il Dipartimento della pubblica sicurezza pone enorme fiducia, rappresenta allo stesso tempo un valido strumento di contrasto alla criminalità transnazionale, ma anche un modo per onorare quei valorosi colleghi e magistrati caduti nell’adempimento del dovere e che erano fermamente convinti che le mafie andassero combattute non solo nei loro componenti, ma soprattutto nei loro patrimoni.
*vice capo della Polizia – direttore centrale della polizia criminale
2. Le tappe fondamentali
Creare un organismo internazionale per combattere il crimine in tutto il mondo, questa la visionaria idea, nata nel 1914, che ha portato, in quello stesso anno, al I Congresso internazionale della polizia criminale, svoltosi a Monaco alla presenza dei delegati di 14 Paesi. Ma è nel 1923 che con uno statuto di 10 articoli, e alla presenza dei delegati di 19 Paesi, tra cui quelli italiani, viene costituita la International criminal police commission (Icpc). Ripercorriamo alcune delle tappe principali della tanta strada percorsa da allora da quella Commissione internazionale di polizia criminale, che sarebbe poi diventata, nel 1956, l’Interpol.
1923
Viene istituita, il 7 settembre, la Commissione internazionale di polizia criminale (Icpc) con sede a Vienna, in Austria. Johannes Schober, capo della polizia della capitale austriaca, ne sarà presidente fino al 1932.
1927
I partecipanti alla quarta sessione dell’Assemblea generale, l’organo principale di governo dell’Organizzazione, adottano una Risoluzione secondo cui ogni Paese membro avrebbe dovuto istituire un punto di contatto nazionale tra le proprie forze di polizia e l’Interpol. Nasce così il precursore degli attuali Uffici centrali nazionali.
1938
I nazisti assumono il controllo della Commissione internazionale di polizia criminale dopo aver deposto il presidente Michael Skubl. La maggior parte dei Paesi smette di partecipare e l’Icpc cessa di fatto di esistere come organizzazione internazionale. Nel 1942 l’Organizzazione cade completamente sotto il controllo tedesco e viene trasferita a Berlino, al numero 16 di Kleinen Wannsee.
1946
Il Belgio guida la ricostruzione della Commissione dopo la fine della seconda guerra mondiale. Si istituisce un processo democratico per eleggere il Presidente e il Comitato Esecutivo. La sede centrale viene trasferita in Francia, a Parigi.
1947
Venne emessa la prima Red notice, Notizia rossa, per ricercare un cittadino russo accusato di aver ucciso un poliziotto. La Notizia contiene informazioni identificative e una sintesi delle accuse contro la persona.
1950
L’emblema e la bandiera entrano in uso. L’emblema è composto da un globo, a indicare che le attività sono realizzate su scala mondiale, rami d’ulivo a simboleggiare la pace, una bilancia per rappresentare la giustizia e una spada per richiamare l’azione della polizia. La bandiera, utilizzata per protocolli ed eventi, riporta l’emblema al centro e quattro fulmini che simboleggiano la centralità delle telecomunicazioni e la velocità nell’azione di polizia.
1956
L’Assemblea generale, riunitasi a Vienna, adotta una Costituzione che stabilisce le regole e i principi fondamentali in base ai quali opera l’Organizzazione. Il nome cambia da Commissione internazionale di polizia criminale a Organizzazione internazionale della polizia criminale-Interpol e diventa finanziariamente autonoma raccogliendo quote dai Paesi membri.
1972
Lo status di organizzazione internazionale dell’Interpol viene rafforzato negli anni ‘70 dal riconoscimento delle Nazioni Unite e da un accordo “di sede”, del 1972, con la Francia che ospita il Segretariato generale prima a Parigi, poi, dal 1966 al 1989, a Saint Cloud e infine a Lione.
1982
L’Assemblea generale adotta le “Norme sulla cooperazione internazionale di polizia e sul controllo degli archivi dell’Interpol” e dà vita alla Commissione per il controllo degli archivi Interpol (Ccf), organismo di monitoraggio indipendente. Il trattamento dei dati personali si svolge così all’interno di un quadro giuridico chiaramente definito al fine di proteggere sia i diritti fondamentali degli individui sia l’efficacia della cooperazione tra le forze di polizia.
1989
Il Segretariato generale dell’Interpol si trasferisce a Lione, in un edificio appositamente costruito, che è tuttora sede del Segretariato, ora rafforzato dagli uffici regionali in Africa, nelle Americhe e in Asia. Sempre nel 1989, l’adesione all’Interpol raggiunse il traguardo di 150 Paesi.
2000
L’Interpol introduce un sistema automatico di identificazione delle impronte digitali (Afis) al fine di ridurre drasticamente il tempo necessario per effettuare i controlli e le comparazioni.
2001
Gli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti dell’11 settembre 2001 segnano un punto di svolta per l’Organizzazione che diventa operativa 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
2002
Rispondendo alla necessità dei Paesi membri di disporre di una piattaforma sicura sulla quale condividere e accedere alle informazioni, l’Interpol lancia un sistema globale di comunicazione, noto come I-24/7, che fornisce agli Uffici centrali nazionali l’accesso ad un’ampia gamma di database e servizi dell’Interpol.
2003
In seguito agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, l’Interpol istituisce un Centro di comando e coordinamento (Ccc) a Lione, operativo ogni giorno e ora dell’anno, per fornire un punto di contatto ad ogni Paese membro. Nel 2011 il Ccc aprirà una seconda sala operativa presso l’Ufficio regionale a Buenos Aires e nel 2015 una terza a Singapore.
2004
La collaborazione con le Nazioni Unite è stata continuamente rafforzata nel corso dei decenni. Nel 2004 viene inaugurato un ufficio Interpol presso l’Onu a New York. Altri partner importanti includono l’Europol, l’Unione Europea e l’Unione Africana, dove sono stati aperti uffici, rispettivamente, nel 2007, 2009 e 2016.
2007
L’importanza della formazione della polizia viene riconosciuta come funzione fondamentale dell’Organizzazione. Oggi i corsi di formazione, sulle migliori pratiche e sul proficuo utilizzo degli strumenti e servizi messi a disposizione dall’Interpol, comprendono anche un’ampia gamma di aree specialistiche in materia di criminalità e investigazione e un portale online offre moduli di e-learning.
2015
Viene inaugurato l’Interpol global complex for innovation (Igci), struttura di ricerca e sviluppo all’avanguardia per l’identificazione di crimini e criminali, formazione innovativa e supporto operativo. Con sede a Singapore, rafforza la presenza dell’Organizzazione in Asia.
2022
Per rispondere alla crescita esponenziale della criminalità finanziaria transnazionale, che rallenta la crescita economica e causa enormi perdite ad aziende e individui in tutto il mondo, nasce il Centro per la lotta alla criminalità finanziaria e alla lotta alla corruzione (Ifcacc). Il 16 dicembre, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituisce la Giornata internazionale della cooperazione di polizia, per riconoscere l’importanza del lavoro svolto dalle forze dell’ordine in tutto il mondo. La giornata viene celebrata ogni 7 settembre, data in cui, nel 1923, fu creata la Commissione internazionale di polizia criminale (Icpc), predecessore dell’Interpol.
3. Interpol oggi
Con 195 Paesi rappresentati al suo interno, l’Interpol è la più grande organizzazione di polizia del mondo. Creato per migliorare la collaborazione transfrontaliera tra le diverse polizie e supportarle e assisterle nell’attività di prevenzione e repressione del crimine internazionale, basa, essenzialmente, la sua attività su 3 principi:
Qualunque azione intrapresa è soggetta al limite imposto dalle leggi in vigore nei Paesi interessati e segue lo spirito della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Non è consentito alcun intervento di carattere politico, militare, religioso o di carattere razziale.
Tutti i Paesi membri godono degli stessi diritti, indipendentemente dall’entità del contributo finanziario da loro versato all’Organizzazione.
Questi semplici principi consentono all’Interpol di dialogare con quasi tutti i Paesi del mondo e di essere considerato “super partes” nel rapporto con i singoli Stati tra loro così diversi. Basti infatti pensare che l’Organizzazione supporta la collaborazione di polizia anche tra quegli Stati che, tra loro, non hanno rapporti diplomatici.
Le quattro lingue ufficiali dell’Interpol sono l’arabo, l’inglese, il francese e lo spagnolo e in queste lingue sono resi disponibili gli atti, le decisioni e i provvedimenti emessi.
All’interno dell’Organizzazione, l’Assemblea generale, composta dai membri nazionali, svolge un ruolo di fondamentale importanza poiché determina i metodi di lavoro da seguire, le attività da svolgere e le modalità di utilizzo delle risorse finanziarie. L’Assemblea si riunisce una volta l’anno e, al suo interno, ogni Paese ha diritto a esprimere un solo voto. Tutti i voti hanno la stessa importanza. Elegge i 13 membri che compongono il Comitato esecutivo, presieduto dal presidente dell’Interpol, con mandato quadriennale, l’emiratino Ahmed Naser Al-Raisi. Il Segretariato generale, con sede a Lione, è operativo 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno, ed è presieduto dal segretario generale, il tedesco Jürgen Stock. Il segretario sovrintende l’attività quotidiana di cooperazione di polizia e mette in atto le decisioni prese dall’Assemblea generale e dal Comitato esecutivo. Il suo mandato è quinquennale.
Un’importante funzione è assolta dagli Uffici nazionali Interpol che ogni Paese membro crea e mantiene operativi, dotandoli di personale che presta servizio presso le forze di polizia nazionali. Questi rappresentano il punto di contatto tra l’Interpol e gli Stati membri e possono rivolgersi, h 24, in una delle quattro lingue ufficiali, ai Centri di comando e coordinamento istituiti a Singapore, Buenos Aires e all’interno del Segretariato generale a Lione, per fornire supporto nelle indagini e fronteggiare situazioni di crisi.
Terrorismo, traffico di sostanze stupefacenti, crimini contro l’umanità, reati contro l’ambiente, crimini finanziari, reati informatici, traffico di esseri umani e sfruttamento sessuale dei minori, questi tra i principali delitti contrastati dall’Interpol che mette a disposizione delle forze di polizia piattaforme e contenuti per la formazione, gruppi di lavoro su specifici crimini, che permettono agli investigatori nazionali di raggiungere competenze comuni, e archivi informatici. Archivi dove è possibile consultare una mole imponente di dati relativi a persone, documenti, impronte digitali, veicoli e opere d’arte rubate nonché ad una serie di profili Dna. Uno dei database più importanti è quello relativo alle immagini dello sfruttamento sessuale dei minori, contenente oltre 4,3 milioni di immagini e video, che ha contribuito all’identificazione di quasi 16mila criminali ed oltre 35mila vittime in tutto il mondo, nonché all’individuazione di numerosi luoghi dove sono stati commessi i crimini, primo passo per arrivare ai responsabili degli stessi.
Per supportare le forze di polizia nell’affrontare le nuove minacce criminali che si sono sviluppate con l’evoluzione della tecnologia, è nato a Singapore il Centro dell’innovazione, che raccoglie al proprio interno laboratori sul cyberspace e le nuove tecnologie, sulle indagini forensi digitali, sulle previsioni degli sviluppi globali, tecnologici e strategici che possono riflettersi sul lavoro quotidiano delle forze dell’ordine, e sull’uso responsabile dell’intelligenza artificiale (Ia). Questa ultima importante tematica sta trasformando il mondo, e la polizia non fa eccezione: le forze dell’ordine in molti Paesi stanno già sviluppando, acquisendo e utilizzando diversi tipi di sistemi, strumenti e tecnologie di Ia per supportare una gamma sempre più ampia di attività. Che si tratti di analisi di immagini, testi e discorsi o di valutazione del rischio, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, già molto importante per le forze dell’ordine, sta per diventare uno degli strumenti operativi fondamentali. Interpol e Unicri, l’Istituto interregionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia, con il sostegno finanziario dell’Unione europea, hanno sviluppato il Toolkit for Responsible AI Innovation in Law Enforcement, kit di strumenti, teorici e pratici, per supportare le forze dell’ordine nell’ integrazione e utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nel loro lavoro.
3.1 Notizie e diffusioni
Un compito fondamentale svolto dall’Interpol è quello di rendere noti alle polizie dei Paesi membri i soggetti latitanti, i sospetti terroristi e le persone scomparse affinché possano ricercarli e, quando rintracciati, porre in essere le azioni richieste. Le notizie sono quindi dei messaggi di allertamento su soggetti e cose, vengono redatte dagli Uffici nazionali e inviate al Segretariato generale che provvede alla loro diffusione, in lingua araba, inglese, francese e spagnola, agli altri Uffici nazionali. Le azioni richieste sono diverse al variare del colore della notizia, che può essere:
All’emissione di notizie partecipano anche i Tribunali criminali internazionali, nel caso di soggetti ricercati per genocidio e crimini di guerra.
Al sistema delle Notizie si affianca anche quelle delle Diffusioni che, pur utilizzando lo stesso sistema di codifica a colori delle notizie (ci sono quindi diffusioni rosse, gialle, blu, nere, verdi, viola e arancioni), differiscono da queste perché possono essere trasmesse direttamente da un Ufficio nazionale ad un altro senza passare per il vaglio del Segretariato generale e possono essere dirette anche ad un solo Ufficio nazionale.
Lo scorso anno sono state pubblicate 11.282 notizie rosse, 4.072 blu, 2916 gialle, 607 verdi, 167 nere, 101 viola, 42 arancioni e 6 speciali.
3.2 I–can, iniziativa italiana
La ‘Ndrangheta è una delle organizzazioni criminali più potenti del mondo. All’attacco frontale allo Stato preferisce l´infiltrazione silente nel tessuto economico sociale e imprenditoriale, che destabilizza l´economia e altera la libera concorrenza dei mercati legali, andando allo stesso tempo a inquinare il settore pubblico e istituzionale. Non è un fenomeno solo calabrese o italiano ma estende la sua attività in decine di Paesi nel mondo. Ed è dovuta a questa consapevolezza la nascita del progetto di durata triennale I-can (Interpol cooperation against ‘Ndrangheta – Cooperazione Interpol contro la ‘Ndrangheta), promosso e finanziato dal nostro Paese, presentato all’inizio del 2020 a Reggio Calabria dal prefetto Vittorio Rizzi e dal Segretario generale dell’Interpol Jürgen Stock. Frutto dell’accordo tra Interpol ed il Dipartimento della pubblica sicurezza, vede oggi insieme 18 Paesi: Argentina, Australia, Austria, Brasile, Belgio, Canada, Colombia, Croazia, Francia, Germania, Malta, Paesi Bassi, Spagna, Stati Uniti, Svizzera, Regno Unito, Uruguay e naturalmente Italia.
L’attività di cooperazione internazionale operativa sviluppata da I-can si basa su 3 concetti chiave:
Contenuti: esperienza e conoscenza dell’Italia della struttura, del modus operandi e della minaccia rappresentata dalla ‘Ndrangheta.
Accesso: rendere disponibili queste informazioni, in tempo reale, alle forze dell’ordine dei Paesi dove si svolgono le attività criminali di questa Organizzazione al fine di individuarne schemi, tendenze e potenziali obiettivi.
Azioni: Coordinare indagini congiunte con le forze di polizia nazionali per arrestare latitanti ricercati per attività legate alla ‘Ndrangheta.
I risultati operativi conseguiti sono di rilievo, essendo stati effettuati 92 arresti, 44 dei quali di pericolosi latitanti. Tra questi, quelli di:
Edgardo Greco, conosciuto come “il killer della ‘Ndrangheta”, era in fuga da 16 anni. Condannato all’ergastolo per due omicidi e un tentato omicidio nel contesto di una guerra tra i gruppi mafiosi Pino-Sena e Perna-Pranno, che segnò i primi anni ‘90. Greco è stato arrestato il 2 febbraio 2023 a Saint Etienne, in Francia.
Rocco Morabito, alias “Tamunga”, il secondo latitante più ricercato d’Italia, prima della cattura di Matteo Messina Denaro, è stato arrestato in un albergo di Joao Pessoa, capitale dello stato di Paraiba, nel nord-est del Brasile. Considerato il più importante broker di stupefacenti per i cartelli del narcotraffico sudamericano, era evaso il 24 giugno 2019, insieme ad altri tre detenuti (Leonardo Abel Sinopoli Azcoaga, Matias Sebastián Acosta González e Bruno Ezequiel Díaz) scavando un tunnel che lo fece uscire dalla terrazza del carcere “Central” di Montevideo, quando stava per essere estradato in Italia. Deve scontare 30 anni per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Catturato nella stessa operazione anche Vincenzo Pasquino, 35 anni, piemontese, un altro narcotrafficante che si era dato alla macchia nel Paese, anche lui inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi.
4. L’Assemblea generale a Vienna
In occasione dei 100 anni dalla sua fondazione, l’Interpol torna nella sua città natia. È a Vienna infatti che, nel 1923, 19 Paesi, tra cui il nostro, firmarono lo Statuto che istituì la Commissione internazionale della polizia criminale, ed è qui, presso l’Austria center, che dal 28 novembre al 1 dicembre si è tenuta la 91^ Assemblea generale. A organizzarla, il ministero dell’Interno austriaco e, più specificamente, il Servizio intelligence criminale, al cui interno c’è l’Ufficio nazionale Interpol. Più di 800 persone impiegate, chiamate a gestire 1.500 delegati tra i quali anche politici che necessitano di misure di sicurezza particolari.
A precedere l’evento, le dichiarazioni del Segretario generale, Jürgen Stock: «Quello che ogni forza di polizia sa, ma il resto del mondo deve ancora capire, è che c’è stata un’epidemia di crimine organizzato transnazionale di gravità tale da trasformarsi in una crisi di sicurezza globale. La pandemia di Covid ha accelerato enormi cambiamenti. Gruppi criminali in tutto il mondo stanno usando il darkweb e altri strumenti per creare un nuovo modello di business: questi gruppi criminali nemmeno sanno con chi stanno lavorando e stabiliscono connessioni anonime online. Stanno esternalizzando, creando partnership, unendo diverse attività criminali ed espandendo i mercati a livello globale. I gruppi criminali internazionali stanno sfruttando le difficili relazioni tra i Paesi, i conflitti e il fatto che gli investimenti delle forze dell’ordine nella tecnologia sono stati superati significativamente dai loro. Senza una maggiore condivisione delle informazioni e una maggiore cooperazione, nessun Paese al mondo può affrontare questa sfida da solo».
A seguire il suo discorso, quello del presidente dell’Interpol, Ahmed Naser Al-Raisi: «Nessun Paese o regione dovrebbe essere lasciato indietro nella lotta contro il crimine. È nostro dovere darvi il potere di fronteggiarlo, specialmente ora che affrontiamo uno scenario criminale in costante evoluzione. Ogni Paese ha un ruolo da svolgere e ogni contributo è importante».
L’Italia non è qui da semplice spettatrice, ma per sottoporre all’attenzione dei delegati alcuni importanti progetti. Uno, in particolare, è di importanza strategica ed è sostenuto da tempo dai rappresentanti delle nostre forze di polizia: l’introduzione della Silver Notice e della Silver Diffusion. Per fare questo, si chiede all’ Assemblea di esprimersi favorevolmente sulla realizzazione di un progetto pilota biennale che porti poi alla nascita di questi nuovi strumenti di cooperazione di polizia tesi a rintracciare e sequestrare gli ingenti patrimoni illeciti accumulati dalla criminalità.
Ad intervenire, per proporre la deliberazione, è il colonnello della Guardia di Finanza Roberto Ribaudo, membro della delegazione italiana guidata dal vicecapo della Polizia Raffaele Grassi: «Si stima che i proventi del crimine ammontino tra 1.000 e 1.600 miliardi di dollari all’anno, tuttavia, negli ultimi 15 anni sono stati rimpatriati solo 5 miliardi di dollari in beni rubati. Questo enorme divario rivela che barriere significative continuano a impedire il recupero dei patrimoni illeciti. Molti governi, e i principali soggetti interessati a livello internazionale, sono però diventati sempre più consapevoli che il mezzo più efficace per combattere la criminalità grave e organizzata sia privarla dei suoi guadagni illeciti. È in questa prospettiva che nel corso della precedente Assemblea generale, grazie a un deciso impegno italiano, è stata approvata una risoluzione che ha incaricato il Segretariato generale di istituire un Gruppo di lavoro di esperti, per valutare diverse proposte dedicate alla scambio di informazioni finanziarie e al tracciamento e recupero di beni criminali. Ciò includeva la risoluzione dell’Assemblea generale del 2015 di creare una nuova Notice Interpol, denominata Silver Notice, che purtroppo non è stata realizzata per motivi operativi e rischi legali. Il Gruppo di lavoro degli esperti si è però rapidamente affermato tra l’intera comunità Interpol, su base volontaria, comprendendo 33 Paesi che coprivano tutte le regioni del mondo, dimostrando il grande interesse per la questione. I primi obiettivi erano identificare le sfide attuali e le lacune nelle capacità di tracciamento e recupero efficaci delle risorse. Il Gruppo ha valutato che gli strumenti Interpol attualmente esistenti non sono sufficienti per raggiungere tali finalità e ha distribuito un questionario, a tutti gli Uffici centrali nazionali Interpol, per capire le esigenze e le sfide affrontate dai Paesi membri nella tracciabilità e nel recupero dei beni. Il Segretariato Generale è stato incaricato di valutare il rischio legale legato all’adozione di una nuova Notice; questione fondamentale, poichè questo tipo di valutazione era assente nella precedente delibera del 2015.
Al questionario hanno risposto 72 Paesi membri, la maggior parte dei quali ha dichiarato che gli strumenti esistenti non soddisfano le esigenze delle forze dell’ordine in questo settore e che ritiene necessaria la creazione di una Silver Notice e della correlata Diffusion. Come indicato nel progetto di risoluzione, il Gruppo propone inoltre che la Silver Notice e la Diffusion vengano testate, per un periodo pilota fino a due anni. Un risultato chiave è che il Gruppo non dovrebbe terminare il suo mandato: dovrebbe continuare a funzionare durante la fase pilota, supportando il Segretariato Generale; anche questo non era previsto nella risoluzione del 2015.
Il Gruppo ha inoltre discusso le potenziali modalità d’impiego della Notice/Diffusion durante il progetto pilota. La Silver Notice potrebbe essere utilizzata come una “Red Notice per i beni”, ovvero come uno strumento di cooperazione di polizia atto a trasmettere una decisione dell’autorità giudiziaria, da valutare secondo le leggi nazionali esistenti in ogni Paese membro. La Silver Diffusion potrebbe essere utilizzata anche per raccogliere e condividere informazioni per rintracciare patrimoni illeciti; ciò non sostituirebbe le reti formali e informali esistenti di recupero beni, ma costituirebbe piuttosto uno strumento globale, in grado di raggiungere aree geografiche non coperte dalle reti citate.
Il Gruppo dovrebbe inoltre preparare procedure operative standard del progetto pilota, in collaborazione con il Segretariato generale e, una volta concluso il citato progetto, un rapporto dettagliato sarà presentato alla 93a Assemblea generale (nel 2025) per ottenere la sua decisione in merito al percorso da seguire rispetto alle nuove Notice e Diffusion».
Si passa alla votazione: la risoluzione viene approvata con una larghissima maggioranza: 113 voti favorevoli, 2 contrari e 3 astenuti. Davvero un importante riconoscimento all’impegno italiano.
I delegati sono chiamati ad un’altra votazione, quella relativa all’ingresso nell’Organizzazione della Repubblica di Palau, Stato insulare nell’oceano Pacifico, qui rappresentato dal suo più alto Ministro, Gustav Aitaro. L’esito è favorevole, i Paesi membri diventano 196. L’Interpol continua a crescere. Basta uno sguardo nella sala dell’Assemblea per trovare quasi ogni bandiera del mondo: ci sono i rappresentanti palestinesi e quelli israeliani, così come i delegati di Russia e Ucraina. Tutto il mondo, qui a Vienna, si parla.
5. Interpol chiama Italia
Lo scambio informativo e operativo in materia di cooperazione di polizia tra l’Interpol ed il nostro Paese avviene grazie allo Scip, Servizio cooperazione internazionale di polizia, a composizione interforze, istituito nel 2000 all’interno della Direzione centrale della polizia criminale. Il Servizio, organizzato in 5 divisioni, ha accorpato in sé tutte le preesistenti strutture internazionali di cooperazione di polizia ed è oggi l’ufficio di riferimento per tutte le strutture del Dipartimento della pubblica sicurezza che trattano aspetti di cooperazione tecnico-operativa. Al suo direttore, il generale di brigata della Guardia di Finanza Giampiero Ianni, abbiamo posto alcune domande.
Quali sono le tipologie di richieste che l’Interpol rivolge più frequentemente allo Scip?
Nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia, vengono processate ogni anno, sul canale Interpol, diverse migliaia di messaggi provenienti dalle Autorità di polizia straniere, e altrettanti dalle articolazioni periferiche del Dipartimento della pubblica sicurezza e dalle forze di polizia nazionali.
Solo dal gennaio di quest’anno al 31 ottobre scorso sono state trattate ben 72.827 note. Questo enorme flusso informativo ha avuto riguardo sia al tema della prevenzione dei reati, sia a quello della loro repressione. In percentuale, queste hanno soprattutto ad oggetto le cosiddette Diffusioni, messaggi diretti specificatamente a uno o più Paesi per la ricerca di latitanti o per acquisire informazioni su soggetti nei cui confronti è in corso un’indagine penale. Ma oltre a questi è ininterrotto lo scambio informativo su indagini inerenti il traffico internazionale di stupefacenti, il terrorismo in ogni sua forma e matrice – estremismo religioso, politico, razziale, anarchico – e i furti di autoveicoli.
Ancora, assumono particolare rilievo anche in termine numerico, le collaborazioni di polizia relative ai reati di pedopornografia ed a quelli sessuali in genere, gli omicidi, le identificazioni di cadaveri e la ricerca delle persone scomparse.
Seppur in numero minore in ordine ai casi generalmente trattati, di particolare importanza sono le manifestazioni di intenti suicidi o di autolesionismo che emergono tra i più giovani nelle chat dei giochi online, spesso segnalati dagli stessi gestori delle piattaforme digitali alle forze di polizia che, attraverso il canale Interpol, informano il Paese in cui si trova il giovane, per un intervento immediato. Da ultimo, ma non per questo di minore rilievo, sono tutti quei casi di donne in pericolo o che talvolta si trovano sotto il sequestro di aguzzini che le inducono alla prostituzione e che, ad esempio, grazie magari anche a un solo singolo messaggio inviato a un familiare nel proprio Paese di origine, permettono di essere localizzate e infine liberate.
Quali iniziative progettuali sta proponendo l’Italia in ambito Interpol?
Dopo l’eclatante successo del progetto I-Can, l’Italia ha deciso di finanziare una nuova progettualità, denominata Identity, che sarà sviluppata sempre in collaborazione con Interpol.
Il nuovo progetto è volto al rafforzamento delle capacità di acquisizione e conservazione dei dati biometrici da parte delle forze di polizia dei Paesi dell’Africa occidentale maggiormente coinvolti dalle dinamiche migratorie, quali Paesi di origine e/o di transito dei flussi di migranti. L’obiettivo è quello di contrastare le reti criminali dedite al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani, nonché individuare anticipatamente criminali e terroristi che possano tentare di confondersi con i migranti ed entrare in Europa, sfuggendo così ai sistemi di identificazione durante le procedure di controllo messe in atto negli hot spots. I Paesi beneficiari del progetto sono Costa d’Avorio, Gambia, Nigeria e Senegal, identificati in base ad un’analisi congiunta che ha preso in considerazione le priorità italiane espresse dall’articolazione dipartimentale competente in materia migratoria ed una valutazione di Interpol sui Paesi più collaborativi in Africa Occidentale.
Altro cavallo di battaglia dell’Italia è l’introduzione della Silver Notice uno strumento per la individuazione, la localizzazione ed il recupero dei patrimoni criminali di provenienza illecita. Nel corso dell’ Assemblea generale a Vienna è stata approvata una Risoluzione, proposta dall’Italia, per l’avvio della fase pilota della durata di due anni che testerà l’efficacia in vista della sua definitiva adozione. Si tratta sicuramente di un percorso articolato frutto, anche, di complesse negoziazioni ma abbiamo, dalla nostra parte, la riconosciuta expertise italiana in materia e l’insegnamento del giudice Giovanni Falcone, condiviso a livello globale, della necessità di tracciare il denaro (follow the money) per contrastare efficacemente la criminalità organizzata.
Un caso che l’ha colpita particolarmente…
Certamente l’individuazione e l’arresto in Pakistan, operato a novembre dello scorso anno, e la successiva presa in consegna da parte italiana di Shabbar Abbas, ricercato dalla nostra autorità giudiziaria in campo internazionale attraverso una Red Notice perché sospettato, unitamente ad altri familiari, dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere della figlia minore Saman, commesso in provincia di Reggio Emilia in concorso con altri familiari.
Il fermo dell’indagato è infatti seguito alla richiesta di arresto ai fini estradizionali avanzata dagli organi inquirenti italiani e fatta propria dalle autorità pachistane che hanno di conseguenza emesso mandati di arresto nazionali nei confronti di Shabbar Abbas e di sua moglie Nazia Shaheen, incaricando per le ricerche le proprie autorità di polizia.
Le attività di localizzazione dell’indagato, svolte senza soluzione di continuità dal momento della internazionalizzazione del provvedimento di arresto provvisorio e della richiesta estradizionale, sono state favorite dall’intenso lavoro di cooperazione svolto dal Servizio per la cooperazione internazionale di polizia, dall’Esperto per l’immigrazione di stanza ad Islamabad, dall’Ufficio centrale nazionale Interpol pakistano nonché dal ministero della Giustizia e dall’autorità diplomatica pakistana. Quindi, successivamente al suo arresto e poiché non esiste ad oggi con il Pakistan un accordo bilaterale per l’estradizione, è stata avviata una attività di mediazione svolta a livello di polizia, giudiziario e diplomatico che ha consentito di ottenere una pronuncia da parte della massima autorità giudiziaria pakistana, e di quel ministero dell’Interno, favorevole alla consegna del latitante al nostro Paese. Shabbar Abbas è stato quindi preso in consegna dallo Scip e trasferito in Italia lo scorso 1° settembre con un volo di Stato.
Ritengo che questa operazione sia esemplare, non solo per l’importanza degli strumenti di cooperazione di polizia unilaterali, nonché per il positivo raccordo di tutte le componenti istituzionali interessate, ma anche per l’elevata professionalità espressa dai diversi attori coinvolti.
Infine, non posso non citare tutte quelle attività svolte dal Servizio che hanno interessato ed interessano minori: permettere il ricongiungimento di minori sottratti ai genitori, suscita sentimenti profondi e costituisce grande motivo di orgoglio.