Cristina Di Lucente
Visioni alternative
Il lavoro delle donne e degli uomini della Polizia di Stato nell’edizione del Calendario 2024 è stato rappresentato dagli scatti di Massimo Sestini
Seguendo il fil rouge dei calendari d’autore, quest’anno le immagini che rappresentano il lavoro delle poliziotte e dei poliziotti destinate ad accompagnare i 12 mesi del 2024 sono state affidate a Massimo Sestini. Il fotografo ha accettato la sfida di rimettersi in gioco nella realizzazione del Calendario della Polizia di Stato, nonostante sia la sua “seconda volta”: avrebbe potuto correre il rischio di ripetersi, dopo gli splendidi scatti zenitali che avevano caratterizzato l’edizione del 2016. Tuttavia, quando è Sestini a scattare, questa possibilità non è contemplata e ciascuna foto, anche per questa edizione, ha trovato una sua particolare prospettiva per rappresentare in modo sempre sorprendente la professionalità degli operatori in contesti scenografici che riflettono le bellezze del nostro Paese. Come mostrano le foto di backstage, quando il fotografo stabilisce l’immagine che ha in mente, nulla riesce a fermarlo, non ci sono rischi o esitazioni. Unico denominatore comune: mostrare alle persone punti di vista alternativi. Con una carrellata di aneddoti e curiosità Massimo Sestini ci racconta il nostro Calendario 2024.
«La fotografia rappresenta il mezzo di comunicazione più potente – afferma Massimo Sestini – è un linguaggio universale in grado di trasmettere una serie di elementi visivi che in un attimo possono toccare l’animo umano e supera qualsiasi altro codice: va oltre la scrittura, per l’immediatezza delle informazioni che trasmette, ma anche al di là dell’immagine video. Davanti ai nostri occhi, in un servizio del telegiornale, passano infatti fotogrammi sfuggenti e volatili che tendenzialmente non verranno ricordati, perché dopo pochi minuti si procederà con un altro argomento. Un’immagine fissa passa invece di mano in mano, proprio perché riproducibile attraverso la stampa».
Così l’autore degli scatti che accompagnano il nostro Calenderio ci porta direttamente nel cuore del significato di questa arte, definendola il mezzo più veloce e permanente per raccontare storie e documentare ciò che accade. Nel suo modo di fotografare porta lo sguardo oltre il limite fisico dell’occhio umano, dando alle immagini una cifra stilistica quasi surrealista. Lo fa attraverso un affinamento della tecnica che passa non solo dalla strumentazione, ma anche – o addirittura – dalla fase stessa di scatto, vissuta con sforzo e intensità fisica. Tutto questo rende le sue fotografie uniche nel loro genere e dall’unicità della forma deriva, inevitabilmente, la forza del messaggio. La forma diventa, in altre parole, uno strumento peculiare al servizio della narrazione e questo è ben visibile nei 12 scatti scelti per rappresentare il Calendario della Polizia di Stato 2024.
Prospettive non convenzionali
Il mese di gennaio si “apre” con una fotografia dedicata agli atleti paralimpici delle Fiamme oro che a partire da quest’anno entrano a tutti gli effetti nell’organico dell’Istituzione; la decisione di disporli in uno schieramento frontale, in posa, sembrerebbe una scelta insolita per il fotografo che si è cimentato in una serie di scatti che non assumono mai una prospettiva ordinaria. A ben guardare, anche in questa foto, non c’è nulla di ordinario. Non si tratta di un banale ritratto di gruppo, ma di un’immagine dove ciascuno dei soggetti è posizionato su un differente piano focale (nessuno è sulla stessa linea), creando un effetto di profondità e facendo in modo che gli atleti in tuta cremisi, disposti nei giardini di Villa d’Este aTivoli(Roma), non si sovrappongano l’uno con l’altro. «È stato un lavoro non facile – racconta Sestini – soprattutto perché avevamo poco tempo a disposizione e faceva molto caldo nel giorno in cui è stato effettuato lo scatto. A quel punto ho voluto utilizzare una tecnica che fosse nelle mie corde, quella di rompere i piani focali. I ragazzi in prima fila sono posizionati a 25 metri di distanza dagli ultimi, c’è sempre un confine minimo tra loro in maniera tale che siano visivamente isolati». Un altro scatto fuori dall’ordinario è sicuramente quello che riproduce l’immagine degli operatori della Scientifica al lavoro su una presunta scena del crimine, con lo sfondo della Torre di Arnolfo di Palazzo Vecchio a Firenze. Si tratta di una produzione piuttosto complicata perché ciò che mostra la pagina del mese di marzo è un riflesso restituito in una pozza d’acqua in un tratto di strada che in quel particolare momento della notte era stata ripulita: in quell’operazione era comparso “magicamente” un particolare che lasciava intravedere i poliziotti all’opera e che il maestro della tecnica fotografica è prontamente riuscito a cogliere. Come spiega Massimo Sestini, la scelta è stata quella di ritrarre donne e uomini della Polizia di Stato al lavoro in alcune delle migliori cornici paesaggistiche del Paese, aprendo una “finestra” su diversi luoghi meravigliosi, che al mondo tutti ci invidiano. Nel farlo ha utilizzato tutta l’esperienza che gli deriva da una lunga carriera professionale dove ha fatto della passione per la fotografia aerea una vera e propria arte: non potevano dunque mancare, anche in questo Calendario, fotografie scattate dall’alto, come quella che rappresenta il mese di aprile, dove a svolgere il ruolo dei protagonisti sono i poliziotti che si muovono sulla pista ciclabile del Lago di Garda. «Sapevo che c’era una parete rocciosa, il mio intento è stato quello di mostrare la ciclabile sospesa in mezzo alla roccia». È un’immagine di grande impatto scenografico e, come sempre accade nelle immagini zenitali di Sestini, gli uomini vengono preservati all’interno di un contesto più ampio: così, come in un quadro la cui trama è costituita per una metà dall’effetto della luce sul mare e per un’altra metà dalla roccia, irrompe la striscia che è data dalle biciclette dei poliziotti in movimento ripresi, questa volta, grazie a un drone. Effettivamente l’abitudine del fotografo alla prospettiva dall’alto precede cronologicamente l’avvento dei droni – che naturalmente padroneggia con grande disinvoltura – e, ancora oggi, Sestini preferisce all’uso dei droni una strumentazione più “tradizionale”, utilizzata però in maniera quasi acrobatica, sporgendosi con la spregiudicatezza di un funambolo da velivoli ai quali rimane assicurato grazie a una cima. «Oggi la tecnologia dei droni è simile a quella dei telefonini: sensori buonissimi, ma con problemi di focale. In occasione di eventi specifici c’è ancora bisogno di un’attrezzatura “tradizionale” e pesante perché fare una foto dall’alto con un obiettivo grandangolare come quello di un drone o di un telefonino non è la stessa cosa che farla con un teleobiettivo puntato verso il basso dall’alto di un elicottero. L’effetto è completamente diverso: il teleobiettivo permette ancora di distinguere i dettagli, i volti se necessario. La visione di un drone è una visione d’insieme paragonabile a quella di una cartolina».
Questione di empatia
Massimo Sestini, a proposito delle foto del Calendario 2024, rivela che a ogni suo scatto sono legati una serie di aneddoti, di piccole curiosità e situazioni divertenti nate dall’interazione con i poliziotti con i quali ha stabilito un clima di grande complicità e simpatia. «In effetti – confessa – in questo periodo della mia vita sono diventato molto più emotivo e dipendente dall’affetto e dalla stima delle persone che ho attorno a me. Sarà per questo che oggi sto diventando sempre più un “fotografo da vicino” e sono convinto che per tirare fuori qualcosa di buono nella mia fotografia devo cercare una particolare empatia con i soggetti che ritraggo, perché se mi emoziono quando scatto realizzo l’immagine con maggiore partecipazione». È stato proprio questo suo avvicinarsi al soggetto, nel tentativo di interpretarlo, la “molla” che ha portato alla realizzazione dello scatto di maggio, quello che vede come protagonisti due poliziotti del Reparto a cavallo con i rispettivi “colleghi” di servizio, immortalati nella galleria Vittorio Emanuele II a Milano. A questa foto sono legati due diversi tentativi, la location prevista per lo scatto era inizialmente la fontana davanti al Castello Sforzesco dove aveva immerso una custodia contenente un apparecchio fotografico subacqueo: l’idea era quella di “congelare” i cavalli nell’atto di abbeverarsi; tuttavia, sebbene il risultato sia stato un’immagine di sicuro effetto, il fotografo ha preferito procedere con un secondo tentativo e, avendo individuato l’immagine che gli avrebbe fatto raggiungere il risultato che voleva ottenere, non ha esitato a sdraiarsi con la sua camicia bianca sul pavimento della Galleria, alla ricerca di una prospettiva dal basso. «Con i cavalieri che accarezzano i cavalli, la foto trasmette una maggiore emozione rispetto all’altra che non è stata selezionata» commenta. Anche lo scatto legato al mese di luglio, che ritrae le moto d’acqua abilmente condotte da due operatori della Squadra nautica vicino all’isola di Tavolara (Sassari) è un esempio di spregiudicatezza e temerarietà, alla ricerca di una prospettiva inconsueta da regalare agli spettatori: «L’ho scattata a bordo di un gommone, abbassando la macchina sott’acqua e chiedendo ai poliziotti di avvicinarsi virando nella mia direzione. Il risultato è stato, come è intuibile, quello di prendere tanta acqua in faccia, come testimoniano i video di backstage!». Diverso il punto di vista espresso nella foto ambientata a Napoli, dove i centauri di due pattuglie dei Falchi sfrecciano a bordo delle loro motociclette ricordandoci ancora una volta le contraddizioni della città partenopea. La bellezza del Golfo e la maestosità del Vesuvio fanno infatti da sfondo all’azione dei Falchi, quotidianamente impegnati in un’opera di “messa in sicurezza” della città. Ancora una volta la visione del fotografo non è quella di uno sguardo ordinariamente frontale e gli operatori sono immortalati all’interno del proprio contesto lavorativo, nel vivo dell’azione.
A richiamare la foto con l’ambientazione marina che rappresenta il mese di luglio, è un’altra immagine, questa volta scattata sotto il pelo dell’acqua del canale di San Marco, nella splendida laguna veneziana, dove un sommozzatore è immerso nello svolgimento del proprio invisibile lavoro. In questo modo, grazie a quello che tecnicamente viene definito uno split shot, una foto a mezz’acqua dove l’immagine è tagliata diametralmente in due parti, viene restituita la visione di due mondi separati dove tutti possono osservare tanto il livello terrestre, quanto quello che avviene nel misterioso mondo sommerso.
Alla tavola conclusiva del mese di dicembre è associato, infine, come nell’immagine di maggio, un “poliziotto a quattro zampe”: un’unità cinofila del Nocs posa in primo piano davanti all’obiettivo del fotografo, con lo sfondo di altri operatori del Nucleo in assetto operativo e di Matera illuminata dalle luci delle case nella sera. Tutti gli elementi dello scatto ambientato nella “città dei sassi” riconducono inevitabilmente l’osservatore verso gli occhi quasi umani del cane, colto in una straordinaria posa dinamica e nell’ardua impresa di guardare dritto nell’obiettivo del fotografo. Come è facilmente intuibile, non mancano gli aneddoti legati a questa realizzazione: «La dinamica dello scatto è stata quella di far abbaiare il cane mentre guardava in macchina – conclude Sestini – riprendendolo con la sua pettorina che riporta la scritta Nocs, scopo che ho raggiunto con la collaborazione dell’addestratore cinofilo. Il poliziotto lo provocava compiendo un movimento della mano, che passava però davanti all’obiettivo fotografico, complicando la riuscita della foto. La sequenza è stata ripetuta così tante volte che alla fine il cane stava davvero per azzannarmi».
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L’adrenalina in una foto
La prima foto di Lady Diana in bikini e la strage di Capaci, le copertine con i vip e la Costa Concordia adagiata su un fianco, i barconi dei migranti e il lavoro per i tempi ristretti delle redazioni – ha collaborato, tra gli altri, con le riviste Epoca, Panorama e con il quotidiano Il Corriere della Sera – fino alle foto realizzate per i calendari delle forze dell’ordine, dalla Polizia di Stato alla Marina militare. Il percorso professionale di Massimo Sestini, fotoreporter pratese di fama internazionale è lungo e articolato. Viene dalla scuola dei paparazzi che assolutamente non rinnega, per farsi testimone di fatti di cronaca, cercando sempre un punto di vista inedito e originale attraverso il quale raccontare la realtà. Della passione per la fotografia aerea Sestini ha fatto una vera e propria arte: l’amore per il volo lo ha spinto a fissare fotogrammi memorabili usando un’attrezzatura all’avanguardia che gli permette di sporgersi dai velivoli assumendo le posizioni più improbabili. È da questo istinto che sono nati scatti come quello del 1992, nel giorno della strage di Capaci: la foto dall’alto mostra la fiat Croma di Giovanni Falcone dilaniata dalla bomba. La zona era off limits e il fotoreporter noleggiò un piccolo aereo per sorvolare la zona dell’attentato, convinto che dall’alto si potessero cogliere particolari che il campo visivo di una prospettiva al livello del suolo non potesse permettere di abbracciare. Altrettanto iconiche sono le foto di Massimo Sestini realizzate al largo dell’Isola del Giglio nel 2013 per documentare la condizione della nave da crociera Costa Concordia a seguito del tragico naufragio. È proprio questa sua attitudine verso le foto dall’alto che gli è valsa, nel 2015, un premio del celebre World Press Photo. Lo scatto zenitale di un barcone stracolmo di migranti del giugno 2014 a 20 miglia dalla costa libica e il loro saluto di speranza nel più ampio contesto del Mediterraneo, mostra come l’antitesi della possibile dispersione della figura umana, che potrebbe rimanere un’inezia nel mare, venga superata dal fatto che i volti della persone siano riconoscibili. In rare occasioni, nella sua attività di fotografo, lo si vede con i piedi per terra: è molto più probabile che nella preparazione di uno scatto si trovi appeso a una funivia, sdraiato, immerso in una buca di neve o sottacqua. In ogni caso, il percorso che ha seguito finora ci porta a pensare che la sua attitudine sia quella di abbracciare sfide sempre nuove e imprevedibili.