Enrico Grazioli*
A misura d’uomo
Ricca di storia, Mantova riesce a difendere il tessuto sociale ed economico grazie a tutte le forze messe in campo dalle Istituzioni
Mantova è una canzone senza tempo: la puoi cantare, una bellezza ad ogni strofa, oppure fermarti ad ascoltarla con tutti i sensi a iniziare dagli occhi, perdendoti lungo le note dell’arte, dell’architettura, del paesaggio e della presenza composta dell’uomo, nei secoli dei secoli. E amen, se qualcuno la definisce immobile, una sorta di bella addormentata nel suo passato: colpa sua, di chi è sordo a un incanto sbocciato come una delle culle del Rinascimento italiano, capace di attraversare momenti bui della storia e ripresentarsi oggi come meta di un turismo sempre più diffuso ma anche come crocevia di attività e progetti, in una trasformazione costante, attenta quasi sempre a non sciupare il patrimonio ambientale e monumentale che si è trovata in eredità dal passato. Così vicina a tanti luoghi, così lontana da tutto: Mantova è un ossimoro ma non un paradosso. Una città di 50mila abitanti al centro di una provincia che ne conta circa 400mila, che ha nella sua collocazione geografica la prima spiegazione del suo essere una sorta di piccolo mondo a parte. Naturale, se si è un territorio confinante con 8 province (Cremona, Brescia, Verona, Rovigo, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Parma) appartenenti a 3 regioni diverse (Lombardia, Veneto e Reggio Emilia). E se il capoluogo, circondato dalle acque del Mincio declinate in laghi, ha una cintura azzurra e verde che la conchiude: un po’ la isola, da sempre, complici collegamenti che non sono mai stati un granché, vuoi per l’antico timore di poter essere attaccati dall’esterno, vuoi per i moderni ritardi nell’adeguare le infrastrutture ai bisogni del presente. Quell’essere al riparo dalle contaminazioni rimane un tratto della Mantova di oggi, in dialogo (e qualche volta in contrasto) con l’aspirazione ad essere un polo attrattivo: di visitatori come di investimenti, un luogo di interscambio di esperienze motori di crescita e non solo uno spettacolare scenario da ammirare. Se sei stata all’epoca dei Gonzaga una delle corti più importanti d’Europa a metà del secondo millennio; se hai ospitato figure fondamentali della cultura italiana come Giulio Romano, Andrea Mantegna, Leon Battista Alberti; se hai sopportato la spoliazione napoleonica, allora è comprensibile l’orgoglio, pur mascherato, che ti attraversa e ti contraddistingue. Insieme a un senso di protezione per la propria città che non è una forma di diffidenza verso ciò che viene da fuori, ma il timore istintivo e sedimentato che qualcosa o qualcuno possa non comprendere o ferire in qualche modo la meraviglia che custodisci. Una sensibilità di pari passo con la qualità della vita, che a Mantova trova un’espressione precisa: un habitat lontano dai clamori delle metropoli ma che offre tutto in termini di servizi e alza lo standard delle aspettative nei cittadini, creando anche una particolare percezione della sicurezza, collettiva e individuale, richiedendo alle istituzioni un’attenzione nei minimi particolari del convivere quotidiano. «La provincia di Mantova si colloca in una delle parti del Paese più ricche e produttive – dice il questore Giannina Roatta, alla guida della questura virgiliana dal gennaio 2022 – tuttavia ci troviamo sovente davanti ad una realtà disomogenea composta da più società che a volte sembrano non riescano a comunicare tra di loro ed a capirsi. Ed una conseguenza piuttosto fisiologica è quella connessa all’aumento di una serie di reati di cui almeno una parte tipici del