Cristina Di Lucente

Questione di Micron

CONDIVIDI

La Sezione analisi merceologiche forensi si occupa dell’esame di tutti i materiali di natura non biologica grazie a strumentazioni di laboratorio sofisticate e a elevate competenze professionali

scient 8-9-23

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per il criminologo francese Edmond Locard, l’interazione tra l’autore di un reato, la vittima e la scena del crimine provoca una dispersione di tracce che coinvolgono questi tre “attori” e che possono rivelarsi utili per ricostruire la dinamica di ciò che è accaduto e, conseguentemente, per risalire al colpevole. È proprio attorno a questo postulato – noto come principio di Locard – che ruota il lavoro della Sezione analisi merceologiche forensi del Servizio polizia scientifica: caratterizzare materiali e tracce rinvenute – fibre tessili, vernici, vetri, colle, materie plastiche, polveri e liquidi incogniti – che non siano di tipo biologico e non strettamente di competenza di altre specifiche sezioni della Scientifica (ovvero non impronte latenti, sostanze stupefacenti, documenti, esplosivi e infiammabili, reperti balistici, residui dello sparo, reperti digitali) con le quali, tuttavia, spesso la Sezione si trova a lavorare in sinergia. Per realizzare al meglio questo lavoro di tipo analitico è fondamentale una buona attività di sopralluogo, che  viene svolta dagli operatori di polizia scientifica applicando le tecniche di repertazione previste per ogni tipologia di materiale, affinché possa essere correttamente “acquisito” e conservato. La parte di competenza di questo settore, altamente specializzato è quella di esaminare i reperti, cominciando con una puntuale documentazione fotografica, procedendo, poi, in maniera sistematica con la verifica morfologica, cioè l’osservazione delle caratteristiche connesse alla superficie del campione. Si tratta dei primi dati che si vanno a confrontare per applicare, successivamente, le tecniche di microscopia ottica, digitale ed elettronica. La tecnologia rappresenta un aspetto fondamentale per questo tipo di indagini che si svolgono in un hub laboratoriale di ultima generazione dotato di apparecchiature particolarmente performanti: strumenti che, utilizzati in maniera integrata, permettono di avere una visione più completa. 

Alla ricerca del dettaglio 
Il vantaggio del laboratorio per le analisi merceologiche e chimiche forensi, a disposizione per gli accertamenti delegati a tutta la polizia scientifica, è quello di avere la possibilità di avvalersi di diverse tecniche analitiche utili per caratterizzare i reperti e le tracce: incrociando i dati ottenuti applicando le differenti tecniche analitiche, opportunamente selezionate in base alla tipologia di reperto o traccia, ai materiali ritrovati sulla scena del crimine e agli oggetti sequestrati a carico di un indagato, si procede agli opportuni confronti e si formulano giudizi di compatibilità, valutando cioè la possibilità che una specifica traccia, rinvenuta sulla scena, possa derivare da un determinato oggetto. «Considerata la complessità degli elementi che andiamo ad analizzare – spiega il direttore tecnico superiore della Polizia di Stato Damiano Ricci, direttore di questa Sezione – è spesso necessario acquisire, oltre alla traccia di interesse, anche il materiale sul quale è stata dispersa, ossia la matrice. Frammenti di vetro possono essere rinvenuti ad esempio su indumenti, o tracce di pittura  (è questo il caso degli incidenti stradali) possono essere scambiati tra autovetture, tutti casi nei quali la matrice può a sua volta interferire o rendere più complesso l’iter analitico». Tra le attività che appartengono a questo settore rientrano poi tutta una serie di analisi che combinano la microscopia con diverse tecniche spettroscopiche: «Quando parliamo di spettroscopia – precisa Ricci – ci riferiamo all’interazione della radiazione elettromagnetica con la materia e, in questo caso, con la materia di cui è costituito il campione sottoposto ad analisi. Questa interazione  genera, a livello strumentale e in base al tipo di risposta del campione, dei cosiddetti “spettri”, ovvero grafici, curve, che poi l’operatore andrà a interpretare e confrontare tra loro. La materia assorbe selettivamente alcune lunghezze d’onda, ne riflette o riemette altre e, ad esempio nel campo della luce visibile, lo spettro che viene osservato è ciò che viene dall’occhio umano percepito come il suo “colore”. Tuttavia, si tratta solo di una piccola parte, perché esiste un range di lunghezze d’onda molto più ampio che non siamo in grado di percepire con il nostro occhio, ma con appositi strumenti sì, e la spettroscopia,  ci permette pertanto di comprendere nel dettaglio la composizione dell’oggetto preso in esame». 

Cristalli sotto la lente
In tutti quei reati che prevedono effrazioni – vetri spaccati, scasso di sportelli bancomat, rapine, introduzioni in abitazioni private – si generano frammenti di vetro che possono diventare un elemento utile, potenzialmente rintracciabile sugli indumenti dell’autore del reato o della vittima. In questo caso le tracce si vanno a ricercare sul capo di abbigliamento o sugli oggetti del presunto autore e si confrontano con il vetro rinvenuto sulla scena e, se possibile, con il vetro sorgente. Negli incidenti stradali, che ad esempio coinvolgono l’investimento di un pedone, il confronto viene effettuato solitamente tra i vetri del parabrezza del veicolo sequestrato e quelli rinvenuti sugli indumenti o sul corpo. In tutte queste casistiche è necessaria dunque l’analisi dei vetri, materiali “amorfi”, cioè non cristallini, attraverso strumentazioni sofisticate, in grado di misurare l’indice di rifrazione, parametro caratteristico dei mezzi trasparenti, attraverso i quali la luce si può propagare e sulla base del quale è possibile il confronto tra i frammenti, per fare in modo che quelli con caratteristiche ottiche simili possano essere individuati. Per identificare e classificare i composti che presentano una natura cristallina – sostanze organiche e inorganiche di impiego comune, tutti i tipi di sali e anche molte tipologie di esplosivo – la Sezione dispone del diffrattometro a raggi X (seconda immagine in alto) che viene impiegato sottoponendo la sostanza da esaminare a una sorgente di raggi X e generando dei grafici, detti diffrattogrammi, derivanti dalla diffrazione del fascio di raggi da parte del campione in esame, diffrazione che dipenderà dalla struttura cristallina del campione stesso. Si tratta di curve caratteristiche, dove il particolare andamento dei picchi e il loro rapporto reciproco va a contraddistinguere ogni sostanza: attraverso particolari banche dati è possibile confrontarli e stabilire la natura della materia analizzata.

Quei particolari che fanno la differenza 
La microscopia digitale viene utilizzata per documentare, ad esempio, fibre tessili e pitture, dove il colore non rappresenta l’unico parametro per la caratterizzazione delle sostanze; è possibile inoltre ottenere anche altri tipi di informazioni che vengono visualizzate, in modo analogo a quanto visto in precedenza, sotto forma di spettri utili per confronti con quelli presenti nelle banche dati a disposizione per la caratterizzazione delle sostanze. Le analisi che prevedono un irraggiamento del campione tramite diverse sorgenti di radiazioni si applicano per indagare, ad esempio, la composizione delle fibre o delle pitture: la spettroscopia Raman, come anche quella infrarossa, permette di identificare pigmenti e coloranti in base alla composizione chimica. Sulla pittura queste tecniche sono fondamentali anche per individuare le resine di base che le compongono e nel caso delle fibre tessili, soprattutto di origini origine chimica (i.e. fibre artificiali e sintetiche), viene identificata la specifica tipologia di tessuto (poliestere, nylon, polietilene, acrilico ecc.). Per quel che riguarda i metalli (ma anche polveri e, ancora una volta, vetri) una tecnica utilizzata è quella della microfluorescenza a raggi X, che si applica su oggetti di dimensioni particolarmente ridotte: a livello di pochi micron, ovvero frazioni di millimetro, è possibile puntare la parte irraggiata dell’oggetto ed esaminare le sostanze che compongono la lega metallica con un margine di dettaglio straordinario. Oltre alle analisi dei materiali citati, un certo numero di ricerche nella Sezione merceologia si effettua per individuare le “sostanze incognite”, ovvero materiali di cui non si conosce la natura, come polveri o liquidi che sono risultati negativi all’esame per accertare la presenza di sostanze stupefacenti o di esplosivi, «si tratta spesso di sostanze acido-basiche forti – precisa Damiano Ricci – tra le quali rientrano anche quelle purtroppo sempre più di frequente utilizzate come mezzi corrosivi, utilizzati nei casi di aggressione, in particolare nei confronti delle donne. Negli ultimi anni se ne è registrato un uso abbastanza rilevante, tale da destare un certo allarme sociale, come nel noto caso che ha riguardato Gessica Notaro. In questa occasione i riscontri merceologici forniti dalle nostre indagini hanno offerto un importante contributo nella fase dibattimentale del processo».

Una tecnica... vantaggiosa 
Gli accertamenti effettuati da questa particolare Sezione della polizia scientifica possono rivelarsi preziosi sotto due punti di vista: in prima battuta, per sostenere una specifica pista investigativa o, viceversa, per escluderne altre; ma il secondo importante riscontro può incidere, in maniera più specifica, sulla fase processuale. «Le relazioni tecniche sui numerosi materiali che costituiscono il settore merceologico forense – sottolinea Ricci – vengono infatti discusse pubblicamente in fase dibattimentale e da “fonti di prova” assumono il peso di prove vere e proprie e, sebbene indiziarie e non identificative alla stregua del DNA, possono comunque avere un importante rilievo nell’ambito di un processo». Un’altra importante caratteristica delle analisi di caratterizzazione dei materiali, con particolare riferimento alle tecniche spettroscopiche, è quella di non essere distruttive, è infatti possibile analizzare il campione di materiale da esaminare senza però distruggerlo o modificarlo. Da un punto di vista forense si tratta di un’opportunità particolarmente vantaggiosa, che consente di ripetere l’analisi – a patto che, ovviamente, il reperto sia stato conservato correttamente – anche a distanza di tempo.

L’unione fa la squadra

Le tecnologie utilizzate dalla Sezione analisi merceologiche forensi simili tra loro, sono al contempo complementari. Spesso i risultati analitici ottenuti con una tecnica vengono confermati e perfezionati con un’altra, consentendo l’identificazione e la caratterizzazione sempre più puntuale delle sostanze e dei reperti.

«Questo aspetto risulta particolarmente utile in ambito forense – precisa Damiano Ricci – poiché si possono ottenere, anche in maniera ridondante, diverse informazioni su ciò che esaminiamo, rafforzando il dato analitico con maggiore attendibilità. Qualsiasi tecnica, tuttavia, prevede sempre un momento interpretativo da parte dell’operatore: i software selezionano potenziali sostanze che presentano un match, che hanno cioè un analogo spettro, ma la corretta attribuzione di una traccia a un oggetto o la sua eventuale esclusione non sarebbe possibile senza le opportune valutazioni da parte dell’esperto». 

Tutte le attività che fanno capo al settore merceologico della Scientifica vertono sull’aspetto della caratterizzazione chimico-fisica dei materiali; per tale motivo è necessario un alto grado di specializzazione e una adeguata costante formazione per il personale.

I funzionari, ad esempio, hanno una formazione universitaria specifica (laurea in Chimica, Chimica Industriale, Fisica o in Scienze dei materiali), gli operatori sono generalmente in possesso di diplomi in discipline tecnico-scientifiche e seguono corsi di formazione e addestramento sulle tecniche analitiche e sui  software al fine di garantire la corretta esecuzione delle attività in un settore dove il minimo dettaglio può davvero fare la differenza. 

________________________________________

Il caso Notaro e il “codice rosso”
Tra gli accertamenti condotti dalla Sezione analisi merceologiche forensi rientrano, come detto, anche quelli mirati all’identificazione di materiali e sostanze di natura incognita. In questo ambito si inseriscono le analisi effettuate nei casi di aggressioni compiute con l’uso di sostanze corrosive, fenomeno di crescente allarme sociale, come un episodio, tristemente noto, che ha riguardato una ragazza riminese. È il 10 gennaio 2017 quando, Gessica Notaro, ex miss Romagna, mentre torna a casa a Rimini, viene aggredita da un individuo che le getta contro del liquido corrosivo, provocandole lesioni personali gravissime: profonde e diffuse ustioni, in particolare al volto e all’occhio sinistro. Gli immediati sviluppi investigativi portano a individuare come possibile autore del fatto Tavares Edson Jorge Lopes, suo ex fidanzato, già indagato per il reato di stalking e sottoposto a divieto di avvicinamento nei confronti di Gessica, e che nega di aver commesso il fatto. La polizia scientifica però viene incaricata dalla Procura della Repubblica di Rimini di effettuare le analisi per l’individuazione della sostanza corrosiva per poterla confrontare con le tracce eventualmente presenti sugli indumenti e su altri oggetti sequestrati a Tavares. Gli accertamenti tecnici hanno permesso di identificare nell’acido solforico concentrato la sostanza corrosiva utilizzata per l’aggressione; analoghe tracce sono state evidenziate su un paio di pantaloni, una felpa e un paio di scarpe da ginnastica, sequestrati all’imputato, fornendo un fondamentale e importante contributo nella fase delle indagini e, successivamente, ai riscontri probatori della fase processuale. Arriviamo a ottobre 2017, a conclusione del processo di primo grado, Tavares viene condannato a 10 anni di reclusione per l’aggressione con l’acido e a 8 anni per stalking e minacce. A novembre 2018 la Corte di Appello conferma la pena di 10 anni di reclusione per l’aggressione e di 5 anni per gli altri reati, pene definitivamente confermate in Cassazione a dicembre 2020.

Fondamentali sono state le modifiche previste con la legge n.69/2019, il cosiddetto “Codice rosso”, che ha introdotto nuovi articoli al codice penale in materia di protezione delle vittime di violenza domestica e di genere; tra queste, appunto, il reato previsto dall’art. 583 quinquies del codice penale (deformazione o sfregio permanente del volto) come fattispecie autonoma di delitto: “Chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da otto a quattordici anni” recita l’articolo, risultato necessario per punire adeguatamente condotte come questa e di molti altri responsabili saliti alla ribalta della cronaca. 

________________________________________

Un laboratorio all’avanguardia
Il Servizio polizia scientifica svolge, da sempre, un ruolo strategico nella prevenzione e nel contrasto alla criminalità grazie al supporto che fornisce alle attività investigative e giudiziarie. La crescente richiesta di accertamenti in campo forense prevede l’utilizzo di tecnologie sempre più performanti e in grado di rispondere alle molteplici necessità analitiche connesse alla caratterizzazione delle diverse tracce rinvenibili sulla scena di un crimine, alla diffusione di nuove sostanze psicoattive o all’impiego di materiali pericolosi in attività illecite. Per questi motivi si è pensato di sviluppare un progetto per la “realizzazione tecnologica del laboratorio di alto livello per le analisi merceologiche e chimiche forensi” con l’obiettivo di potenziare, all’interno del Servizio polizia scientifica, la dotazione tecnologica della Sezione analisi merceologiche forensi. Il progetto ha permesso di creare un hub laboratoriale di service a carattere multidisciplinare, nel quale è possibile effettuare attività di analisi su un’ampia gamma di materiali. Il progetto è stato realizzato grazie al fondo sicurezza interna 2014-2020 - progetto ISF1 n.29.5.1 con il 50% di cofinanziamento UE e il 50% di finanziamento nazionale nell’ambito dell’obiettivo nazionale 1 - obiettivo specifico 5 “prevenzione e lotta alla criminalità”. Per queste ragioni, e per meglio contrastare i fenomeni di criminalità organizzata e di matrice terroristica, è stato necessario dotare il laboratorio di tecnologie avanzate, come il sistema di spettrometria di massa ad alta risoluzione per l’analisi di nuove sostanze psicoattive (NSP) ed esplosivi di tipo homemade; i sistemi di analisi con sorgenti di raggi X (microfluorescenza X, diffrazione di raggi X, microscopia elettronica con sonda EDS), microspettrofotometria UV-Vis e spettroscopia Raman per l’analisi non distruttiva di materiali eterogenei quali pitture, vetri, fibre tessili, esplosivi e sostanze di natura incognita, sia bulk che in tracce. I nuovi laboratori, inaugurati nell’aprile del 2022 dall’allora capo della Polizia Lamberto Giannini, e gli obiettivi di progetto consentiranno di garantire elevati standard analitici negli accertamenti di laboratorio, sviluppare nuovi protocolli di analisi e implementare la creazione di banche dati su diversi materiali di interesse forense. Sarà possibile, inoltre, effettuare attività di ricerca e sviluppo nell’ambito delle scienze forensi, consentendo alla polizia scientifica di elevare i propri livelli di performance e aumentare le possibilità di collaborazione con università ed enti di ricerca. I rinnovati allestimenti di laboratorio permettono di dare un contributo rilevante anche ad altri  settori della polizia scientifica, oltre che di fornire una risposta alle richieste degli uffici sul territorio, e di partecipare a network in ambito europeo dove condividere prassi e risultati analitici.   

04/09/2023