Laura Distefano*
All’ombra dell’Etna
Dinamismo e spirito imprenditoriale caratterizzano Catania e il suo territorio anche grazie a un modello di sicurezza partecipata
Catania è una città che va oltre il tempo. Adagiata sul mar Jonio e distesa dall’ombra dell’Etna. La forza della lava parla in ogni monumento storico del salotto buono, partendo da piazza Duomo dove si ergono i magnifici palazzi comunali e la maestosa cattedrale che custodisce le reliquie della martire Agata. Al centro la Fontana dell’Elefante - i catanesi lo chiamalo “u Liotru” - realizzata dall’architetto Giovanni Battista Vaccarini. In questo crocevia di edifici barocchi e liberty è incastonata la sede della questura di Catania, in via Manzoni.
Il questore Vito Calvino, in piena pandemia, è diventato la guida dei poliziotti della provincia etnea. Al poliziotto di origini siciliane non è sfuggita l’essenza di questa terra piena di contraddizioni. Una sorta di caleidoscopio urbano e culturale. «Catania è una città che raccoglie in sé molteplici anime e racchiude realtà spesso contrapposte. Ne è simbolica la sua stessa posizione geografica, tra mare e montagna. La sua popolazione possiede grande orgoglio e forza d’animo, vive con calore ed estrema passione e ha sempre saputo affrontare come poche le criticità, superando i momenti di crisi ed anche le più estreme difficoltà», commenta Calvino. Catania è vivace e dinamica, non manca lo spirito imprenditoriale che ha saputo “arricchirsi” soprattutto durante il boom economico post-bellico con il cemento. A pochi passi dall’affascinante centro storico, c’è un rione popolare denominato San Cristoforo che potremmo definire la periferia nel cuore della città. In queste stradine si è radicata la mafia catanese, molto diversa rispetto alla Cosa nostra palermitana. «La storia della città in passato ha rivelato frizioni causate da guerre fra clan per il predominio degli affari illeciti e il tentativo di affermazione di un clan su un altro, se non, addirittura, la presenza di contrasti all’interno dello stesso clan. La criminalità organizzata catanese si caratterizza per la presenza di diversi sodalizi, alcuni dei quali vere e proprie articolazioni di Cosa nostra e altri, invece, ben distinti da essa», spiega Calvino. In un unico quartiere esistono più essenze della criminalità organizzata: le famiglie “accreditate” a Palermo e gli altri clan nati dallo smembramento di quel cartello dei “Cursoti” che cinquant’anni fa era stato creato per dichiarare guerra agli alleati dei corleonesi. I Santapaola-Ercolano decisero di spegnere la voce libera del giornalista Pippo Fava il 5 gennaio 1984, che senza paura denunciava le connivenze criminali tra clan e i 4 cavalieri del lavoro. Negli anni Novanta sulle strade di basalto lavico e i tornanti dell’Etna si consumarono un’infinità di omicidi. Si arrivò a contare 100 morti ammazzati all’anno. Santapaola dovette cedere alle richieste di Totò Riina di portare anche alle falde dell’Etna il terrore stragista. E così fu colpita al cuore la Polizia di Stato. Un commando ar