Paolo Venturini
Una vita di corsa
Paolo Venturini, vice ispettore del Reparto mobile di Padova e tecnico delle Fiamme oro, ci racconta la sua ennesima impresa: oltre 20 km di corsa tra le cime del Karakorum, a 5mila metri di altitudine
Il tempo sembra essere volato da quel 20 gennaio 2019, quando portavo a termine l’impresa di correre la distanza di 39 km nel luogo abitato più freddo del pianeta, nella Repubblica di Sacha Jakutya (RUS). La temperatura che fece rilanciare la notizia in tutto il mondo era di 52,6° C sotto lo zero. Fino a quel giorno, la scienza riteneva impossibile che l’apparato cardiocircolatorio e respiratorio umano potesse, correndo, resistere a temperature così basse. Un traguardo davvero storico. Ma dopo ogni sfida, vinta o persa, occorre porsi nuovi obiettivi e rimettersi in gioco. La spinta decisiva per ripartire è legata agli inizi del 2020 quando arriva qualcosa di impensabile, qualcosa che ha cambiato tutto quello che si dava per scontato: il virus Sars Covid-19. Una pandemia che, per quasi due anni, ha cancellato ogni programma, ogni sogno e purtroppo moltissime vite umane. Durante questo lungo periodo ho sempre continuato ad allenarmi, cercando di trasferire via social network, agli amici e ai miei sostenitori, la mia voglia di andare avanti, pensando al futuro, progettando nuovi eventi, in attesa che i tempi cambiassero. Con mille difficoltà dovute alle limitate possibilità di spostamento e seguendo tutti i protocolli, sono riuscito a raggiungere un luogo veramente particolare e magico, simbolo naturalistico del nostro pianeta, la riserva d’acqua dolce più grande della terra, il bacino idrico più antico e profondo del mondo, il lago Bajkal. L’idea era quella di provare ad attraversare di corsa, durante l’inverno quando la superficie del lago si ghiaccia, i suoi 650 Km di lunghezza. Una sfida, mai riuscita a nessuno, con diversi risvolti, da quelli sportivi a quelli naturalistico-ambientali; infatti il Bajkal è patrimonio mondiale UNESCO e con i cambiamenti climatici, in un futuro non molto lontano, potrebbe non ghiacciare più. Quindi viaggi, sopralluoghi, studi sul clima della zona e sulla logistica, allenamenti specifici e progettazione dei materiali tecnici, investimenti finanziari, incontri con le autorità della Repubblica di Buriatia, che comprende la parte sud del lago Bajkal, con l’onore ed il privilegio di essere ricevuto dal presidente della Repubblica. Sembrava essere tutto a punto. la sfida era stata fissata per marzo 2022. Ed invece un mese prima dalla partenza, il 24 febbraio 2022, scoppia improvvisamente la guerra tra Russia e Ucraina. Da poliziotto e da atleta, unitamente a tutto il mio staff, seppur la zona del Bajkal risulta essere molto lontana da quella delle operazioni militari e nonostante fossi in possesso del visto e di tutti i permessi per tentare la sfida, per eticità e rispetto, a malincuore, ho deciso di annullare il progetto. Due anni di lavoro buttati ed ancora una volta delusione, frustrazione, il dover spiegare a chi aveva investito in questa impresa, che tutto era risultato inutile. Questa volta la voglia di rinunciare e smettere con questi progetti stava per prevalere. Ma lo sport mi ha insegnato fin da piccolo, a non demordere, mai.
La nuova sfida
Ecco allora crescere l’idea di una nuova sfida, un nuovo obiettivo ancora più complicato, ancora più estremo. Occorre però riprogettare tutto e lavorare per quasi altri due anni su uno scenario totalmente diverso. Nuovi contatti da instaurare, programmazione di nuovi allenamenti e studi per materiali completamente diversi. Il tutto per un vero e proprio salto nel buio, perché sapevo che questa volta non sarebbe stato possibile riprodurre qui in Italia le condizioni ambientali che avrei dovuto affrontare. Ma è proprio tutto questo che stimola, che carica di adrenalina, nonostante in molti comincino a dirmi sempre più spesso, di leggere bene la mia carta d’identità. È vero, 55 anni non sono pochi, bisogna tenerne conto e gestire la preparazione anche in base all’età.
“Ladakh High Altitude”, così ho deciso di chiamare il tentativo di correre sul valico stradale più alto del pianeta, il Khardung La, posto a quota 5.602 metri sul livello del mare. Ancora oggi