Annalisa Bucchieri

Giustizia è fatta

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Dedicare il primo piano di questo numero alla mafia dei pascoli può sembrare un po’ controcorrente in tempi in cui la criminalità organizzata specula in borsa e impone i propri metodi mafiosi a colpi di bitcoin piuttosto che di lupara. Ma la storia della copertina di luglio di Poliziamoderna non parla certo di quella mafia primordiale e rurale nel cui humus hanno avuto origine Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Sacra corona unita e Camorra. Nelle nostre pagine ci concentriamo invece sulle nuove agromafie, quelle che si sono sviluppate con l’arrivo dei fondi europei per l’agricoltura e l’allevamento. Soldi facili per i clan, milioni di euro su cui mettere fraudolentemente le mani senza correre grandi rischi e soprattutto senza spargimento di sangue, anche grazie alla partnership con colletti bianchi, veterinari e agronomi conniventi. Lo aveva già capito una decina di anni fa Giuseppe Antoci, presidente del parco dei Nebrodi, che studiò un vero e proprio protocollo di intervento, che ancora oggi porta il suo nome, in grado di mettere i bastoni fra le ruote alle aziende prestanome della mafia che richiedevano i contributi stellari dell’Unione europea. Naturalmente  uno come Antoci “scassa i cabasisi” per dirla come Camilleri, per cui nel 2016, la mafia cerca di assassinarlo com un attentato, che però viene sventato dagli uomini della scorta del commissariato di Sant’Agata di Militello, guidati da Daniele Manganaro. Fallito l’attentato Cosa nostra mette in piedi, contro questi poliziotti ritenuti molto “fastidiosi” per le loro indagini, la tipica macchina del “mascariamento”, cioè dell’infangamento. Ora che il processo sulla mafia dei pascoli si è concluso rendendo finalmente giustizia e dignità a tutti coloro che si erano impegnati per smascherare Ie frodi alla UE e non solo, possiamo tributare il giusto riconoscimento a due poliziotti bravi e tenaci che persero la vita durante le indagini di quel periodo, Rino Todaro e Tiziano Granata. Molto è stato fatto da loro, “i poliziotti vegetariani di Sant’agata”, come qualcuno li chiamava, perché dal momento in cui scoprirono le truffe sugli allevamenti e su come veniva trattata la carne che finiva nel piatto, smisero di mangiarla. Crearono un nuovo metodo d’indagine, in un campo non consueto per la Polizia di Stato e furono degli apripista. Come spesso accade a chi batte nuove strade, si ritrovarono spesso molto esposti e senza protezione. Anche in nome di Rino e Tiziano, la mafia dei pascoli in Sicilia è stata sconfitta. Ora però è necessario guardare ad altre parti d’Italia perché non è ancora tempo di abbassare la guardia.

11/07/2023