Chiara Distratis

Un laboratorio stupefacente

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Il lavoro della Sezione sostanze psicotrope della Scientifica, tra analisi di droghe classiche e la costante rincorsa all’identificazione di nuove molecole

scient 07-23

Le nuove droghe psicoattive (NPS) sono sempre più numerose e in continua evoluzione. La mission della Sezione sostanze psicotrope e stupefacenti della Divisione III del Servizio polizia scientifica, inserita nella Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato è quella di riuscire a seguire l’evoluzione del mercato illecito delle sostanze stupefacenti, tra le quali sono comunque immancabilmente presenti anche le “classiche” (cocaina, eroina, derivati della cannabis, amfetamine ed ecstasy). «Il mercato illegale segue le mode e i cambiamenti della società – spiega il direttore tecnico superiore chimico Serena Detti, a capo della Sezione – negli Anni ’60-’70, in concomitanza con l’avvento della cultura hippy, si assiste all’uso di  cannabis, allucinogeni (come ad esempio LSD sotto forma di francobollini sublinguali) e alla comparsa dell’eroina. Quest’ultima è in grado di provocare una fortissima dipendenza psichica e fisica già dalla prima assunzione, e dare luogo a overdose letale. Negli Anni ’80 si assiste invece al boom delle droghe stimolanti, come la cocaina, diffusasi tra gli yuppies, e l’ecstasy i cui effetti sono amplificati dagli stimoli visivi e uditivi, tipica invece dei rave party. Negli Anni 2000 compaiono le cosiddette smart drugs, sostanze fino a quel momento legali, di origine naturale come la salvia divinorum e l’ipomea violacea, contenenti principi psicoattivi talvolta letali, che una volta identificati da noi sono stati inseriti nella tabella delle sostanze illegali. Tra il 2008 e il 2010 il mercato cambia nuovamente – continua la Detti – con la comparsa delle NPS di origine sintetica le cui classi principali sono le piperazine, i cannabinoidi sintetici, i catinoni sintetici, le feniletilammine e i fentanili». In risposta al rapido e continuo mutare del mercato illecito delle droghe sintetiche, la Scientifica ha dotato i propri laboratori di numerose strumentazioni sempre all’avanguardia sia nella sua sede centrale che in quelle territoriali. Infatti, in tutti e 13 i Gabinetti interregionali e regionali di polizia scientifica è presente un laboratorio di analisi chimiche dove sono effettuate le analisi delle sostanze sequestrate. Il laboratorio della sede centrale del Servizio polizia scientifica, oltre a effettuare le analisi per Lazio e Umbria, dà supporto a tutti gli altri laboratori dislocati sul territorio nazionale per analisi più complicate. «Qui al Servizio – chiarisce la funzionaria – sono presenti anche strumentazioni più complesse, impiegate per analisi di composti che si degradano col calore, ad esempio il GHB (la cosiddetta “droga dello stupro”) i funghi allucinogeni, l’LSD e per lo studio anche delle più piccole tracce di sostanze stupefacenti». L’analisi si effettua su tre livelli: il primo è il field test, l’analisi sul campo, che attualmente viene eseguita dai reparti operanti come screening orientativo che deve essere confermato con l’analisi strumentale. Con questo controllo preliminare di tipo colorimetrico (si può paragonare al test di gravidanza della farmacia) si ha dunque solo un’indicazione sulla presenza di sostanze stupefacenti mentre con l’analisi strumentale qualitativa (secondo livello) è possibile stabilire con certezza il tipo di principio attivo presente che può essere quantificato mediante analisi strumentale (terzo livello) in ogni laboratorio della Scientifica. All’inizio degli Anni 2000 gli investigatori si trovarono a fare i conti con lo spaccio e l’abuso di una polvere bianca, che, sottoposta al narcotest per la cocaina dava esito negativo. Solo grazie alle analisi di laboratorio fu identificata una nuova sostanza d’abuso, la ketamina, fino a quel momento impiegata come farmaco anestetico. 

«I reparti operanti, su delega dell’Autorità giudiziaria, trasportano i reperti presso i laboratori dove si effettua una documentazione fotografica, si determina il peso netto totale, si preleva un campione per le analisi – spiega il direttore tecnico superiore – Il peso netto e la concentrazione del principio attivo sono importanti ai fini dell’applicazione della legge (art. 73 del Testo unico sugli stupefacenti, dpr 309/90 e successive modifiche). Quindi, dobbiamo effettuare un’analisi qualitativa del materiale sequestrato per capire di che sostanza si tratta e una quantitativa per determinare la purezza e la quantità totale di principio attivo».

Per l’analisi di tipo qualitativo viene utilizzato il gascromatografo (GC) interfacciato con uno spettrometro di massa (GC-MS) grazie al quale è possibile avere anche indicazioni sulla struttura di ogni componente presente nel reperto (oltre alla sostanza stupefacente anche sottoprodotti di origine e lavorazione o sostanze da taglio che possono essere ad esempio zuccheri, farmaci). Il gascromatografo separa le molecole presenti nel campione, ognuna delle quali, una volta raggiunto lo spettrometro, si degrada in una moltitudine di frammenti, generando il cosiddetto spettro di massa che rappresenta una sorta di impronta digitale di una molecola e ne consente l’identificazione per confronto in libreria, una banca dati di spettri già registrati di sostanze note. Una volta identificata la droga occorre stabilire quanto è pura (analisi strumentale quantitativa) utilizzando il gascromatografo con rivelatore a ionizzazione di fiamma (GC-FID). Nonostante attualmente vengano utilizzati dei macchinari sempre più moderni e precisi, lo strumento fondamentale che deve essere sempre presente nei laboratori è la classica bilancia: se le pesate iniziali o di preparazione dei campioni sono sbagliate, tutta l’analisi risulterà falsata. Quando invece la sostanza è termolabile, totalmente sconosciuta o presente in tracce, a supporto delle strutture territoriali subentra il laboratorio del Servizio mediante l’utilizzo delle tecniche in cromatografia liquida (HPLC-MS/MS). Infatti, sono allestiti tre diversi laboratori presso i quali, oltre ad analizzare le tracce, si identificano nuove sostanze. Come spiega il commissario capo tecnico chimico Claudio D’Alfonso: «Questa tecnica ci viene in aiuto addirittura quando ci troviamo di fronte a sostanze sconosciute di difficile identificazione, come nel caso di un ragazzo di appena 18 anni finito al pronto soccorso perché in evidente stato di alterazione e sospetta overdose, senza però che emergesse la presenza di alcuna sostanza stupefacente dalle analisi cliniche. Una volta rispresosi riferì di aver assunto un francobollino per via sublinguale, offerto da un amico minorenne nella cui abitazione ne sono stati poi ritrovati 68 nascosti all’interno di un libro. Le analisi condotte nei nostri laboratori, anche in collaborazione con “Sapienza” Università di Roma, hanno evidenziato la presenza di un nuovo derivato dell’LSD, identificato come 1cP-LSD. Non essendo una sostanza stupefacente tabellata, era stata acquistata su Internet da uno dei numerosi rivenditori che la pubblicizzavano come simile all’LSD. Fondamentalmente – continua D’Alfonso – le due molecole non sono molto diverse, la nuova ha solo un piccolo “pezzetto” in più, era questo l’escamotage che la rendeva legale. Infine, grazie anche alla nostra segnalazione al Sistema nazionale di allerta precoce (SNAP) del Dipartimento delle politiche antidroga la molecola è stata inserita tra le sostanze stupefacenti, considerata la sua azione psicoattiva e pericolosità per la salute pubblica».

Le sostanze illecite inserite nelle tabelle sono tantissime e di recente è stato introdotto il concetto di “analogo di struttura” che costituisce, al momento, il sistema di contrasto più efficace al moltiplicarsi delle NPS. Per esempio, i cannabinoidi sintetici, che sono migliaia di molecole diverse, sono una delle prime classi di sostanze per le quali sono stati inseriti in tabella anche gli analoghi di struttura. Infatti, in passato, piccolissime modifiche nella molecola facevano sì che questo, pur conservando la sua attività psicotropa, non potesse però essere più considerato uno stupefacente. Con questa normativa dato lo scheletro di una molecola molti tipi di sostituzione sono automaticamente inseriti in tabella. 

Sono tantissime le indagini a cui il laboratorio della Sezione sostanze psicotrope e stupefacenti ha dato supporto; di notevole risonanza mediatica è quella durata un anno che ha portato allo smantellamento di un’organizzazione criminale dedita al narcotraffico di eroina e cocaina con base in Pakistan, che aveva scelto Terni come punto strategico per lo spaccio internazionale. Grazie all’intuito degli operatori della Scientifica si è riusciti a individuare lo stupefacente nascosto. Prima di partire, per eludere i controlli, la droga veniva “codisciolta” cioè sciolta insieme con il materiale plastico con cui venivano costruite le valige in modo tale che facesse parte integrante della struttura stessa non utilizzando quindi il classico metodo di occultamento in scomparti nascosti. «Un altro caso sul quale abbiamo lavorato molto è stato quello dei tappeti – racconta la funzionaria – Dopo una serie di indagini e intercettazioni, i colleghi avevano individuato un viaggio internazionale sospetto: una donna che portava con sé un pacco contenente dei tappeti. Come spesso accade, per i tessuti che si sospetta siano imbevuti di stupefacenti, si è proceduto a effettuare vari narcotest al fine di evidenziare l’eventuale presenza di sostanze. Tutte le ricerche hanno dato esito negativo, ma gli investigatori, convinti che questi tappeti celassero qualcosa di importante, li hanno portati nei nostri laboratori, dove ispezionati di nuovo hanno dato comunque esito negativo. Tuttavia, avevo notato che piegando in modo più energico il tappeto, un filo di lana nera si era schiarito in maniera quasi impercettibile. Abbiamo tagliato il filo in quel punto e ne è uscita una piccola nuvola di polvere beige che sia i narcotest che l’analisi strumentale hanno rivelato essere eroina. A quel punto abbiamo capito con nostra grande soddisfazione che la trama del tappeto era costituita da piccolissimi tubicini di plastica bianca pieni di eroina, rivestiti di stoffa nera e intrecciati con i fili normali. Nel nostro lavoro ci capita spesso di collaborare per telefono con gli operatori che ci chiedono consigli in tempo reale – continua la Detti – come in un recente caso dove stavano per sequestrare dei bancali di pelli di animali e ci hanno chiamato per capire cosa dovessero cercare e dove potesse essere nascosta la droga, in quel caso c’erano delle tasche tra il pellame».

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Lavorando per il futuro
In un’ala riammodernata, è stato installato uno degli strumenti di punta della Scientifica, in particolare di questa Sezione, che è lo spettrometro di massa ad alta risoluzione, il quale permette di caratterizzare le nuove sostanze psicoattive (NPS). Ma perché la polizia scientifica si è dotata di uno strumento tanto complicato e costoso? Lo spiega la dottoressa Detti: «Perché le nuove droghe psicoattive sono sempre più numerose, sempre diverse e completamente sconosciute e quindi per contrastare questa diffusione, un po’ come nel film Smetto quando voglio, dobbiamo avere attrezzature più performanti e aggiornate. Quando si è pianificato il suo acquisto si è ovviamente pensato a uno strumento, visti anche i costi elevati, utile per tutta la polizia scientifica. Infatti, lo spettrometro di massa è altamente versatile e può essere impiegato anche per le analisi di esplosivi e infiammabili, per le analisi merceologiche e per altri campi delle scienze forensi». Come tutte le macchine estremamente potenti è anche molto complessa, pertanto per poter svilupparne i metodi si collabora strettamente con le Università italiane, come ci spiega il direttore tecnico capo chimico della Polizia di Stato Sabino Napoletano: «Spesso, abbiamo ricercatori, dottorandi e tesisti che lavorano con noi al fine di sviluppare le metodiche analitiche. Uno degli scopi è quello di riuscire a individuare anche le sostanze per classi di appartenenza. Visto che le nuove droghe psicoattive compaiono sempre più numerose sul mercato illecito e, inoltre, basta una piccola variazione per passare da una molecola all’altra, vogliamo sviluppare una metodica predittiva in modo che quando vi è una nuova sostanza appartenente a una determinata famiglia riusciamo a individuarla tempestivamente; poi affinando la metodica si riuscirà a trovare quella che è la massa accurata, a risalire alla formula bruta, cioè il numero e il tipo di atomi che compongono quella molecola, e poi a individuare la molecola esatta. Per fare questo dobbiamo approvvigionarci di standard, ossia sostanze di riferimento certe; abbiamo previsto l’acquisto, grazie anche a dei fondi speciali dedicati alla lotta al narcotraffico, tra 50 e 60 standard di nuove sostanze psicoattive (NPS) segnalate recentemente dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA). Una delle difficoltà è che non è prevedibile quanto una nuova sostanza stupefacente possa diffondersi: dipende dalle sue caratteristiche, ci deve essere un bilanciamento tra gli effetti, il costo e lafacilità di approvvigionamento. Quindi, una sostanza che viene attenzionata potremmo vederla sequestrata solo in un caso per poi sparire oppure un suo “parente stretto” diventerà molto diffuso in Italia. Un caso particolare, ad esempio, è rappresentato da cannabinoidi sintetici addizionati a cannabis sequestrati sia a Torino che a Catania – continua Napoletano – Il fatto che questi siano stati trovati anche a Catania, città con un mercato illecito un po’ più “classico”, ha innalzato l’attenzione su queste sostanze e sui canali di vendita. Storicamente, infatti, è dal Nord Italia che arrivano più segnalazioni dal Sistema nazionale di allerta precoce (SNAP). Come Polizia di Stato inviamo queste segnalazioni e riceviamo quelle di tutti gli altri centri collaborativi. In questo tipo di lavoro è fondamentale collaborare in sinergia, creare una rete in cui scambiarsi i dati. È il caso dell’ENFSI, la Rete europea degli istituti di scienze forensi alla quale partecipano i laboratori nazionali (per l’Italia la polizia scientifica e il RaCIS dei Carabinieri). Ritornando allo strumento, al momento abbiamo finito la prima parte di familiarizzazione – conclude Napoletano – siamo in grado di avviare le analisi e di modificare i metodi; possiamo usare gran parte delle sue funzioni. Lo step successivo sarà sfruttare al 100% le possibilità dello strumento e imparare a elaborare  dati anche attraverso metodiche statistico-predittive e soprattutto abituarsi alla nuova routine di lavoro per utilizzare questo macchinario. Senza dimenticare che ci sono altre tecniche, che sono complementari a questa, e che stiamo per acquistare come la risonanza magnetica nucleare che ci permetterà di identificare univocamente le nuove molecole, nei casi in cui la sola spettrometria di massa non basta».

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Il laboratorio clandestino
Nel 2017, grazie a una collaborazione tra polizia italiana, olandese ed Europol per il tramite della Direzione centrale per i servizi antidroga, sono state donate all’Italia le attrezzature di laboratori clandestini sequestrati in Olanda. «Un funzionario dell’Europol e uno della polizia olandese – ricorda la dottoressa Detti – hanno portato tutto il materiale e lo hanno riallestito qui». Questo laboratorio è utilizzato a scopo didattico; perché un laboratorio clandestino per la produzione di sostanze stupefacenti è un insieme di materiali di diversa origine, alcuni di uso comune come pentole, fornelletti da campeggio, bilance pesapersone, bidoni di plastica e altri specifici materiali che si trovano in tutti i laboratori chimici come ad esempio i sistemi di distillazione. Nei corsi di formazione per il personale di tutte le Forze di Polizia, organizzati dalla Direzione centrale per i servizi antidroga in collaborazione con Interpol e UNODC (Ufficio delle nazioni unite sulla droga e il crimine), i tecnici della Scientifica addestrano gli operatori ad “abituare l’occhio” a riconoscere questi tipi di materiali e ad associarli alla produzione di stupefacenti. «Anche per un chimico già formato – continua la funzionaria – non è immediato capire che un macchinario utilizzato comunemente per la rimozione della carta da parati possa essere utilizzata per produrre il vapore necessario alla distillazione di amfetamine o che la bilancia pesapersone possa essere utilizzata per misurare l’idrogeno da inserire nel reattore. Del resto, a organizzare tutto sono esperti di chimica, ma quelli che effettivamente preparano la sostanza, i cosiddetti “cooks” (cuochi), seguono una ricetta, come in cucina, che deve essere facile da realizzare». Una parte del personale in forza ai laboratori di analisi droghe della Scientifica è anche addestrata, come ci spiega la funzionaria, allo smantellamento dei laboratori clandestini: «Alcuni di noi hanno partecipato a corsi, della durata di due o tre settimane (teorici e pratici), organizzati da Europol e Cepol e poi a cascata hanno formato il personale. In Italia al momento non è nota la produzione di sostanze sintetiche, che sono maggiormente diffuse nel Nord e nell’Est Europa. Nel Sud Europa e in Italia si trovano, invece, le cosiddette “droghe classiche”, e piccole quantità di amfetamina e ecstasy provenienti dal Nord Europa. Sicuramente la posizione geografica determina il diverso tipo di mercato: Italia e Spagna sono i porti di ingresso delle droghe classiche dal Sud del mondo, e quindi da noi è più probabile trovare i laboratori di trasformazione della cocaina in crack oppure estrazione di THC con gas butano o, ancora, la trasformazione di ketamina, un anestetico veterinario, dalla forma liquida in cristalli».

11/07/2023