Mauro Valeri

Sulla scena del crimine

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La Scientifica compie 120 anni. Alla sua attività dedichiamo una serie di approfondimenti. Iniziamo, questo mese, con il sopralluogo

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Sono passati 120 anni da quando, nel 1903, venne fondata la polizia scientifica e istituito il primo corso in materia, che faceva seguito a un ciclo di conferenze organizzato l’anno precedente e destinato a 35 funzionari di polizia. A formare gli “alunni di ps”, e a firmare di suo pugno i certificati che attestavano il superamento del corso, era il professor Salvatore Ottolenghi, medico legale e allievo di Cesare Lombroso, considerato il padre della criminologia moderna. A lui viene riconosciuto l’indiscusso merito di aver compreso il bisogno dell’utilizzo di nuovi metodi di identificazione personale, che fossero “oggettivamente” più validi di quelli al tempo utilizzati. Già nel 1899 infatti, nel suo trattato “Il segnalamento del delinquente in servizio della Polizia giudiziaria”, affermava: «Su questo genere di segnalazioni si può far così poco assegnamento che dobbiamo stupirci quando dai dati comunicati si riesce a scoprire la persona ricercata […]. Occorre uno studio in cui all’impressione soggettiva venga sostituendosi più che è possibile quella oggettiva, eliminando il più possibile l’apprezzamento dell’individuo. […]. Bisogna passare da una polizia “empirica” a una polizia “scientifica”».

La parola al direttore
Per capire come si sia evoluta questa importante attività della Polizia di Stato, in particolare quella relativa ai sopralluoghi sulla scena del crimine, ne parliamo con il direttore del Servizio polizia scientifica, Luigi Rinella. Poco prima di entrare nel suo ufficio vediamo affisso su una parete l’albo dei direttori del Servizio. Il primo nome è proprio quello di Salvatore Ottolenghi, cha ha ricoperto questa carica per ben 30 anni, dal 1903 al 1933. «I principi descritti da Ottolenghi sono tuttora considerati validi – evidenzia Rinella – Alla base della Polizia scientifica ci deve essere la scienza e tutto ciò che è quindi dimostrabile da essa: questo lui lo aveva ben chiaro. Certamente da allora c’è stata una grande evoluzione tecnologica ma i fondamenti rimangono quelli tracciati da uomini geniali come lui». 

«Gli operatori della Scientifica – continua il direttore – rappresentano figure insostituibili nell’attività di sopralluogo, poiché dispongono di quelle competenze interdisciplinari e multidisciplinari necessarie a chi è chiamato a operare sulla scena del crimine. Vengono formati da biologi, chimici, fisici e investigatori, ma il “mix” di saperi che gli viene trasmesso li rende unici. Essenziale, poi, l’attività svolta nei laboratori sui campioni e reperti prelevati che necessita, anch’essa, di professionisti che, tuttavia, non sempre fanno parte delle forze di polizia. In alcuni Paesi, infatti, l’autorità giudiziaria si rivolge a laboratori e professionisti esterni che poi comunicano le risultanze riscontrate alla magistratura e alle forze dell’ordine. Noi possiamo invece contare su professionisti appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato e su nostri specifici laboratori. Fondamentale poi, per la loro formazione, e per restare al passo con la costante evoluzione tecnologica, la collaborazione con il mondo scientifico e in particolare con Università ed Enti di ricerca». 

L’opera del bravo “sopralluoghista” è importante e, in alcuni casi, già da sola determinante per giungere all’identificazione del colpevole. «Nel caso, ad esempio, di un sopralluogo per furto – sottolinea Rinella – l’intuizione dell’operatore che il ladro possa aver appoggiato la mano in un determinato punto, può permettere un’attività di repertazione biologica che porterà all’identificazione del suo Dna. Certamente ciò è fondamentale anche in un’indagine in caso di omicidio, ma mentre quest’ultima sarà poi supportata da numerose attività investigative da parte degli uffici chiamati a operare, nel caso di un furto nel quale non ci sono “margini” per ulteriori accertamenti investigativi, l’attività del sopralluoghista sarà ancora più determinante». Anche qualora vi siano testimonianze sui fatti avvenuti sulla scena del crimine, i rilievi tecnici e la ricostruzione di questa risultano fondamentali perché, come sottolinea il direttore: «Anche quando la testimonianza è rilasciata in buona fede, la memoria e gli occhi possono essere fallaci, specialmente se le loro percezioni sono distorte dall’emozione o dalla cattiva visuale».

Il sopralluogo
L’esame della scena del crimine, intesa come lo spazio fisico nel quale viene consumato un reato e i luoghi ad essa riconducibili, viene comunemente indicato con il termine di sopralluogo e rappresenta un’attività fondamentale per ogni indagine di polizia. Il sopralluogo di polizia scientifica può essere definito come quel complesso di attività a carattere scientifico che ha come fine la conservazione dello stato dei luoghi, la ricerca e l’assicurazione delle cose e delle tracce pertinenti al reato, utili per l’identificazione del reo e/o vittima, nonché per la compiuta ricostruzione della dinamica dell’evento e per l’accertamento delle circostanze in cui esso si è realizzato, anche in relazione alla verifica del modus operandi dell’autore del reato.

«Il sopralluoghista – evidenzia Martina Torta, funzionario della I divisione del Servizio – va considerato un investigatore a tutti gli effetti poiché, oltre ad essere depositario di una formazione tecnica, deve sempre effettuare, durante il sopralluogo, un ragionamento di tipo investigativo. Le tracce possono essere infatti visibili o latenti e, in questo ultimo caso, bisogna capire dove e come andare a cercarle, come acquisirle e documentarle. Bisogna poi considerare che le tracce non sono solo legate al “fatto-reato” ma a tutta la “quotidianità” vissuta sulla scena del crimine. L’operatore deve quindi capire qual è la traccia lasciata magari da chi occupava quell’immobile ordinariamente e quale quella diversa. Deve quindi fare un ragionamento a 360 gradi».

Il moderno sopralluogo deve coniugare l’esigenza di un rigore documentativo obiettivo e completo con le esigenze investigative che emergono sin dai primi momenti, attraverso la formulazione delle prime ipotesi di lavoro. Il sopralluogo, quindi, rappresenta il momento in cui lo specialista della polizia scientifica, a stretto contatto con l’investigatore, “fissa” i luoghi e le cose pertinenti al reato in modo tale da raccogliere e documentare tutti gli elementi ritenuti utili alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole, anche attraverso lo svolgimento dei successivi accertamenti di natura tecnica. È necessario, quindi, che gli operatori della polizia scientifica possiedano un profilo professionale caratterizzato da un ampio bagaglio di conoscenze tecnico-scientifiche, ma che anche le altre figure operanti nel corso del sopralluogo agiscano con adeguati livelli di professionalità. Un sopralluogo è, in un certo senso, un “laboratorio di criminalistica” dinamico e multidisciplinare, capace di trasformarsi in una complessa struttura d’indagine scientifica, articolata in molteplici laboratori - ciascuno specializzato in una delle varie branche della moderna criminalistica – ed integrata dalle azioni d’intervento degli altri uffici investigativi.

«L’attività di sopralluogo – continua Martina Torta– è garantita in ogni orario e giorno dell’anno su tutto il territorio nazionale ed è effettuata dagli operatori dei nostri presidi territoriali: i Gabinetti interregionali/regionali, quelli provinciali e i Posti di segnalamento. ll numero dei componenti della squadra che effettua il sopralluogo può variare da due a più persone, a seconda della specificità, della complessità e della durata dello stesso. È importante sottolineare però che la professionalità degli operatori è la stessa, poiché sottoposti al medesimo percorso di formazione».

Una volta individuate, esaltate e acquisite le tracce del reato, esse devono essere conservate in modo da garantire l’autenticità delle successive analisi di laboratorio, assicurando la cosiddetta “catena di custodia”, che rappresenta la possibilità di risalire, sulla base dei verbali delle attività compiute, a tutti gli operatori intervenuti nella raccolta, sigillatura, trasporto e consegna dei reperti al responsabile del laboratorio, al fine di assicurarne l’integrità. 

Apparecchiature e strumenti
Vediamo, più da vicino, alcuni degli strumenti utilizzati dagli operatori della polizia scientifica in fase di sopralluogo. A spiegarcene caratteristiche e modalità di utilizzo, gli ispettori della I divisione del Servizio, Antonio Di Tommaso e Umberto Donati.

La “valigetta” contiene la configurazione basica per effettuare un sopralluogo (foto 1). Al suo interno, tra l’altro, troviamo:

Indicatori

Sono di tre tipi: numerici, alfabetici e di tipo Rd. I numeri evidenziano ciò che costituisce un reperto e che quindi viene prelevato dagli operatori della Scientifica dalla scena del crimine. Tutto ciò che invece non viene prelevato ma documentato viene contrassegnato con una lettera. Ad esempio, l’orma di una scarpa o il foro di un proiettile verranno contrassegnati con una lettera mentre un bossolo con un numero. Gli indicatori possono essere di diverse dimensioni a seconda della grandezza della scena del crimine e se questa è all’aperto o al chiuso. Gli indicatori contrassegnati con Rd, rilievo dattiloscopico, indicano le impronte digitali rilevate (foto 2).

Striscetta metrica adesiva

Serve a evidenziare le dimensioni della traccia o dell’oggetto postole accanto (foto 3).

Polveri magnetiche

Costituite da polvere di grafite che viene utilizzata, principalmente, per l’evidenziazione di impronte su superfici cartacee e metalliche di tipo “poroso” come quelle della cassaforte. I colori della polvere sono diversi e il principio utilizzato è quello di utilizzare polvere chiara su supporto scuro e viceversa (foto 4).

Polveri fluorescenti

Vengono applicate su superfici di diversa colorazione, cioè non uniforme. Eccitata con una luce la polvere restituisce una fluorescenza. Non si “confonde” quindi con alcun colore dello sfondo permettendo di rilevare l’impronta in qualunque punto del supporto (foto 5).

 

Altri strumenti che possono essere fondamentali nel sopralluogo sono i seguenti:

Laser scanner

È uno scanner a postazione fissa, una macchina fotografica che effettua la scansione a 360 gradi e in 3D degli ambienti. Nel file generato è possibile poi muoversi all’interno della scena fotografata, effettuare misurazioni ed ottenere ingrandimenti di particolari, anche in un momento successivo al sopralluogo. La scena originaria è quindi cristallizzata. Per realizzare le riprese, l’operatore si pone al di fuori della scena del crimine e posiziona all’interno di questa lo strumento che registra (foto 6). 

Scene view BV800

Emette luce di tipo infrarosso per rilevare tracce su superfici scure. Rende chiare le superfici scure, ma se sono presenti tracce ematiche queste “assorbono” l’infrarosso e ci restituiscono una traccia scura (foto 7). 

Luce forense Foster+Freeman Crimelite 82 L

Sorgente luminosa che fornisce un’illuminazione superficiale a basso angolo, dotata di 16 led bianchi ad alta intensità, montati dietro una lente cilindrica, che forniscono un ampio raggio di luce a livello del pavimento, ideale per rilevare detriti superficiali e impronte di scarpe (foto 8).

Telecamera digitale  Foster+Freeman - Crimelite® AUTO 

Macchina fotografica alla quale possono essere applicati filtri e luci forensi per coprire tutte le frequenze, dall’infrarosso all’ultravioletto. Possiamo quindi sollecitare le superfici con diverse lunghezze d’onda alla ricerca di tracce di sangue, liquido seminale, saliva, residui dello sparo, Dna, impronte digitali, capelli e fibre (foto 9).

Lumiscene e compressore forense

Reagente chimico a base di luminolo in grado di rilevare e/o evidenziare tracce di sostanza ematica “latenti”, quindi non visibili perchè diluite, lavate o infinitesimali. Il kit di utilizzo si compone di un flacone di liquido, con relativo nebulizzatore, e di una confezione contenente capsule di perossido di idrogeno. Più capsule vengono introdotte nel liquido (da 1 a 4) e maggiore è la sensibilità nella ricerca di tracce ematiche che si ottiene. Un liquido eccessivamente sensibile può però degradare l’eventuale traccia di Dna. Si opera quindi, generalmente con valori medi (2 capsule). 

La soluzione viene somministrata per mezzo di un compressore forense che produce aria continua senza interruzione ed evita la contaminazione grazie a una struttura in acciaio “Dna free”. Questo strumento è utile perché necessita di una quantità minima di reagente, riducendo il rischio di diluizione della traccia o distorsioni delle macchie di sangue. L’incontro con particelle ematiche crea una chemioluminiscenza visibile al buio. 

L’operatore deve quindi prima oscurare l’ambiente, somministrare il prodotto e poi fotografare la luminescenza generata dalla reazione, che dura pochi secondi. Per far questo si utilizza una macchina fotografica posizionata su cavalletto e con tempi di esposizione di numerosi secondi (foto 10).

Consigli operativi
Gli operatori di polizia giudiziaria sono spesso chiamati a intervenire per primi sulla scena del crimine. Tra i loro doveri infatti, come previsto dall’articolo 55 del codice di procedura penale, vi è quello di compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e di, come prevede l’art. 354 cpp, curare che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del pubblico ministero. Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi citati si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non possa  intervenire tempestivamente, ovvero non abbia ancora assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose. 

Gli operatori che effettuano il primo intervento sono quindi responsabili della gestione della scena del crimine sino all’arrivo della polizia scientifica o del personale degli uffici investigativi. La scena del delitto deve, quindi, essere da loro:

Evacuata
Il personale di primo intervento, tramite le operazioni necessarie all’espletamento dei compiti istituzionali, nell’attesa della polizia scientifica:

cura l’evacuazione delle persone presenti nell’area interessata all’evento, facendole confluire in uno spazio controllato fuori dalla “zona rossa”.

Si adopera, anche con il concorso di organi competenti, alla messa in sicurezza dei luoghi interessati.

Registra le generalità di tutti coloro che hanno avuto accesso alla scena e ogni alterazione provocata sulla stessa.

Delimitata
Data l’estrema variabilità dei contesti in cui si può essere chiamati ad intervenire, non è possibile fornire criteri univoci per effettuare tale provvisoria delimitazione. Essa dovrà tuttavia ispirarsi a due principi di carattere generale:

includere il luogo in cui è avvenuto il reato, le vie di accesso e di fuga e tutte le pertinenze dove si ritiene si possano rinvenire tracce dell’azione delittuosa o dell’autore del delitto.

Compatibilmente con le caratteristiche del delitto e del luogo in cui è avvenuto (soprattutto in caso di ambiente esterno), delimitare l’area in maniera più ampia possibile, non essendo prevedibili a priori tutte le esigenze investigative che possono sorgere nel corso del sopralluogo della Scientifica. 

Custodita
Una volta realizzata la delimitazione della scena occorre:

consentire l’accesso alla scena soltanto a coloro la cui presenza è strettamente necessaria.

Curare che chi accede alla scena si muova secondo percorsi definiti.

Impedire la dispersione, l’alterazione o la contaminazione delle tracce fino all’intervento della polizia scientifica che è deputata alla loro raccolta.

Al termine dell’intervento, gli operatori intervenuti devono redigere una relazione di servizio, nella quale, in particolare, devono annotare:

l’orario dell’intervento.

Le indicazioni ricevute dalla Sala operativa o da altre fonti (passanti, testimoni, etc.).

Le richieste e gli elementi forniti alla Sala operativa.

I dati concernenti le persone identificate sul posto.

Le precauzioni adottate per salvaguardare il luogo del reato.

Le modificazioni e le alterazioni che sono state prodotte sul luogo del delitto a seguito dell’intervento, spiegandone i motivi.

Le anomalie riscontrate appena giunti sul posto (es.: aromi, odori, rumori, etc.).

Le condizioni atmosferiche e di visibilità.

Ogni altra attività compiuta per preservare le cose e le tracce pertinenti il reato.

L’attività di repertazione eventualmente compiuta, con l’indicazione delle motivazioni che l’hanno resa necessaria prima dell’intervento della Scientifica e delle modalità con cui è stata effettuata.

L’orario in cui è stato effettuato il passaggio delle consegne con la pattuglia montante.

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L’Organismo di certificazione della Polizia di Stato
Da oltre un decennio, all’interno del Servizio polizia scientifica è stato attivato un Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ), che monitora il livello delle procedure ai sensi della norma ISO 9001 e la prestazione tecnologica della rete dei 40 laboratori accreditati ai sensi della norma ISO/IEC 17025, istituiti presso la Sede centrale e i Gabinetti Interregionali e Regionali. Oggi assistiamo all’implementazione del livello di qualità con l’istituzione dell’Organismo di Certificazione della Polizia di Stato (OdC-PS), un organismo di certificazione delle competenze professionali degli operatori ed al suo mantenimento nel tempo. OdC-PS è stato accreditato dall’ente unico nazionale Accredia ai sensi della norma ISO/IEC 17024, che consente di certificare le figure professionali di operatore della polizia scientifica videofotosegnalatore e dattiloscopista, ma anche personale esterno alla polizia scientifica, appartenente a qualsiasi Ufficio della Polizia di Stato, in relazione ad ogni eventuale schema specifico sviluppabile in relazione alle esigenze operative oltre che personale di altre Forze di Polizia.
Domenico Cerbone
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Per arrivare dovunque
Una versione speciale della Fiat Fullback è stata realizzata per la Scientifica ed è utilizzata nei sopralluoghi su tutto il territorio nazionale. Al suo interno tutte le attrezzature necessarie a repertare e conservare le tracce e le impronte al fine di poter ricostruire la scena del crimine; dispositivi di protezione individuale, polveri esaltatrici, lampade forensi, buste di sicurezza e un frigo congelatore per la conservazione dei reperti biologici. Presente, inoltre, un gazebo che può essere rapidamente montato per preservare lo stato dei luoghi e tutelare la privacy delle vittime. Il Fullback è dotato del sistema Mercurio, che consente una costante geo-localizzazione tramite GPS e di interrogare le banche dati, e del sistema Nemesi per registrare e inviare le immagini del sopralluogo alla centrale operativa. Spinto da un motore turbodiesel di 2,4 litri da 150 cv di potenza massima, il pick-up dispone di una trasmissione a 4 ruote motrici, della possibilità di inserire marce ridotte e di azionare il blocco del differenziale posteriore, così da poter essere impiegato anche nel fuoristrada impegnativo per raggiungere ogni luogo.
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Cosa fare  

  • Indossare idonei dispositivi di protezione individuale.
  • Evacuare, delimitare e preservare la scena del crimine.
  • Annotare le generalità delle persone che sono entrate o uscite dal sito interessato dall’evento.
  • Prendere nota di eventuali cambiamenti causati dal proprio intervento o da altri; in particolare, qualora possibile, documentare con il proprio cellulare tramite riprese video o foto, lo stato dei luoghi prima che la scena venga alterata dall’ingresso di persone, solitamente personale sanitario, che per svolgere il proprio compito inevitabilmente andranno a modificare lo stato dei luoghi e delle cose.
  • Annotare le condizioni di illuminazione al momento dell’accesso, le condizioni di porte, finestre e lo stato del mobilio.
  • Essere consapevole di essere una possibile fonte di contaminazione.
  • Garantire costantemente la custodia dei luoghi e di tutti gli elementi utili alla ricostruzione della dinamica dell’evento e all’identificazione dell’autore del reato.


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Cosa non fare

  • Manipolare eventuali apparecchiature informatiche/elettroniche e non tentare di accedere alle informazioni ivi contenute.
  • Manipolare apparecchiature informatiche come smartphone o computer può compromettere irrimediabilmente i dati contenuti.
  • Calpestare qualsiasi tipologia di traccia/imbrattamento, cercando di muoversi all’interno della scena il meno possibile e comunque percorrendo preferibilmente un percorso prestabilito che andrà poi comunicato e mostrato al personale della Scientifica.
  • Manipolare armi da fuoco presenti. 
  • Oltre che per la pericolosità intrinseca dell’arma, manipolarla potrebbe compromettere le tracce eventualmente presenti sulla stessa e far perdere le informazioni inerenti lo stato in cui versava al momento del rinvenimento, informazioni utili alla ricostruzione della dinamica dell’evento.
  • Spostare e rimuovere indumenti e/o oggetti imbrattati di sangue al fine di preservarne la posizione originaria. 
  • L’eventuale spostamento potrebbe alterare o creare nuove tracce, compromettendo l’analisi della morfologia delle tracce presenti. 
  • Interagire o spostarsi all’interno della Scena del Crimine al fine di tutelare tracce del reato specie se non visibili ad occhio nudo.
  • Utilizzare servizi igienici, aprire rubinetti.
  • L’utilizzo dei servizi igienici può contaminare o disperdere tracce biologiche.
  • Fumare, gettare oggetti nell’immondizia, utilizzare mobilio.
  • Alterare la temperatura ambientale.
  • Alterare la temperatura degli ambienti mediante l’apertura di finestre, l’accensione o lo spegnimento di condizionatori può comportare variazioni della condizione corporea di un cadavere, rendendo in questo modo difficile il lavoro del medico legale nella determinazione dell’epoca del decesso.
  • Procedere alla raccolta di tracce o reperti prima dell’intervento della polizia scientifica, tranne nei casi in cui sia necessario salvaguardarli da possibili dispersioni. 
  • La polizia di primo intervento deve limitarsi esclusivamente a salvaguardare le tracce presenti sulla scena del crimine; talvolta, eccezionalmente, quando le tracce possono disperdersi prima dell’intervento della Scientifica può, e deve, spingersi oltre i normali compiti. In questi casi può effettuare una documentazione video-fotografica, delle misurazioni e, cosa molto importante, delle repertazioni di tracce. In questo caso, l’operatore di polizia provvede alla loro raccolta attraverso idonei oggetti comuni utilizzando i dispositivi di protezione individuale e maneggiando meno possibile il reperto.
06/04/2023