Anacleto Flori
Nel nome di Lele
Un volume ricco di emozioni, di testimonianze, di contributi storici, ma soprattutto di ricordi e di foto tratte dall’album di famiglia per ricordare Emanuele Petri a vent’anni dalla sua morte
Coincidenze. A volte basta una sola parola per riassumere la storia di un progetto affollato di ricordi, di emozioni, di dolore ma anche di amore e di speranza. Il progetto è quello di Un poliziotto di nome Lele – Dedicato a Emanuele Petri, il libro realizzato dall’Ufficio comunicazione istituzionale del Dipartimento della ps per ricordare il sacrificio del sovrintendente della Polfer ucciso la mattina del 2 marzo 2003 dalle Nuove brigate rosse, e la parola che ne riassume la storia è proprio coincidenze. In particolare quelle raccontate da Cinzia Corneli, nella prefazione del suo romanzo Le ferite di marzo, liberamente tratto dalla tragica vicenda di Emanuele Petri, che costituisce il cuore pulsante, il germe da cui ha preso vita e intorno al quale si è sviluppato il nostro progetto editoriale: «Il 10 marzo 2003 avrei compiuto quarant’anni, otto giorni prima c’è stata la tragedia di Emanuele Petri e il mio entusiasmo si è smorzato all’improvviso. Non lo conoscevo, ma ho sempre rispettato in modo ferreo la Divisa e in essa ho riposto fiducia, perciò sono tornati i ricordi delle Brigate Rosse con la precarietà di questo nuovo periodo oscuro. Ed è come se tutto fosse diventato buio, il mondo che speravo migliore cancellato in un attimo. Emanuele viveva in Umbria, ad appena trenta chilometri da casa mia, una vita che all’improvviso può entrare nel cuore di tutti noi».
Una vita pulita come il suo volto sorridente, da eterno ragazzo, vigliaccamente stroncata da una mano assassina in una fredda e uggiosa domenica di inizio marzo, una vita che esattamente in quell’attimo di assurda violenza è entrata con forza e per sempre nei nostri cuori assieme alla consapevolezza di una dolorosa ingiustizia, cui non si può porre rimedio. A distanza di tanti anni quella vita è però riemersa carsicamente nell’animo di Cinzia Corneli, sotto forma di uno struggente romanzo. Coincidenze, appunto. Come quelle che, attraverso imperscrutabili intrecci professionali e legami familiari, hanno fatto sì che quell’opera giungesse fin dentro le stanze del nostro Ufficio, proprio a ridosso delle iniziative promosse dalla Polizia di Stato per ricordare, a vent’anni dal suo assassinio, uno dei suoi caduti più cari. Qui finisce l’incredibile serie di coincidenze e nasce, invece, l’idea di realizzare un volume dedicato a Emanuele Petri, partendo da quel romanzo ancora inedito e impreziosendolo con testimonianze, contributi storici e giornalistici, ma anche con foto e ricordi tratti dagli archivi di famiglia. Un progetto editoriale ambizioso, ma soprattutto un commosso e doveroso omaggio perché: «La memoria – come sottolinea il capo della Polizia Lamberto Giannini nella sua appassionata introduzione – rappresenta senza alcun dubbio il pilastro fondamentale su cui poggia la nostra amata Amministrazione. La Polizia di Stato, infatti, è stata ed è protagonista di una lunga storia, scritta da tante generazioni di poliziotti caduti in servizio che, attraverso le loro vite straordinariamente esemplari, hanno contribuito giorno dopo giorno, anno dopo anno, alla costruzione di una casa comune, di un’idea di famiglia condivisa in cui nessuno è lasciato indietro: un valore assoluto in cui riconoscersi e ritrovarsi. Ed è proprio per questa idea di famiglia che la Polizia di Stato è chiamata a rendere omaggio e a non dimenticare mai chi ha dato la vita per essere sempre e comunque al servizio della comunità. Proprio come il sovrintendente capo Emanuele Petri (…) che quella maledetta domenica del 2 marzo 2003 non ha esitato un minuto a mettere a repentaglio la propria vita, contribuendo alla cattura di una pericolosa terrorista e allo smantellamento della cellula romana delle Nuove brigate rosse, pronta a mettere in atto altri sanguinosi attentati». Nel lungo e toccante percorso che ci ha condotti fino alla realizzazione di Un poliziotto di nome Lele, il primo, indispensabile passo è stato quello di chiedere ad Alma Petri di condividere con noi gli affetti e i ricordi più cari e le tante foto di famiglia che hanno scandito gli anni vissuti insieme, per aiutarci a raccontare a tutto tondo la figura di Emanuele: non solo poliziotto esemplare con la divisa sempre cucita addosso e collega eccezionale, ma anche affettuosissimo marito e padre.
Alma non ha esitato un attimo, invitandoci a visitare l’associazione Petri, nella sua Tuoro sul Trasimeno in provincia di Perugia, e con sincera emozione e un pizzico di pudore ci siamo avvicinati al mondo di Emanuele, sfogliando le sue prime fotografie, ancora in bianco e nero, mentre sorride di fronte all’obiettivo felice di stare tra mamma Vittoria e papà Marino, e poi ancora mentre posa con la divisa indosso, quando accompagna all’altare la sua Alma, o tiene in braccio il piccolo Angelo, durante una vacanza al mare e ancora in sella alla sua inseparabile moto. Ma ogni cosa in quella sala ricorda Emanuele: le prime pagine dei giornali con la notizia dello scontro a fuoco a bordo del treno diretto a Firenze, i gagliardetti donati all’associazione, le medaglie e le onorificenze concesse al valore, i bigliettini lasciati da qualche mano pietosa sul marciapiede della stazione di Castiglion Fiorentino o accanto al feretro nella Cattedrale di Arezzo, ma soprattutto le tante, tantissime testimonianze d’affetto arrivate da amici, colleghi, semplici cittadini e studenti delle scuole di Tuoro e dintorni. Impossibile davvero citarle tutte, ma altrettanto impossibile non inserire nel libro quella dell’amico e collega Ugo Bonelli. Una testimonianza che ci riporta a quella maledetta domenica, a quella telefonata che lo butta giù dal letto per comunicargli che Lele, il suo amico Lele, è stato ammazzato, al dolore che gli stringe il cuore ma anche alla dedizione con cui allestisce il feretro per l’ultimo saluto. Un ricordo, quello dell’ispettore Bonelli, che si riavvolge come un film e che ci riporta indietro nel tempo, a quella volta quando da ragazzino, scorrazzando su una ruota sola per il centro di Arezzo con il suo motorino, era stato fermato da una Volante da cui era sceso proprio Emanuele, con il suo inconfondibile giubbotto di pelle nero: per quella volta fu sufficiente un rimbrotto e uno scappellotto affettuoso, ma anche un sorrisetto sotto i baffi e un occhietto d’intesa, perché anche lui era un appassionato di moto …e poi Emanuele era un vero e proprio punto di riferimento per i ragazzini del quartiere, soprattutto per quelli, come Ugo, che sognavano un giorno di indossare la divisa. Affinché questo libro non fosse solo un appassionato e toccante ricordo di Emanuele Petri, ma anche un’occasione importante per ricordare, soprattutto ai ragazzi, l’importanza e il valore del suo sacrificio abbiamo chiesto a un profondo conoscitore della stagione delle Nuove brigate rosse, come Giovanni Bianconi, di tracciare un’analisi storica, sociale e investigativa degli anni tra il 1999 e il 2003, un periodo in cui l’Italia rischiò di precipitare di nuovo nel vortice dei sanguinosi attentati di matrice terroristica che avevano contrassegnato gli Anni di piombo.
Ed è sempre pensando ai ragazzi che abbiamo voluto utilizzare, per la copertina del libro, un’elaborazione grafica realizzata dagli studenti della scuola secondaria di I grado dell’Istituto comprensivo “Dalmazio Birago” di Tuoro sul Trasimeno. Giunti alla fine del percorso, all’ultima pagina del libro portiamo con noi tante voci, tanti racconti e ricordi diversi, ma un’unica, palpitante emozione. E la consapevolezza, come ha ricordato il capo della Polizia «che quello di Emanuele è stato un estremo gesto di coraggio, un esempio di attaccamento al dovere che ci ha accompagnato in tutti questi anni e che ci ha dato, e sono sicuro continuerà a darci anche in futuro, la forza per fare ogni giorno, fino in fondo, il nostro dovere».