Salvatore Blasco
Una storia di fratellanza
Il dirigente del Reparto prevenzione crimine Emilia Romagna occidentale ha condiviso su Poliziamoderna la storia dell’incontro con Joy, una ragazza nigeriana finita nelle maglie della malavita dopo essere arrivata in Italia a bordo di un gommone, salvata dai poliziotti della Squadra mobile piacentina e dalla referente per i minori non accompagnati del comune emiliano. La testimonianza del poliziotto è raccolta nel volume di cui è autore, "Joy per sempre"
«Era uno dei gommoni peggiori con cui si potesse partire. Ci davano per spacciati prima di iniziare il nostro viaggio ma il mio padrone libico mi aveva lasciato su quella spiaggia e non avrei saputo dove altro andare», iniziò a un certo punto a raccontarci Joy tra un singhiozzo e un altro. «Ero terrorizzata perché non sapevo neanche nuotare, era la prima volta che vedevo il mare. Non conoscevo nessuno intorno a me. Avevo avuto indicazione di chiamare una persona una volta in Italia ma non ero sicura che ci sarei arrivata. Ero convinta di morire su quel gommone!», esclamò. «Forse era adatto a trasportare trenta-quaranta persone, invece noi eravamo un centinaio e io ero l’unica donna. Non mi ricordo tanti volti di quei giorni di viaggio nel mare, perché mi misi presto una benda in faccia per non vedere nulla. Ero terrorizzata. Non c’erano sorrisi, non c’erano battute, non c’erano discorsi, c’era un gran silenzio. C’era chi pregava e chi piangeva. C’era speranza sì, ma soprattutto c’era tanta paura. L’acqua era gelida. Mi sbatteva in faccia a causa delle onde provocate dall’andamento ondulante del gommone. Mi trafiggeva la pelle come se quelle gocce fossero degli aghi appuntiti. Lentamente mi abituai a quelle fitte, perché a tutto ti abitui quando non c’è altro da fare. Il buio di quella notte poi era inquietante. Non si vedeva nulla, non c’erano stelle e non avevamo neanche una piccola luce: vento freddo e gocce gelide in faccia. Avevo freddo e non avevo vestiti. Avevo fame e non avevo cibo. C’erano uomini più grandi di me che poi mi avrebbero molestato arrivati a destinazione. In quei momenti però nessuno di noi pensava a nulla. Nulla, nulla di nulla, non pensavo a nulla. Avevo paura e basta. Eravamo in bilico tra la vita e la morte. Le mie narici erano congelate e, sotto quella benda, mi sentivo un po’ più al sicuro. Iniziai a immaginare un mondo migliore, con vestiti, parrucche, cibo, am