Matteo Inzaghi*
Passione civica
Provincia estesa ed eterogenea, Varese gode del continuo sforzo della polizia nel garantire tranquillità e protezione ai cittadini
Varese: medio centro, grande provincia. 900mila abitanti sparsi iniquamente tra un sud urbanizzato, densamente abitato e industrioso e un nord verde, a tratti bucolico, punteggiato da borghi arroccati, ammantato dai boschi, riflesso nelle acque dei laghi, protetto da monti gentili.
È la terra dei “cumenda” alla “Giuan” Borghi, imprenditore che prese un pezzo di metallo e lo trasformò in una multinazionale. Ma anche dei piccoli imprenditori e dei commercianti, degli atleti e dei comici, dei pittori e degli scrittori artefici di personaggi che riassumono in sé vizi e virtù di una provincia ricca e un po’ blasè: un corpo sinuoso, laborioso e scaltro, con la testa poggiata sulla Svizzera e le gambe distese all’ombra della Madonnina.
Qui, nel 1924, l’ingegner Piero Puricelli inaugurò la prima autostrada d’Italia e, almeno dal punto di vista concettualmente moderno, la prima al Mondo. Nel 1927 Benito Mussolini elevò Varese al rango di città capoluogo, il che diede impulso a una serie di costruzioni e infrastrutture razionaliste. Grande protagonista di quel tempo, l’architetto Mario Loreti, al quale si devono la centrale piazza Montegrappa, il Palazzo della Camera di commercio e, prima ancora, il Palazzo Littorio, costruito nel 1933, divenuto poi Palazzo Italia e infine questura: un edificio che spicca per le sue geometrie originali e per l’imponenza disposta a triangolo, affacciata su piazza Libertà, a pochi passi da Villa Recalcati, sede di provincia e prefettura.
L’inconfondibile sagoma “a portafoglio” è ingentilita dalla tondeggiante scalinata all’ingresso e dal varco d’entrata allineato all’angolo della piazza, visivamente intrecciato da linee prima rette, poi curve, che guidano lo sguardo lungo l’affascinante torre dell’orologio, alta, semicilindrica, discretamente guardinga.
È qui, al primo piano di una struttura carica di storia, che incontro il questore, Michele Morelli, classe 1961, cosentino nel sangue e milanese di nascita. Mi accoglie nel suo ufficio, ampio e invaso dalla luce, grazie all’ampia vetrata che ci proietta nel cuore della piazza e che rende ancor più folgorante l’affresco di Giuseppe Montanari: un’opera di straordinaria fattura, malamente ricoperto di calce nel 1945 e oggi restituita agli antichi splendori grazie al restauro voluto e incoraggiato dall’ex questore Matteo Turillo, appassionato di arte e di archeologia.
Sì, perché di questure, in Italia, ne contiamo parecchie. Ma di questure-musei, no. Dal Sacrario del piano terra ai dipinti tipici dell’era fascista ma artisticamente significativi, il palazzo varesino presenta tali e tante sorprese da rendere irrinunciabile il grande evento che si terrà entro fine anno.
«In quell’occasione – ricorda il questore Morelli – alla presenza del capo della Polizia, Lamberto Giannini, l’11 novembre inaugureremo una significativa mostra che consentirà al pubblico di conoscere da vicino l’inestimabile patrimonio artistico e monumentale custodito in ques