Cristiano Morabito

Primo Avamposto

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All’hotspot di Lampedusa si incrociano da anni i destini di migliaia di persone che sbarcano in Italia in cerca di un futuro migliore

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È

 sorprendente quanto un fazzoletto di terra grande poco più di 20 chilometri quadrati, ossia quanto la superficie del centro storico di Roma, possa risultare così importante per il destino di tante persone e come su quel triangolo tra Nordafrica e Italia siano costantemente puntati i riflettori di tutta la comunità internazionale, nonché quelli dei media.

Lampedusa, che insieme a Linosa e Lampione fa parte dell’arcipelago delle Pelagie, ha una posizione strategica all’interno del bacino del Mediterraneo: 120 miglia marine dalla Sicilia e a poco meno di 90 dalla Tunisia, è il punto più a Sud dell’Unione europea, una vera e propria porta che apre i suoi battenti verso il Vecchio continente.

Proprio per queste sue caratteristiche, Lampedusa, volenti o nolenti, è diventata l’approdo principale per tutti i migranti che provengono dall’Africa, partendo il più delle volte dalle coste della Libia. Un viaggio che dura giorni e che inizia su navi di grosse dimensioni che, giunte in acque internazionali, sbarcano il proprio “carico” su barchini fatiscenti e lasciano le persone al proprio destino; a raccoglierli, spesso in condizioni al limite della resistenza umana, ci sono le navi delle organizzazioni non governative che, dopo aver ricevuto il rifiuto all’accoglienza dei porti maltesi, puntano la prua verso la tappa successiva: Lampedusa dove, grazie al supporto della Guardia costiera italiana, trovano un approdo sicuro.

Ed è proprio sulla piccola isola siciliana che si mette in moto la macchina della prima ospitalità, nella quale una parte fondamentale è svolta dalla Polizia di Stato e, nello specifico, dalla questura di Agrigento e dalla Direzione centrale per la polizia dell’immigrazione e delle frontiere, che negli ultimi due anni è stata chiamata a svolgere un lavoro incessante a causa delle emergenze legate ai profughi provenienti da Afghanistan e Ucraina, nonché dal continuo flusso di immigrati clandestini che raggiungono le nostre coste (oltre 70mila dall’inizio del 2022).

Per capire cosa succede dopo uno sbarco sull’isola di Lampedusa e se davvero si possa parlare di vera e propria “emergenza immigrazione”, abbiamo incontrato il direttore centrale Giuseppe De Matteis, a capo della Direzione centrale per la polizia  dell’immigrazione e delle frontiere.

«Innanzitutto, bisogna fare chiarezza su quale sia effettivamente la funzione di Lampedusa – inizia De Matteis – Si tratta di un hotspot e non di un centro di accoglienza, dunque non è un luogo in cui i migranti ricevono un’accoglienza permanente o quantomeno duratura. L’hotspot ha come fine quello di mettere in condizione le autorità italiane di effettuare uno screening tra le persone che arrivano. Ovviamente, in tempi di Covid si è aggiunta l’esigenza di fare anche un controllo sanitario, superato il quale, lo straniero che ha titolo entra nei confini nazionali a tutti gli effetti, altrimenti viene avviato nel

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11/10/2022