Maurizio de Giovanni
Urgente di Maurizio de Giovanni
Lo scrittore napoletano Maurizio de Giovanni ha fatto dono alla questura di Napoli di un racconto che abbiamo scelto di pubblicare per la sua bellezza e vicinanza ai valori della Polizia di Stato
Prego, accomodatevi. Scusate se vi ricevo in cucina, so che non si fa: ma è qui che ho il problema che ho. è qui, il motivo della mia chiamata.
Mi avete detto il vostro nome, ho buona memoria. In effetti credo che sia proprio questa la causa della mia difficoltà, la memoria che ho. Sovrintendente Russo e agente Vitale, ricordo bene? Siete stati gentili a venire subito, non ci speravo. Credevo, sinceramente, che non avreste fatto in tempo. Era questione di minuti, ormai.
Vi guardate attorno, lo capisco. Sembra una cucina come un’altra, in tutto e per tutto simile a quella che potete trovare in tutti gli appartamenti di questo condominio. Una casa della piccola borghesia, immagino che in una città come questa il vostro lavoro vi porti ad affrontare chissà quali posti, chissà quale gente. E io, lo voglio dire prima di tutto, ho il massimo rispetto per quello che fate e per come lo fate. Altrimenti nemmeno vi avrei chiamati, vi pare?
Si, vi ho chiamati io. Con quel telefono lì, lo vedete, quello sulla mensola. Non lo uso mai, avevo anche difficoltà a distinguere i numeri sulla tastiera, non ci vedo più tanto bene. Ho gli occhiali, sì che ce li ho, ma stanno di là, sulla scrivania. Non li ho mai portati qui in cucina, chissà perché.
Vi guardate attorno, e vi chiedete il perché. Il motivo di questa chiamata urgente, che pure vi dico essere qui in cucina, non lo vedete. Un po’ di pazienza e vi spiego. Credo di poter parlare con lei, vero? Una signora, il sovrintendente Russo. Non me lo aspettavo, il mondo cambia velocemente, confesso questo pregiudizio stupido, ma per fortuna adesso è così, voi donne siete così più intelligenti di noi, finalmente lo stanno capendo tutti.
Allora, io mi chiamo Francesco. Sono un pensionato, come vedete sono piuttosto anziano. Insegnavo, latino e greco in un liceo; le chiamano lingue morte, ma sono molto vive, in