Anacleto Flori e Roberto Donini

Senza Stradale che Giro è?

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Parole e immagini per raccontare tre settimane al seguito della scorta impegnata nel servizio di sicurezza del 105° Giro d’Italia

noslav 06-22

A ogni tornante il nastro bagnato dell’asfalto si restringe sempre più, quasi ingoiato da due ali di tifosi in attesa da ore. Poi finalmente, in fondo a una curva, sbuca una figura fasciata di rosa che sale agile, metro dopo metro, alzandosi sui pedali come stesse danzando. La folla lo vede, si scuote e al suo passaggio lo incita a gran voce battendo le mani, qualcuno più audace corre dietro la bici, percorre qualche metro poi cede di schianto sulle rampe sempre più ripide. Passa una manciata di minuti ed ecco apparire altre figure assai più ingobbite, le mani basse sui manubri, le bocche aperte e le spalle sempre più ondeggianti, come palmizi sferzati dal vento. I volti sono una maschera di fatica. Questo è il ciclismo, questo è il Giro d’Italia.

È vero che non ci sono più le strade bianche e polverose di una volta, né le vecchie e pesanti biciclette o i ciclisti con i tubolari intrecciati sulle spalle e le maglie di cotone pesante, buone per tutte le stagioni, eppure il fascino della corsa rosa è rimasto immutato dopo tutti questi anni. Come immutato è rimasto il legame strettissimo che unisce il Giro d’Italia alla Stradale. Con l’edizione del 2022 il Servizio di polizia stradale, diretto da Paolo Maria Pomponio, ha festeggiato le nozze di diamante con il Giro: ben 75 presenze nella corsa ciclistica più importante d’Italia; anche se già prima della fondazione della Specialità, avvenuta nel 1947, la Sezione motorizzata della questura di Milano garantì la sicurezza della 29^ edizione, quella del 1946, la prima dopo la guerra, che si disputò tra macerie e strade distrutte, segnando in qualche modo la voglia di rinascere del Paese. Ed è proprio da quella prima, lontanissima volta che ha preso il via un’altra storica tradizione: affidare il servizio di scorta solo ed esclusivamente al Compartimento di polizia stradale della Lombardia. Certo le vecchie, mitiche Moto Guzzi rosse sono state sostituite dalle nuove e potenti Yamaha, ma ancora oggi non c’è Giro se non c’è la Stradale a scortare i ciclisti lungo tutta la Penisola. Ventuno tappe percorse giorno dopo giorno e non importa se sotto il sole infuocato o la pioggia battente: gli “stradalini” sono stati comunque sempre sul pezzo, pronti a garantire la sicurezza alla carovana del Giro che, anche quest’anno, ha percorso oltre 3mila km attraversando l’Italia. A pensarci bene non sembra neanche vero di aver percorso tutta quella strada. Eppure eravamo tutti sul molo di Avola (SR) quando, dalle radio come sempre un po’ gracchianti, abbiamo ascoltato a bordo dell’Auto 1, quella del capo scorta, la fatidica sequenza di comandi pronunciata dal collega della Moto Jolly « Mano sulla chiave: uno, due, tre avviata. Prepararsi per il cavalletto: uno, due, tre giù. Per il motore: uno, due, tre pronto. Per il lampeggiante: uno, due, tre , via – Comandante la squadra di scorta al 105° Giro d’Italia è pronta, allineata e coperta e a sua disposizione». Quello è stato il segnale di partenza, l’accendersi della luce verde che ricordava a tutte le donne e gli uomini della Stradale, impegnati nella scorta, che da quel momento in poi sarebbero stati chiamati con le loro moto e le loro auto a macinare chilometri su chilometri, ad attraversare lunghe distese di campi e di boschi e poi ancora borghi e città del  Bel Paese, a specchiarsi nel blu del mare o ad accarezzare le cime dei monti fino a buttarsi in picchiata lungo le discese più ardite. Con un’ unica, fondamentale mission: garantire la sicurezza di tutta la Carovana. Non solo della maglia rosa o dei campioni più acclamati. Ogni ciclista, anche l’ultimo in classifica, deve avere il suo angelo custode, una moto della Stradale che gli aprirà la strada o gli coprirà le spalle. Nessuno deve essere lasciato indietro. È come se, con il proprio impegno quotidiano al Giro, la Stradale riuscisse a fondere e a mettere in pratica due degli slogan più amati della Polizia di Stato: “vicini alla gente” ed #essercisempre. Un impegno e una presenza salutati con grande affetto, tappa dopo tappa, dalle migliaia di persone assiepate lungo le strade in attesa del passaggio del Giro. Un Giro che domenica 29 maggio ha messo in scena il suo ultimo atto sul palco dell’Arena di Verona, con i festeggiamenti dell’australiano Jai Hindley che proprio sull’ultima salita, quella di Passo Fedaia, ha strappato la maglia rosa all’ecuadoriano Richard Carapaz. Ma Hindley non è stato l’unico vincitore. All’interno della Carovana ognuno, per quel che lo riguarda, ha un Giro da vincere. E oggi gli operatori della Stradale il loro personalissimo Giro lo hanno vinto, anzi stravinto. Con passione e professionalità hanno portato a termine il loro difficile compito, lo hanno fatto soprattutto con discrezione, quasi senza apparire, facendo sembrare facile quello che facile davvero non è. Ma non è ancora il momento di lasciarsi andare. Mentre lentamente l’Arena si svuota, l’ultima telecamera si spegne e gli addetti ai lavori iniziano a smontare il palco, gli uomini della scorta sono ancora lì con le loro moto. Li aspetta un’ultima fatica, un ultimo sforzo: rimettersi in formazione e tornare lì dove tutto ha avuto inizio, a Milano, da dove sono partiti alla volta di  Avola. Dalle radio mobili esce ancora, per un’ultima volta quest’anno, la solita voce che annuncia, con una punta di velata stanchezza: «Mano sulla chiave; uno, due, tre avviata…». Mentre cadono le prime ombre della sera, il lungo serpentone azzurro dei lampeggianti si muove lentamente rischiarando le strade di Verona. Hanno ancora tanta strada da fare, tanto tempo per ritornare con la mente alle (pochissime) sbavature commesse e alle (tantissime) situazioni brillantemente affrontate e risolte. Se è vero che squadra che vince non si cambia, allora ci piace pensare che l’anno prossimo saremo di nuovo tutti qui, pronti a ripartire ancora una volta. Il percorso sicuramente cambierà, ci saranno nuove tappe , altre città da attraversare e altre montagne da scalare, probabilmente al nastro di partenza ci saranno nuovi campioni, ma ciò che non potrà mancare lungo le strade d’Italia sarà l’inconfondibile bagliore azzurro che annuncia l’arrivo delle auto e delle moto della scorta. Come negli anni passati, come quest’anno, come sempre. Perché se non c’è la Stradale, che Giro è? 

 

14/06/2022