Annalisa Bucchieri
Nuove frontiere dell’essere
Perché la Mafia continua a uccidere, in maniera meno sanguinaria ma altrettanto feroce
Giovani che affermano il loro essere la negazione della mafia: Poliziamoderna ha scelto questa straordinaria immagine piena di speranza in copertina come espressione del Trentennale delle stragi di Capaci e Via d’Amelio a Palermo delle cui celebrazioni diamo anticipazione in questo numero. Ricordare le persone uccise da quelle tremende esplosioni e i valori per i quali hanno perso la vita significa considerare quanto sia importante oggi continuare la loro lotta agendo e pensando quotidianamente in maniera libera, democratica e quindi legale. Ed è fondamentale che lo facciano soprattutto i giovani, quelli che nel ’92 ancora non erano nati. Perché la Mafia continua a uccidere, in maniera meno sanguinaria ma altrettanto feroce. Uccide la possibilità di trovare lavoro, di costruirti una famiglia, di intraprendere il cammino che desideri. Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo sono tre poliziotti che hanno scelto di fare la scorta al giudice Falcone pur sapendo il pericolo al quale andavano incontro. Così come Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina erano consapevoli di scortare “un morto che cammina” cioè il giudice Borsellino. Lo hanno fatto perché Falcone e Borsellino sono stati i primi a portare Cosa nostra in tribunale, i primi ad avere il coraggio di processarla in una terra dove la parola “mafia” nessuno si azzardava a pronunciarla, come racconta nelle nostre pagine Lirio Abbate, il direttore de L’Espresso, allora ventenne cronista di nera a Palermo. Quei poliziotti lo hanno fatto per un mondo migliore da consegnare non solo ai loro figli ma anche ai ragazzi di tutta Italia. Non chiediamo ai giovani di indossare l’uniforme da poliziotto e neanche di compiere gesti eroici. Ma di non essere vigliacchi nei confronti dei propri sogni. Se riuscirannno a portare avanti la loro “energia pulita” nel domani, in quel domani la mafia avrà sempre meno ossigeno da respirare.
Altri bambini e altri ragazzi, quelli ucraini, vivono il dramma della fuga dal proprio Paese in fiamme. Abbiamo raccontato il flusso dei profughi attraverso gli occhi e il cuore, è il caso di dirlo, della Polizia dell’immigrazione e delle frontiere, in prima linea per garantire un ingresso veloce e un’accoglienza premurosa a mamme, figli e anziani partiti lasciandosi dietro tutto. La frontiera che l’Ue aveva reso un tratto più leggero di matita ritorna a essere quel solco che divide tra la vita e la morte. Che sia d’acqua o di terra. Ora lo stiamo capendo con grande dolore.