Roberta Martini*

Dal riso al Rosa

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Un’economia prospera e una storia ricca di valori caratterizzano Vercelli e il suo territorio dove la percezione della sicurezza è forte e radicata

quest 03-22

Dal riso al Rosa. Uno slogan fortunato disegna, non solo sulla carta geografica, l’intera provincia di Vercelli. La pianura e la montagna – con la loro storia, l’economia e le tradizioni – aiutano a raccontare il presente ma proiettano anche il territorio verso il futuro. Bisogna però fare un tuffo nel passato per scoprire i valori di questa terra, con le radici piantate nell’acqua delle risaie. Sono i monaci cistercensi, nel Medioevo, a portare nel Vercellese la coltura del riso. Vivono nell’abbazia del Principato di Lucedio, nel cuore delle Grange, un lembo di terra pianeggiante fra Trino e Crescentino. Il Principato, oggi azienda agricola biologica in parte di proprietà privata e in parte pubblica, è ancora aperto ai visitatori. E dall’alto del campanile dell’abbazia, la vista spazia a perdita d’occhio sulle risaie.

Il riso è ancora oggi il cuore dell’economia del territorio. Un simbolo di produzione tipica e curata, che in quest’ultima stagione di siccità lotta anche con la concorrenza del riso in arrivo dall’Asia. Meno pregiato, meno costoso. Al riso, per guardare al futuro, si lega anche una nuova forma di turismo che il territorio e l’Italia intera stanno scoprendo: il turismo lento, fatto di viaggi in bicicletta o in cammino, lungo le vie delle fede, della riscoperta dei canali, dei prodotti tipici e dei pranzi semplici. Vercelli, il capoluogo di provincia, è la capitale europea del riso. Ma si può raccontare anche attraverso storia e monumenti. È una città colta, che già nel 1200 intuisce l’importanza di avere un’Università: il Comune, che ha inviato due emissari a Padova per raccontare del suo Studium nascente e raccogliere proseliti, metterà subito a disposizione degli studenti alloggi, servizi e docenti. La moderna Upo, Università del Piemonte Orientale, divisa su più sedi e facoltà con Alessandria e Novara, nasce nel 1998. E tra i suoi professori oggi schiera un docente come Alessandro Barbero, che quando spiega la storia (anche fuori dall’aula) ha tanto pubblico quanto un cantante rock.

Alessandro Barbero è stato il testimonial di una delle ultime mostre organizzate nell’Arca in San Marco: un contenitore geometrico, moderno, nato all’interno di una ex chiesa medievale in centro città, grazie all’intuizione di un architetto torinese, Ferdinando Fagnola, e dell’allora assessore comunale alla cultura, Pier Giorgio Fossale. Arca, grazie prima agli accordi con la Fondazione Peggy Guggenheim e poi con il museo di San Pietroburgo, ha accolto sulle sue pareti opere di Kandinsky, Mirò, Pollock, Fontana, De Chirico, che hanno portato a Vercelli migliaia di appassionati d’arte. L’ultima esposizione è stata dedicata a Francesco Messina, tra i maggiori esponenti della scultura figurativa del Novecento, l’autore del grande cavallo morente davanti alla sede romana della Rai. Mentre Arca ospitava le mostre, la Scuola di restauro di Venaria ha riportato alla luce, negli anni, gli affreschi medievali della chiesa, coperti dalla vernice di chi ne

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09/03/2022