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Il controllo del territorio

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Evoluzione, uomini e tecnologie

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1. Introduzione
di Vincenzo Nicolì

Il controllo del territorio, che da sempre riveste un ruolo fondamentale nel mantenimento della pacifica convivenza dei cittadini, è un concetto in costante evoluzione in ragione delle istanze di sicurezza crescenti e diversificate provenienti dalla collettività.

Negli ultimi anni in particolare la necessaria attenzione rivolta alla percezione della sicurezza, a prescindere dai dati statistici sull’incidenza della criminalità, costituisce un punto fermo da cui partire per modulare le iniziative di tipo operativo. Anche la definizione di controllo del territorio va pertanto aggiornata, volgendo lo sguardo verso il complesso di iniziative che le forze di polizia devono adottare per prevenire le diverse forme di illegalità, lasciandosi alle spalle l’accezione meramente militare che per troppo tempo ha caratterizzato l’approccio al tema.

È evidente che nell’era della globalizzazione, nella quale le informazioni non hanno più il tempo di strutturarsi, risulta necessario affiancare le attività prettamente di polizia a interventi più orientati a mitigare il senso di minaccia globale di cui una comunità si sente vittima.

Questo scenario è poi ulteriormente aggravato, per quanto concerne l’Italia, dall’invecchiamento della popolazione e dal maggiore senso di insicurezza che colpisce le persone più anziane, per loro natura più vulnerabili.

Un controllo del territorio che tenga conto di queste evoluzioni deve essere innanzitutto “dinamico”, capace di adattarsi alle mutevoli situazioni, coniugando in una equilibrata sintesi il necessario ricorso alle tecnologie con l’umanità che caratterizza la missione di ciascun poliziotto.

Ecco quindi l’importanza di declinare, in modo sempre dinamico, i concetti di polizia di prossimità, sicurezza partecipata e integrata, nella consapevolezza di dover agire in un mondo in cui le forze di polizia non sono gli unici attori del settore in argomento. Un’ulteriore spinta a questo percorso di rinnovamento è venuta dalla rapida trasformazione dei fenomeni criminali, tanto che, negli Anni ’90, sono state ridisegnate le modalità di contrasto alle diverse forme di criminalità organizzata e ripensati, esaltandoli, i meccanismi di prevenzione e coordinamento dei servizi di polizia. Inoltre, il confronto sempre più frequente con situazioni di disagio individuale, che trovano una delle maggiori espressioni nel tema delle cosiddette violenze domestiche o di genere, ha permesso alla Polizia di sviluppare la consapevolezza di dover mettere in campo rinnovate, specifiche competenze nonché una particolare sensibilità, ritenendo inadeguate le metodologie adottate fino a qualche decennio addietro.

I piani coordinati di controllo del territorio, caratterizzati da un rinnovato spirito di collaborazione e coordinamento tra le diverse forze di polizia, perseguono l’obiettivo di ottimizzare le risorse, declinando, sul campo della quotidianità, alcuni dei principi fondamentali della l. 121/81. Il progressivo affermarsi di tali iniziative è peraltro connesso alla constatazione della inadeguatezza di formule esclusivamente repressive; pertanto le tecniche di controllo del territorio sono state rimodulate non solo ai fini di prevenzione ma anche di “informazione”, attesa la capacità del comparto di essere un formidabile sensore di ciò che accade sul territorio. Ecco che agli inizi del 2000 viene strutturato e definito il concetto di polizia di prossimità, quale insieme di strumenti capaci di intercettare le singole esigenze di cittadini e categorie, introducendo un nuovo stilema nel rapporto tra polizia e cittadino. Questo approccio innovativo, contrariamente a quanto sostenuto dai detrattori per il timore di una progressiva perdita di operatività, ha consentito di affinare le tecniche di interventi straordinari di controllo del territorio, le cosiddette operazioni ad alto impatto, con l’impiego di risorse e tecniche straordinarie per affrontare e risolvere contesti di alta densità criminale, capaci di incidere negativamente sulla percezione di sicurezza. È la stagione del pieno sviluppo dei Reparti prevenzione crimine, quale risorsa specializzata che consente alle Autorità provinciali di pubblica sicurezza di svolgere operazioni straordinarie senza distogliere le risorse destinate alla prevenzione generale e al pronto intervento.

Emerge quindi quel diritto alla sicurezza che rende il controllo del territorio uno strumento fondamentale non solo nel contrasto alla criminalità organizzata (si pensi alle operazioni straordinarie, alcune tuttora in corso) in aree come la Sicilia e la Calabria, ma anche alle manifestazioni riconducibili a forme di criminalità e/o illegalità diffusa. Si tratta di un percorso in divenire che oggi vede una nuova frontiera nella idea di un controllo del territorio capace di avvalersi proficuamente delle tecnologie e dei protocolli operativi in un’ottica di massima attenzione alla persona e al territorio, esaltando il concetto di soluzioni globali e problemi locali; è il cosiddetto approccio Glocal (GLObale e LOCale), attraverso il quale i moderni Stati cercano di contemperare le esigenze della modernità con quelle dell’umanità. È proprio in quest’ottica che si inseriscono iniziative come quella delle Uopi, di Mercurio extended, di Scudo, dei negoziatori. È su queste basi che si stanno anche studiando nuove sale operative e nuove dotazioni personali, capaci di combinare tutto nella consapevolezza e nell’orgoglio che noi poliziotti di territorio ci siamo sempre.

2. Operazioni ad alto impatto
Nell’attuale scenario dell’ordine e della pubblica sicurezza le operazioni ad “alto impatto” rivestono particolare rilevanza e il ricorso a tali modalità di contrasto mostra ulteriori margini di ascesa, attesa la peculiare capacità di coniugare, pur in realtà territoriali diverse, il conseguimento di elevati standard di prevenzione e repressione delle dinamiche delinquenziali con la crescita, incisiva e immediata, della percezione di sicurezza della cittadinanza, uno tra gli obiettivi prioritari per le forze di polizia. Inserite nel più generale ambito dei servizi di controllo territorio, svolgono un ruolo cardine nei servizi straordinari per il contrasto di specifici fenomeni. Le operazioni ad alto impatto rappresentano una qualificata e flessibile risorsa, facilmente pianificabile e adattabile ai molteplici contesti nazionali, a disposizione delle forze di polizia per scongiurare il rischio che pervasivi gruppi criminali, in particolar modo quelli di matrice organizzata, assumano il controllo di interi quartieri/aree, soventi ricadenti nelle città metropolitane, ovvero di interi comuni (con infiltrazioni anche nell’apparato statale) al fine di far proliferare le proprie attività di natura illecita. Delineato il perimetro concettuale delle operazioni ad alto impatto, si possono esaminare le fasi della pianificazione e della operatività, che rappresentano un paradigma di assoluta importanza per assicurare il proficuo successo, senza tralasciare la necessaria cornice di sicurezza. Il primo caposaldo imprescindibile nella pianificazione è costituito dalla corretta individuazione dell’area di intervento, da calibrare anche in proporzione alle risorse che si stima di poter impiegare; in tale prospettiva, fermo restando il prezioso, e ormai imprescindibile, supporto fornito da applicativi informatici, quali la georeferenziazione dei reati, appare, comunque, sempre necessario integrare i risultati acquisiti “a freddo” con le risultanze dell’attività informativa svolta dagli operatori di polizia che quotidianamente vivono le “realtà territoriali”. Non appare efficace svolgere operazioni ad alto impatto in interi quartieri di grandi realtà urbane o su comuni particolarmente estesi, pur se caratterizzati da elevati indici di delittuosità, essendo preferibile concentrare le risorse a disposizione su specifici complessi abitativi e luoghi di ritrovo. Altrettanto importante risulta l’individuazione delle forze da impiegare, che, oltre ai necessari reparti di rinforzo, è fondamentale che annoverino anche articolazioni specialistiche (cinofili, elicotteri, polizia stradale) in grado di supportare e valorizzare ulteriormente l’attività svolta. Al riguardo i Reparti prevenzione crimine si configurano quale componente imprescindibile in tali operazioni attesa la peculiare caratteristica di essere risorse massive a disposizione del dipartimento di pubblica sicurezza, addestrate a operare in moduli di almeno tre operatori e facilmente impiegabili, anche a fronte di un ridotto tempo di preavviso, sull’intero territorio nazionale in virtù della loro capillare distribuzione. Inoltre, in ogni occasione, in considerazione delle specifiche esigenze, dovrà essere valutata la possibilità di richiedere l’ausilio anche dei Vigili del Fuoco o delle FF.AA., per le specifiche competenze e la peculiarità dei mezzi e delle risorse a disposizione, nonché delle polizie locali sia per i compiti di viabilità sia per attivare le restanti articolazioni della struttura comunale. Un’adeguata individuazione dell’area di intervento e delle conseguenti forze da impiegare non potrà prescindere dalle necessarie interazioni, da sviluppare già nella fase embrionale della pianificazione, con le altre forze di polizia al fine di programmare attività sinergiche, prevenendo inutili e dannose sovrapposizioni. In tale prospettiva, caratterizzata da una simultanea azione delle forze di polizia, assume particolare rilievo, per la necessaria attività di coordinamento, il sistema della pubblica sicurezza, così come disegnato dalla legge 121/81 e dai successivi interventi normativi (tra l’altro si segnala il decreto del ministro dell’Interno del 30 aprile 2015), che attribuisce precise responsabilità e competenze a carico del prefetto e del questore, quali Autorità provinciali di pubblica sicurezza, nonché del Comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica per la scelta delle strategie da adottare sul territorio. Nella medesima prospettiva, laddove l’obiettivo da raggiungere esiga un’azione congiunta delle forze di polizia, ritenendo insufficiente un’attività isolata, il coordinamento si proporrà quale prezioso strumento di ausilio come specificamente disciplinato nella direttiva diramata con il decreto del 12 febbraio 2001 dal ministro dell’Interno. Appare evidente che qualora concorrano al servizio diverse forze di polizia, il “tavolo tecnico”, quale fondamentale cesura tra la fase di pianificazione e quella di esecuzione, assumerà particolare importanza. In tale contesto, al quale è auspicabile partecipino tutti gli attori del servizio, è necessario che, oltre all’esposizione delle modalità esecutive del servizio, siano recepiti i contribuiti per modulare in termini di efficienza l’iniziale pianificazione. In particolare dovranno essere suddivise chiaramente le aree di competenza nonché definita puntualmente la catena di comando e di controllo delle operazioni. Il primo passo della fase esecutiva è un iniziale briefing a cura del responsabile del servizio, per illustrare agli operanti le modalità con cui dovranno essere svolte le attività. Nel caso in cui le unità coinvolte siano particolarmente numerose, potrebbe essere opportuno ricorrere a una informazione “a cascata” attraverso i responsabili di ciascuna aliquota di personale. Nel corso del briefing il Responsabile del servizio avrà cura di verificare che il personale sia correttamente orientato sui compiti da svolgere e sulle finalità del servizio ma anche che sia dotato del necessario equipaggiamento. Nella fase prettamente “operativa” le modalità andranno modulate in funzione dello scenario di operazioni. In ogni caso è importante prevedere sempre una adeguata “cinturazione” (sovente affidata ai Reparti prevenzione crimine per la particolare duttilità nell’impiego e il cospicuo numero di operatori) e procedere, anche nell’attività di bonifica o controllo degli obiettivi, secondo criteri predefiniti. A tal riguardo, l’efficacia dell’operazione svolta potrà essere valutata in termini non solo quantitativi, ad esempio sulla base del “numero” di fatti criminogeni perseguiti, bensì in una prospettiva a 360° proiettata al concetto di sicurezza percepita, vera stella polare dell’azione delle forze di polizia. In conclusione, le “operazioni alto impatto”, perfetta sintesi delle molteplici funzioni quotidianamente svolte dalle forze di polizia, rappresentano uno straordinario strumento capace di fornire il massimo risalto al quotidiano impegno profuso dagli operatori di polizia, protagonisti di azioni al servizio della collettività, anche se talvolta privi di visibilità mediatica. Solo a titolo esemplificativo, sono in corso quotidianamente con l’impiego dei Reparti prevenzione crimine operazioni “Alto Impatto” nelle province di: Roma, Foggia, Bari, Napoli, Caserta, diverse province siciliane e calabresi con l’impiego medio giornaliero di 137 equipaggi e con più di 400 operatori coinvolti. 

3. Gestione di eventi critici complessi
Ogni poliziotto che abbia svolto attività di pattugliamento su strada è consapevole che una delle incognite maggiori è rappresentata dall’imprevedibilità. Infatti, come sanno perfettamente tutti gli operatori di polizia, ciò che è più facile prevedere è proprio l’imprevedibilità che caratterizza ogni turno di servizio.

In assenza di una definizione normativa di “evento critico complesso”, si può, tuttavia, provare a delinearne meglio i contorni, partendo da un’idea di scenario critico complesso inteso come contesto nel quale l’insieme delle azioni poste in essere da uno o più soggetti rendono inefficaci le normali procedure di polizia.

La complessità dello scenario è da porre in relazione ad una collocazione geografica ed urbanistica nella quale la concentrazione dei flussi di persone e veicoli è tale da imporre una attenta analisi della criticità volta a bilanciare fattori di rischio e risoluzione del problema.

Nella gestione operativa di un “evento critico complesso”, per il quale non è sufficiente adottare le procedure ordinarie di intervento, occorre tener conto di alcuni fattori che possono risultare determinanti. Preliminarmente va considerata la minaccia e le modalità in cui essa si presenta, così come il numero di persone coinvolte, elemento questo che determina esponenzialmente il livello della criticità in corso. Allo stesso modo si deve considerare l’area in cui l’evento si manifesta (si pensi ad esempio alla pertinenza con obiettivi sensibili o strutture come scuole, ospedali al cui interno potrebbero essere presenti numerose persone).

Un’altra variabile è rappresentata dal numero di operatori delle forze dell’ordine e di addetti ai soccorsi che intervengono nella gestione di un evento ad alta criticità. In ultimo, ma non in termini di importanza, attenzione massima va posta al traffico veicolare e antropico, che potrebbe rendere necessario attuare una “cinturazione” e interdizione all’accesso di curiosi o di altri elementi di disturbo nell’area interessata, prevedendo corridoi di emergenza e zone sterili per le differenti attività di polizia e di soccorso. Il compito di dare una risposta operativa al verificarsi di un “evento critico complesso” ricade primariamente sull’articolazione della questura deputata ad assicurare, in generale, il servizio di pronto intervento a tutela della cittadinanza, l’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico, che, attraverso l’azione degli equipaggi delle volanti presenti su strada senza soluzione di continuità, garantisce, mediante il coordinamento radio attuato dalla centrale operativa, una risposta alle segnalazioni che pervengono al numero di emergenza (113 o, ove presente, 112 Nue).

In termini di risorse, quindi, la Sala Operativa si avvale delle pattuglie delle volanti, potendo sempre contare su tutte le altre “forze in campo” espresse dal comparto “controllo del territorio”. Spostando lo sguardo dalle volanti alle altre articolazioni operative della Polizia di Stato che quotidianamente operano per dare risposta in scenari di crisi particolarmente strutturati, troviamo i Nuclei operativi e le Unità operative di primo intervento incardinati nei Reparti prevenzione crimine. 

Si tratta di personale che riceve una formazione professionale specifica e svolge un addestramento continuo che passa anche attraverso la simulazione di scenari operativi straordinari, individuati sulla base dello studio dei più diversi fenomeni caratterizzati da criticità e complessità.

I 21 Reparti prevenzione crimine, istituiti nel 1996, dipendono gerarchicamente dal Servizio controllo del territorio dalla Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato e si caratterizzano, in quanto nuclei addestrati e specializzati nell’effettuare controlli preventivi a persone e veicoli sospetti, per essere dislocati in modo da soddisfare l’esigenza di opporre contrasto a fenomenologie criminali d’alto profilo, costituendo, altresì, una forza di intervento rapida capace di muoversi su tutto lo scacchiere nazionale, per dare pronta risposta ad ogni situazione che richieda il rafforzamento del presidio del territorio in occasione di eventi che turbino o possano turbare l’incolumità e la sicurezza pubblica. Il loro impiego è disposto dal capo della Polizia di concerto con i questori delle provincie tramite il Servizio controllo del territorio. Le Unità operative di primo intervento, attualmente incardinate presso 13 Reparti prevenzione crimine, sono state istituite nel 2015 a seguito degli attentati terroristici in Francia ed in altri paesi europei, con lo scopo di poter contare su operatori equipaggiati ed addestrati a fronteggiare situazioni di massima criticità, di valenza territoriale, tra cui attacchi terroristici o fatti violenti commessi con l’impiego di armi o con presa di ostaggi in cui si renda necessario l’intervento di personale specializzato. Che queste Unità operative costituiscono uno strumento formidabile di pronto impiego cui far ricorso qualora l’ordine e la sicurezza pubblica sia mes

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14/01/2022