Antonella Fabiani e Roberto Tesorino Ferola*

Il valore della prevenzione

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Gli strumenti per contrastare il fenomeno della violenza di genere attraverso il lavoro della Direzione centrale anticrimine

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Molte di loro non ci sono più. Molte di loro hanno conosciuto la paura e l’angoscia di essere picchiate, violentate, offese o nel migliore dei casi molestate o stalkerizzate, molte di loro hanno provato ad aspettare il momento che tutto cambiasse e il loro compagno o marito tornasse ad essere l’uomo amorevole che avevano incontrato, ma inutilmente. È da poco trascorsa la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre), un appuntamento fondamentale per ribadire i diritti delle donne, il no alla violenza, e occasione per un confronto tra le diverse istituzioni che agiscono per cambiare gli aspetti di una cultura patriarcale ancora radicata nella nostra società. Anche la Polizia di Stato mette in campo da diversi anni molte energie e misure per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza di genere e soprattutto sul fenomeno del femminicidio. 

Sono 89 al giorno, infatti, le donne vittime di reati di genere in Italia secondo le segnalazioni raccolte dalle Divisioni anticrimine delle questure e nel 62% dei casi si tratta di maltrattamenti in famiglia. Il tasso più alto di donne che si rivolgono alle Forze dell’ordine per le richieste di ammonimento si registra nelle regioni del Sud, in particolare in Sicilia. Mentre, grazie alle iniziative già realizzate dalla Polizia di Stato sul campo della prevenzione è stato possibile registrare una leggera diminuzione dell’andamento degli omicidi di donne rispetto agli omicidi in genere: se nel periodo gennaio-agosto 2020 le donne vittime di femminicidio erano il 48% di tutte quelle uccise, nell’analogo periodo del 2021 l’indice scende al 41%. Nel 72% dei casi l’autore è il marito o l’ex marito, in 1 caso su 2 ha usato un’arma da taglio e il 70% delle vittime erano italiane. Purtroppo sale il dato delle donne che lasciano figli piccoli: nel gennaio-agosto 2020 era del 25%, mentre nell’analogo periodo del 2021 del 31% (è del 40% se si considerano gli omicidi commessi fino a novembre).

Dati raccolti durante le diverse fasi del progetto “…Questo non è amore”, campagna nazionale promossa dalla Direzione centrale anticrimine che porta avanti costantemente con forza l’azione di prevenzione e di informazione: «L’importanza dell’attività di prevenzione nel contrasto alla violenza di genere è indiscutibile – osserva il prefetto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine – su questo percorso l’ammonimento del questore e la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza costituiscono misure determinanti ai fini della efficacia e dell’incisività dell’azione di contrasto. Intervenire nel momento in cui il comportamento del maltrattante non ha ancora integrato a tutti gli effetti una fattispecie di reato può fare la differenza. Si agisce sul sintomo e si anticipa la soglia di intervento». 

Su questa strada il recente convegno “... Questo non è amore” 2021 svoltosi il 23 novembre Catania, nel teatro Massimo Bellini, organizzato dalla Direzione centrale anticrimine è stato l’occasione per mettere al centro della discussione questo tema per elaborare strumenti di prevenzione sempre più efficaci: «È da momenti di riflessione come questi che possono nascere idee e contributi, fondamentali ai fini dell’efficace contenimento del fenomeno – commenta il prefetto Messina – Occorre saper lavorare in rete. Occorre muoversi in squadra per poter stroncare un fenomeno drammatico, non più emergenziale. L’esperienza insegna che, per salvare vite, è necessario il coinvolgimento organizzato e coordinato di tutti i soggetti competenti alla trattazione della materia della violenza di genere». 

Puntare sulla prevenzione significa mettere in atto una serie di strumenti che consentano alle donne vittime o a qualsiasi vittima di poter raccontare le violenze psicologiche o fisiche che sta subendo. Significa dare la speranza di una via di uscita e di poter intervenire prima che sia troppo tardi, prima che si compiano femminicidi o addirittura stragi di intere famiglie, come dimostrano spesso le prime pagine dei quotidiani. Per questo la Polizia di Stato ormai da anni ha messo in campo progetti e strumenti che sensibilizzino l’opinione pubblica su un fenomeno ancora vivo nel tessuto sociale, e soprattutto diano alle donne il coraggio di uscire dal loro silenzio di vittime. Un lavoro che spetta in primis alla Direzione centrale anticrimine che coordina a livello nazionale il progetto Camper, con cui squadre composte da funzionari di polizia, medici, psicologi, rappresentanti di centri antiviolenza e ad altre istituzioni e associazioni impegnate su questi temi, nelle piazze italiane mettono a disposizione le proprie competenze per aiutare le donne a sentirsi meno sole e a liberarsi di violenze e sopraffazioni, a volte nascoste e vissute il solitudine. Una modalità che consente soprattutto a donne che vivono in piccoli centri di poter avere un contatto, con operatori di polizia e persone competenti, altrimenti difficile.

Misure importanti che devono fare i conti con una realtà che continua a proporre stragi come quelle recenti di Sassuolo, in cui un uomo ha ucciso la ex, i figli e la suocera, e di un femminicidio nel modenese. Delitti, si sarebbe portati a pensare, maturati all’interno di nuclei familiari rimasti isolati durante il periodo dell’emergenza della pandemia: «Non v’è dubbio che la forzata vicinanza tra conviventi – commenta Messina –, conseguente all’adozione di misure drastiche di contenimento degli spostamenti a causa dell’emergenza da Covid19, può aver in qualche modo contribuito a esasperare ulteriormente situazioni già di per sé critiche, portandole alla luce. Tuttavia, ritengo che tali situazioni sensibili siano state solo aggravate dalle circostanze: la loro reale causa va cercata nella scelta del maltrattante di essere violento».

Maltrattante a cui si offre la possibilità di prendere coscienza della propria violenza, di elaborarla e abbandonarla. Infatti, una volta applicato l’ammonimento il questore può offrire agli uomini che non abbiamo ancora compiuto atti di violenza che siano sfociati in un reato più grave, la possibilità di accettare un percorso di recupero previsto dal Protocollo Zeus, per uscire dal ciclo della violenza e poter gestire la propria rabbia scongiurando il pericolo della recidiva. Uno sguardo ai dati rivela l’efficacia di questo strumento in senso preventivo: il numero più alto di ammonimenti per atti persecutori si registra al Sud nel nostro Paese, mentre quello per violenza domestica,  nelle regioni del Nord Italia. Aumenta di poco il numero delle recidive nei casi di violenza domestica: i soggetti denunciati successivamente all’irrogazione dell’ammonimento passano dal 7% al 9%; diminuiscono sensibilmente invece le recidive per atti persecutori: dall’11% al 6%. Nel 49% dei casi i soggetti ammoniti, sia per stalking che per violenza domestica, vivono o hanno vissuto con la vittima.

Se per i casi gravi c’è il numero di emergenza 112 (Nue) o 113 attivi 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno, la Polizia di Stato, adeguandosi a una società sempre più tecnologicizzata, ha esteso la possibilità di inviare la segnalazione di una violenza domestica tramite l’App YouPol, aggiornata nel periodo del lockdown ed estesa ai reati di violenza tra le mura domestiche che ha accolto oltre 1.000 richieste. «Il contributo dato da YouPol all’emersione di alcuni comportamenti, prima compresi nell’area del cosiddetto numero oscuro è incoraggiante – prosegue il prefetto della Dac – Peraltro, nell’ultimo periodo è stata rilasciata una versione aggiornata dell’applicazione, rinnovata sia graficamente sia nei contenuti, con l’introduzione di ulteriori funzionalità per esaltarne i profili di carattere operativo e valorizzarne la funzione di «prossimità digitale».

Accanto a YouPol ci sono altre iniziative e progetti sempre tesi a far sentire alle donne o a chi è vittima di violenza che la Polizia di Stato è vicina e pronta ad ascoltarli come #sicurezzaVera, il protocollo d’intesa tra la Direzione centrale anticrimine con il Gruppo donne imprenditrici della Fipe-Confcommercio (Federazione italiana pubblici esercizi). Una campagna che dallo scorso luglio si è sviluppata a partire da cinque città: Pisa, Matera, Latina, Rimini, Gorizia, e che dal mese di settembre si è estesa ad altre 10 : Lucca, Vercelli, Padova, Novara, La Spezia, Agrigento, Messina, Olbia (Sassari), Livorno, Venezia. «L’accordo – spiega il prefetto Messina – vuole promuovere iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione, a livello territoriale, idonee a diffondere la conoscenza e l’approfondimento delle tematiche afferenti alla violenza basata sul genere ed agli strumenti di tutela delle vittime, comprese le misure di prevenzione del questore e i dispositivi di pronto intervento adottati dalla Polizia di Stato».

Prosegue in modo efficace anche l’applicativo Scudo che integra i sistemi operativi multimediali e informativi già in uso alle forze di polizia, consentendo di evidenziare i precedenti interventi per lite, o violenza, sia quelli rientranti nel cosiddetto “codice rosso” sia quelli che, seppur non caratterizzati da particolari gravità o aggressività, come ad esempio le liti verbali, attraverso una condotta abituale potrebbero assumere, in futuro, rilievo penale, come atti persecutori o maltrattamenti ai danni di familiari o conviventi. Un programma in costante sviluppo per adeguarsi alle esigenze degli operatori e per migliorare la protezione delle vittime: al 21 novembre 2021, la Polizia di Stato ha già inserito 49.637 schede nel sistema, a cui vanno aggiunte quelle inserite dalle altre forze di polizia. Dati che una volta immagazzinati rappresentano un utile strumento anche per le Squadre mobili e le Divisioni anticrimine, quale fonte di informazioni per lo svolgimento delle relative attività di prevenzione e contrasto della violenza domestica e/o di genere. «Il progetto sta dando ottimi risultati – prosegue il direttore della Direzione centrale anticrimine – a partire dall’8 marzo, dopo una proficua sperimentazione operativa sul territorio, le forze di polizia utilizzano quest’applicativo per supportare le attività di “pronto intervento” per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni connessi alle violenze domestiche o di genere».

Risaltano tra i casi di violenza a danno di giovani donne quelli commessi all’interno di nuclei famigliari appartenenti a nazionalità straniere come, per riportare un esempio, il caso di Saman Abbas, la ragazza pakistana scomparsa da Novellara (RE) lo scorso 30 aprile e probabilmente uccisa dai parenti per essersi rifiutata di accettare un matrimonio combinato: «Il fenomeno dei “matrimoni forzati” e dei “matrimoni precoci” assume rilievo penale non solo in relazione al nuovo reato introdotta dalla legge sul “codice rosso” (art. 588 bis cp – Costrizione o induzione al matrimonio), ma anche in relazione ad altre tipologie di delitto, quali gli atti sessuali con minorenne, la sottrazione di minore, il sequestro di persona, la tratta di esseri umani e la violenza privata. Su questo fenomeno ho recentemente emanato tre diverse circolari ai questori, fornendo loro precise indicazioni operative su come affrontare il fenomeno della violenza contro vittime “vulnerabili”, in chiave preventiva e repressiva, e in una di queste è stata affrontata specificamente il problema, sensibilizzando le questure a valutare con attenzione quelle situazioni di particolare vulnerabilità (psicologica, economica, ecc.) che potrebbero portare una persona a essere costretta o indotta al matrimonio, oppure quelle situazioni connesse a fattori culturali e/o religiosi in cui possono maturare questi tipi di reato». ϖ

*vice questore aggiunto - Ufficio affari generali della  Direzione centrale anticrimine

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Storia di un maltrattante  
Pablo è un cinquantenne colombiano, immigrato in Italia da oltre 20 anni. Nel 2019, la sua compa gna lo lascia e intraprende una relazione con un altro uomo. In Pablo, che fino a quel momento era stato un cittadino modello, con un buon lavoro di caporeparto in una fabbrica della zona, qualcosa “si rompe”, e inizia a tempestare la ex compagna di chiamate, di messaggi anche con insulti e minacce, le lascia fiori e biglietti, si apposta sotto casa sua per controllarla e in una occasione le si avvicina e l’afferra per i polsi, supplicandola di tornare con lui. La donna, preoccupata dalla situazione che la privava della libertà personale e la metteva in pericolo, presenta istanza di ammonimento per stalking, che, alla luce delle abbondanti prove raccolte, viene rapidamente accolta. 

Quando ho convocato Pablo in Ufficio per l’Ammonimento del questore, vista l’aggressività che aveva manifestato e la mole di prove raccolte, mi aspettavo di avere a che fare con il classico stalker litigioso e sprezzante. L’approccio è stato formale, ma dopo po’ ha iniziato a piangere e non la smetteva più. Quando gli ho spiegato che avrebbe dovuto intraprendere un percorso con una persona che lo avrebbe ascoltato e aiutato a risolvere il suo problema, mi ha chiesto se poteva iniziare immediatamente appena uscito dalla questura. Pablo non aveva mai avuto la possibilità di accedere a un aiuto qualificato, e l’offerta di un percorso simile era qualcosa che non si aspettava e non si sarebbe fatto sfuggire. È stata necessaria qualche settimana: Pablo ha seguito il percorso partecipando a tutti gli incontri e ha cessato ogni azione persecutoria.

Lui stesso ci ha chiamato per dirci che si è messo alle spalle quella brutta situazione. 

Tratto dalla brochure “... Questo non è amore” 2021
a cura della Direzione centrale anticrimine

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Storia di una donna maltrattata 
Silvia è da poco maggiorenne, ma ha già vissuto momenti che non possono essere dimenticati. Una sera si avvicina a una pattuglia della polizia stradale, si rivolge ai poliziotti piangendo per rivelare un orrore che in quel momento racconta come fatto unico, acuto, da parte del suo compagno. È visibilmente insicura e preoccupata e ha paura che lui possa vederli e invita gli agenti a parlarle di nascosto. La ragazza dice subito di non aver mai raccontato a nessuno ciò di cui è vittima, vuole aiuto ma non ha il coraggio di denunciare il compagno perché teme le sue rappresaglie e perché, nonostante la gravità di quello che sta accadendo, intende ancora proteggerlo. Interviene la Squadra Mobile, ma la ferma rinuncia della vittima a sporgere denuncia impedisce ai poliziotti di percorrere la strada penale. Resta quella offerta dalla Divisione anticrimine. La chiamo, le offro il supporto di una psicologa in servizio in questura. Silvia si presenta, sembra una bambina, piange, nessuno direbbe che ha 18 anni, non fa altro che puntualizzare che racconterà ma non firmerà nulla. A noi questo basta, e infatti nella Sala di ascolto diventa un fiume in piena. Botte, un aborto, condotte feroci, svilimento della sua persona da ogni punto di vista; lui altrettanto giovane è già con un trascorso penale importante. Silvia è entrata all’Anticrimine decine di volte, ha stabilito un dialogo speciale con un operatore dell’Ufficio minori e vittime vulnerabili, si è convinta per il proprio bene e per quello del suo compagno, che lui deve essere allontanato, perché le cose tra loro stavano pericolosamente peggiorando, capisce che è in pericolo di vita. 

E mentre la Squadra mobile ottiene nel giro di pochi giorni una ordinanza di custodia cautelare e una condanna ad una pena severa, il Questore, tramite la Divisione anticrimine, grazie alla introduzione normativa del c.d. “codice rosso”, propone la sorveglianza speciale che viene irrogata dal Tribunale di Torino con prescrizioni molto rigorose. Silvia ci viene a trovare spesso, si rende conto di essere rinata e che se non si fosse fidata di noi vivrebbe ancora quell’incubo.

Tratto dalla brochure “... Questo non è amore” 2021 

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Per non dimenticare sara
C’è una storia terribile, atroce,  che nessun genitore vorrebbe accadesse alla propria figlia e che nessun lettore vorrebbe sapere sia accaduta. La storia di Sara Pietrantonio, la ragazza di 22 anni uccisa e poi bruciata dall’ex ragazzo, Vincenzo Paduano, è la storia di un femminicidio. Un amore malato, morboso da cui aveva deciso di fuggire. A questa vicenda il programma Ossi di Seppia. Quello che ricordiamo, un programma prodotto da 42° Parallelo dedicato agli eventi che hanno segnato la storia del nostro Paese su RaiPlay, ha dedicato l’ottava puntata. A ripercorrere e ricostruire la vicenda di Sara, Maurizia Quattrone, vice questore aggiunto della Polizia di Stato, all’epoca in forza alla Squadra mobile di Roma, accorsa sul luogo del delitto nella notte fra il 28 e il 29 maggio 2016, nel quartiere della Magliana a Roma. La storia di Sara è la storia di una ragazza che inizia una storia d’amore con un ragazzo che la umilia e la isola, la perseguita fino a premeditare la sua uccisione.  Paduano è stato condannato all’ergastolo. Accanto alla testimonianza di Maurizia Quattrone anche quella della mamma di Sara che spera che la sentenza di condanna serva ad altre donne e le aiuti a saper riconoscere i segnali della violenza che tutto distrugge. 

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Partire dalla formazione 
Investire sulla prevenzione significa dare un ruolo importante anche alla formazione. La parte finale della brochure “… Questo non è amore” 2021 riporta l’invito a combattere la violenza di genere anche partendo dalle scuole di polizia. Un invito scritto con calore e passione da Gianpaolo Trevisi, direttore della Scuola allievi agenti di Peschiera del Garda che, raggiunto al telefono, ribadisce quanto sia importante oltre allo studio delle materie previste su questo specifico tema come la vittimologia e il “codice rosso” (legge 694/2019) insegnare ai futuri operatori di polizia a condividere il dolore delle vittime “perché se condiviso forse, il dolore si dimezza”: «Tempo fa abbiamo ospitato alla scuola una ragazza vittima di stalking – racconta Trevisi – la sua esperienza ha colpito molto gli allievi. Sicuramente il fatto di avere la stessa età li ha resi più disponibili a mettersi nei suoi panni e questa testimonianza ha creato in loro un livello di empatia maggiore verso tutte le vittime». 

Gianpaolo Trevisi, ricordiamo, è anche uno scrittore e al convegno a Catania ”… Questo non è amore” ha letto alcuni brani tratti dal suo libro L’amore che non è. Ci saranno giorni nuovi, di mille colori diversi: «I miei racconti parlano di donne che hanno subito violenza e io sono un poliziotto uomo che cerca di mettersi nei loro panni. In questo senso i libri mi offrono la possibilità di andare nelle scuole medie e di parlare di questo fenomeno ai ragazzi e soprattutto alle ragazzine che devono imparare a riconoscere i segnali di un amore malato». 

 

16/12/2021