Gabriella Lo Feudo*
Cosa c’è in un bel piatto di spaghetti al sugo?
Continuiamo il nostro viaggio tra i prodotti per i quali, a livello nazionale, è prevista l’indicazione dell’origine delle materie prime in etichetta. Come pasta e pomodoro, sempre presenti sulla tavola degli italiani
Almeno fin o al 31 dicembre 2021, e solo sul territorio nazionale, riso, pasta e sfarinati, conserve di pomodoro, alimenti di largo consumo per gli italiani, continuereanno a presentare in etichetta l’origine delle materie prime impiegate. Ciò che accadrà nel 2022 non è ancora ben definito, anche se si suppone e si spera che le aziende italiane continueranno, per il mercato interno, a indicarla. Conoscere l’origine di un alimento vuol dire avere consapevolezza delle materie prime utilizzate e individuare, nel dettaglio, le caratteristiche dell’alimento che andiamo ad acquistare. L’origine di un prodotto ci orienta non solo a scegliere quelli legati al nostro territorio e alla nostra tradizione, ma ci consente di capire le pratiche agricole applicate, i concimi, i pesticidi e gli erbicidi utilizzati. Ben noto è l’uso del glifosato nei grani canadesi e non solo. Un’indagine comparativa effettuata dalla rivista Il Salvagente, nel novembre del 2020, ha evidenziato la presenza di tracce di questo erbicida in 7 marchi di spaghetti, di cui 6 che usano grano di provenienza extraeuropea.
Pasta e sfarinati: da dove proviene il grano?
Sull’indicazione dell’origine del grano duro, destinato alla preparazione di paste di semola, il decreto interministeriale del 26 Luglio 2017, prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia debbano obbligatoriamente contenere le seguenti informazioni: il Paese di coltivazione del grano e quello di molitura, con l’indicazione del luogo in cui questo è stato macinato.Se queste fasi avvengono in Paesi diversi, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi Ue, se l’origine della materia prima è esclusivamente europea; Paesi non Ue se il grano proviene da Paesi extraeuropei; Paesi Ue e non Ue se la provenienza della materia prima è mista. Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Origine Italia e altri Paesi Ue e/o non Ue”. Se tutte le lavorazioni avvengono in uno stesso Stato allora si potrà indicare che l’origine è effettivamente afferente a quello Stato. Se la coltivazione e la molitura avvengono in Italia, ad esempio, si potrà scrivere in etichetta “Origine: Italia”.
Il riso
Sull’indicazione dell’origine del riso il decreto ministeriale del 26 Luglio 2017 prevede che siano indicati:
Paese di coltivazione del riso.
Paese di lavorazione.
Paese di confezionamento.
Se le tre fasi avvengono nello stesso Paese, ad esempio l’Italia, è possibile utilizzare la dicitura “Origine del riso: Italia”. Se, invece, avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi Ue, Paesi Non Ue.
Pomodori e conserve
Sull’indicazione dell’origine dei derivati del pomodoro il decreto ministeriale del 16 novembre 2017 stabilisce che le confezioni di conserve di pomodori (pelati interi e non interi, non pelati e concentrati ad esclusione della passata che è già definita dal decreto 23 settembre 2005), sughi e salse pronte prodotti in Italia, tutte classificate nell’art.24 della legge n.154 del 28 luglio 2016, debbano obbligatoriamente recare in etichetta le seguenti diciture:
Paese di coltivazione del pomodoro.
Paese di trasformazione del pomodoro.
Come per la pasta e per il riso, se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi Ue, Paesi non Ue. Se tutte le operazioni avvengono ad esempio nel nostro Paese, si può utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”. Ovviamente tutte le diciture dovranno essere apposte in maniera evidente, indelebile e con le dimensioni adeguate e previste dal Reg. 1169 /2011.
*biologa e collaboratore tecnico del Centro di ricerca olivicoltura frutticoltura agrumicoltura
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La farina, questa sconosciuta
In cucina bisogna sapere usare gli ingredienti che occorrono per preparare qualsiasi pietanza, anche la più semplice. Per cucinare piatti dove serve la farina, oltre a leggere l’origine della materia prima come finora detto, è importante conoscerne la forza per orientarne l’uso nella maniera più oculata. Le farine sono composte all’incirca dal 64-74% di amidi e dall’8-15% di proteine e la loro forza dipende proprio dalla quantità di proteine presenti che sono la glutenina e la gliadina. La prima forma un reticolo glutinico che intrappola gli amidi e i gas della fermentazione rendendo l’impasto elastico durante la lievitazione; la seconda lo rende estensibile e quindi facilmente lavorabile. Ogni farina ha una sua forza che viene indicata con il simbolo W: di solito si trova in alto, nella confezione di farina proprio dove è evidente il segno della chiusura dell’involucro. Accanto al simbolo si trova un numero che indica la forza della farina acquistata. Le farine che hanno una forza che oscilla tra 90-180 W sono dette deboli e possono essere utilizzate per preparazioni come la pasta frolla, i grissini e le cialde di ogni genere. Sono tutte preparazioni che non lievitano e dunque non hanno bisogno di sviluppare alcun reticolo capace di intrappolare l’aria.
Le farine con una forza pari a 180-240 W sono dette di media forza e sono adatte alla pasticceria e alla produzione di alcuni tipi di pane. Quando la forza delle farine aumenta, arrivando a valori tra 250-320 W, queste risultano idonee per tutti i tipi di pane, pizze e focacce. Le farine con forza pari a 320-380 W si usano per alimenti che necessitano di una abbondante lievitazione (come i panettoni o il babà napoletano).
Se non si riesce a trovare il simbolo W, attraverso l’etichetta nutrizionale si potrà capire la caratteristica della farina. Se troviamo una percentuale di proteine pari a 8-9% la forza oscillerà tra i 90 e i 180 W. Se le proteine presenti saranno intorno a 10-12%, la nostra farina avrà una forza pari a 180/240W. Il prodotto che presenterà un 13-14% di proteine evidenzierà una forza oscillante tra i 240 e i 320 W, mentre una presenza proteica pari al 14,5% oscillerà tra i 320 e i 380 W.