Chiara Distratis e Cristiano Morabito
Ragazzi d’oro
No, non svegliateci per dirci che è stato solo un sogno… Non diteci che quel che abbiamo vissuto sportivamente questa estate non è stato vero… Perché quella del 2021 è stata sicuramente, e senza possibilità di essere smentiti, l’estate in assoluto più vincente dello sport italiano. Tre mesi che ci hanno visti trionfare in Europa e nel Mondo quasi in tutte le competizioni disponibili, facendo dell’Italia un vero e proprio punto di riferimento per lo sport del nostro Pianeta. Successi a volte inaspettati ma frutto non solo della dura preparazione ma anche di gruppi che hanno reso alcune squadre dei baluardi insormontabili per i propri avversari e di singoli capaci di exploit unici. Così, dagli europei di calcio, passando per Wimbledon, fino ad arrivare ai due mesi olimpici e paralimpici, e allungandosi fino agli Europei di pallavolo e ai mondiali di ciclismo e addirittura agli Europei di cricket, il Tricolore ha svettato sui podi più alti e l’Inno di Mameli è stato sentito talmente tante volte da diventare quasi un tormentone estivo… soprattutto per i nostri avversari.
Un’estate, dunque, in cui il bianco, il rosso, il verde, e l’azzurro, l’hanno fatta da padroni, insieme a un altro colore, il cremisi, caratteristico dei Gruppi sportivi della Polizia di Stato: le Fiamme oro.
E proprio le “Fiamme” sono state le protagoniste assolute degli eventi sportivi principali del 2021: le Olimpiadi e Paralimpiadi di Tokyo. Gli atleti-poliziotti, mai così numerosi nella storia di queste due competizioni, sono stati capaci di portare a casa ben 45 medaglie complessive, segnando un record nella storia del Gruppo sportivo. «Se le Fiamme oro fossero una nazione – così ama sottolineare il presidente, Francesco Montini – alle Olimpiadi di Tokyo si sarebbero classificate al 17° posto del medagliere, sopra Nazioni (vere) come Spagna e Polonia» avendo portato a casa ben 20 medaglie sulle 40 conquistate dagli atleti italiani, di cui 5 del metallo più prezioso.
Una vera e propria “Estate italiana” (lasciateci prendere in prestito il titolo di una canzone che, tra maggio e settembre di quest’anno, è stata suonata più volte che per l’evento per cui era stata composta 21 anni fa) della quale porteremo per sempre con noi delle immagini: quella di Marcell Jacobs, che prima di tagliare davanti a tutti il traguardo dei 100 m guarda l’avversario alla sua destra rendendosi conto di essere il più veloce per poi finire la sua corsa tra le braccia del suo compagno di squadra, Gianmarco Tamberi, fresco vincitore dell’oro nel salto in alto, che lo aspetta alla fine della pista dello stadio olimpico di Tokyo; oppure quella di Bebe Vio, che viene sollevata di peso tra le lacrime dal suo preparatore fisico, Giuseppe Cerqua (foto in basso), dopo aver vinto la finale nel fioretto individuale, consapevoli entrambi di aver compiuto un vero e proprio miracolo, dopo che la schermitrice cremisi aveva rischiato di non partire per il Giappone a causa di una grave infezione; e ancora, il sorriso di Gregorio Paltrinieri, anche lui in dubbio fino all’ultimo per una mononucleosi salvo poi salire sul podio di due delle tre gare disputate; last, but not least il sorriso di due atleti paralimpici del nuoto, Stefano Raimondi e Carlotta Gilli, capaci di tenere al collo rispettivamente 7 e 5 medaglie di tutti e tre i metalli. Medaglie che non solo parlano di sport, ma che soprattutto raccontano storie, quelle degli atleti, frutto di vita, sacrifici, delusioni e, finalmente, tante tante vittorie.
E proprio queste vittorie hanno trovato la loro giusta celebrazione da parte delle massime cariche dello Stato. Attenzione: non una sterile “autocelebrazione”, ma un vero e proprio ringraziamento sentito per il lustro che questi atleti, dal primo all’ultimo, sono stati capaci di portare al nostro Paese: un messaggio da un’Italia che si sta rialzando e che sta, anche se con fatica, uscendo fuori dal momento difficile che l’ha segnata, così come tutto il Mondo, negli ultimi due anni. Primo appuntamento, per tutti i medagliati delle Fiamme oro, giovedì 23 settembre, al ministero dell’Interno, dove ad attenderli c’erano il ministro Luciana Lamorgese, il sottosegretario allo sport Valentina Vezzali e il capo della Polizia Lamberto Giannini.
Ed è proprio il prefetto Giannini a ringraziare per primo i suoi “poliziotti con la tuta”: «Voglio ringraziarvi per tutto quello che avete fatto e che ci ha resi orgogliosi. Ma vi ringrazio soprattutto per quello che fate e che dite: tutti voi in questo periodo avete avuto una forte esposizione mediatica e avete speso delle parole importantissime per comunicare dei valori giusti, dimostrandovi profondamente appartenenti alla polizia. Questi vostri successi sportivi sono un esempio, uno sprone per tanti ragazzi. Tra le attività delle Fiamme oro – ha proseguito il capo della Polizia – c’è quella di aprire palestre in situazioni territoriali dove ci sono delle difficoltà e disagio; vedere atleti così importanti che si prestano ad aiutare e parlano con i ragazzi, portando il loro esempio questo, vi rende ancora più campioni».
I ringraziamenti ai “ragazzi d’oro” (e non solo) delle Fiamme proseguono con chi ha fatto la storia del Gruppo sportivo e dello sport italiano, prima da atleta e poi come tecnico e coordinatore, oggi sottosegretario allo sport, Valentina Vezzali: «È stata una stagione eccezionale per lo sport italiano. Qui mi sento a casa perché per me la Polizia di Stato rappresenta la mia seconda famiglia e mi sento davvero onorata di farne parte, perché le Fiamme oro investono tantissimo nello sport di alto livello ma anche nello sviluppo dei settori giovanili, attraverso i quali possiamo allontanare i giovani dalla cattiva strada. Abbiamo 28 sezioni giovanili sparse in tutta Italia e ne saranno aperte altre. Avendo fatto parte delle Fiamme oro – prosegue Valentina Vezzali – ho capito perché vinciamo tanto: quando c’è un bel lavoro di squadra in sinergia i risultati non arrivano mai a caso. La mission delle Fiamme è un po’ la linea che voglio dare al mio mandato come sottosegretario, per far sì che l’Italia, oltre a essere nella top ten del medagliere olimpico dal 1996, riesca a scalzare quel quint’ultimo posto in Europa per il numero di praticanti sportivi».
Infine, è la padrona di casa, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, a voler ringraziare gli atleti cremisi reduci da Tokyo 2020: «È un onore avervi qui; senza la vostra bravura non ci sarebbe stato niente di tutto questo. Appartenere alle Fiamme oro vuol dire aver manifestato anche agli altri quelli che sono i principi propri dell’Istituzione cui fanno capo: andare avanti restando vicini agli altri, soprattutto del rispetto delle regole, della lealtà sia durante le competizioni che durante gli allenamenti. Questi per me sono principi fondamentali da seguire anche durante la vita quotidiana».
Dunque, appuntamento fra tre anni, dopo i Giochi olimpici di Parigi 2024, in una sala che, come ha detto il capo della Polizia Lamberto Giannini «Dovrà essere più spaziosa», per poter ospitare tutti i medagliati del Gruppo sportivo Fiamme oro.
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Passione&organizzazione
«Nell’ambiente paralimpico ci sono prarticamente nato, mio padre è stato uno dei fondatori dell’attività paralimpica – spiega Riccardo Vernole, coordinatore tecnico della nazionale italiana di nuoto paralimpico – per me, una volta laureato all’Isef, è stato del tutto naturale iniziare a lavorare con questi atleti». All’inizio è stato molto complicato, basti pensare solo alla difficoltà di accesso agli impianti sportivi, ma oggi di strada ne è stata fatta tanta.Nel 1990 Riccardo entra in polizia ma il suo tempo libero continua a dedicarlo all’allenamento dei suoi ragazzi: «Fino al 2016 ogni volta che partivo per le gare prendevo le ferie, non avrei mai pensato che le mie due passioni, la polizia e lo sport, un giorno si sarebbero unite. Invece, con l’ingresso degli atleti paralimpici nelle Fiamme oro, questo è stato possibile». Nel 2009 è stato chiamato a ricoprire l’incarico di coordinatore tecnico e con lui è iniziata una rivoluzione dell’organizzazione federale: «Abbiamo migliorato la qualità dei campionati, lavorato sulla formazione dei tecnici e degli ufficiali di gara e ora la nostra organizzazione è presa a modello da Nazioni che sono sempre state al vertice. I ragazzi sono lo spot migliore per il movimento – continua Vernole – loro sono un esempio, perché nonostante le difficoltà iniziali hanno affrontato un percorso attraverso lo sport che li ha portati ad essere vincenti a 360 gradi».
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Abruzzesi, gente tosta
Aquilano classe 1984, un metro e novanta per circa 100 kg, una carriera da prima linea nella massima serie del rugby italiano con la maglia Cremisi, Giuseppe Cerqua, per tutti solo “Peppe”, ha dedicato tutta la sua vita allo sport di alto livello. Una volta appesi gli scarpini al chiodo resta in ambiente sportivo, sempre con le Fiamme oro, come preparatore fisico della squadra di scherma paralimpica, grazie anche agli studi fatti: una laurea in Scienze motorie, con tesi proprio sullo sport paralimpico e “responsabile” della rinascita sportiva di Bebe Vio. A Tokyo era quel signore con la tuta bianca a bordo pedana che, dopo la vittoria in finale, ha preso in braccio Bebe Vio: «Ero talmente emozionato che, prima della finale mi tremavano le mani… mi sono dovuto controllare perché dovevo mettere a Bebe le protesi per gareggiare e ho pensato che, invece, avrei dovuto comunicarle sicurezza e vedere un uomo di 100 kg tremare per lei non sarebbe stato il massimo. Poi, l’esplosione di gioia per lei, così come tutti questi atleti fantastici e unici, dietro i quali ci sono altrettante storie uniche, fatte di sofferenze, ma anche di immense gioie e rivincite. Mi hanno insegnato tanto e stare con loro mi ha letteralmente cambiato la vita, facendomela guardare da un’altra prospettiva».
Abruzzesi, gente tosta, si diceva, ma…: «Quella in Giappone è stata un’esperienza a dir poco incredibile, certo non iniziata nel migliore dei modi: sono partito il giorno del primo compleanno di mia figlia e penso di aver pianto dal decollo a Fiumicino fino all’arrivo a Tokyo. Ma le continue videochiamate con le mie due figlie e mia moglie dall’Italia, a orari improbabili, sono state la mia carica giornaliera».