Cristiano Morabito e Chiara Distratis

I samurai cremisi

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È in partenza la spedizione delle Fiamme oro per Tokyo2020. Ne abbiamo parlato con la pluriolimpionica Valentina Vezzali, oggi sottosegretario allo Sport, che simbolicamente cede il testimone di alfiere degli Azzurri a Jessica Rossi e Bebe Vio

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Si sa, praticare uno sport ad alto livello significa inseguire una prestazione, migliorarsi di gara in gara e battere dei record. Ebbene, questo è anche lo spirito della regina di tutte le competizioni, quella alla quale tutti gli sportivi vorrebbero arrivare, il palcoscenico principale, il sogno di una vita: l’Olimpiade. Ma anche i Giochi olimpici sono in competizione tra di loro, edizione dopo edizione, per migliorarsi e battere i primati di quella precedente: maggior numero di spettatori, di Paesi partecipanti, di record mondiali battuti, ecc. Stavolta i Giochi della XXXII Olimpiade dell’era moderna un record lo hanno battuto ben prima di iniziare e con un anno di anticipo: saranno i primi della storia ad aver subito un rinvio e che, a causa di questo, si svolgeranno in un anno dispari! Spulciando tra le curiosità sui Giochi estivi, si scopre anche che al Paese del Sol Levante in precedenza erano state assegnate altre due edizioni: una regolarmente svoltasi nel 1964 e un’altra nel 1940, annullata e non rinviata a causa della Seconda guerra mondiale. Dunque, Tokyo ci riprova ed è inutile raccontarci che sarà un’Olimpiade come tutte le altre, perché subirà inevitabilmente l’impatto della pandemia, a iniziare dalla presenza contingentata di pubblico solamente nipponico e atleti che vivranno in una “bolla” mai come questa volta restrittiva e condizionante. Senza parlare del logo, mantenuto come “Tokyo 2020” soprattutto per ragioni economiche e di merchandising già prodotto da un anno, più che per dare un senso di continuità e normalità. 

Si parlava di record da battere e uno di questi, non meno importante, è quello della “squadra” di atleti cremisi che faranno parte della compagine italiana in Giappone (più di 70 al momento in cui andiamo in stampa). Ma le novità riguardanti le Fiamme oro a Tokyo non si fermano al numero delle presenze, perché il 23 luglio alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici e il 24 agosto all’inaugurazione delle Paralimpiadi, due atlete cremisi condivideranno il ruolo di alfiere alla testa della delegazione azzurra con in mano il Tricolore: Jessica Rossi e Beatrice “Bebe” Vio.

Per celebrare questo momento significante e unico, abbiamo intervistato chi per ultima degli atleti cremisi ha avuto l’onore di ricevere dalle mani del presidente della Repubblica la bandiera italiana e sfilare alla testa degli azzurri alle Olimpiadi di Londra 2012: Valentina Vezzali, pluriolimpionica delle Fiamme oro e oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport.

 

 

«Quando il presidente della Repubblica mi consegnò la bandiera ero emozionatissima e non riuscivo a trattenere le lacrime – confessa la campionessa olimpica – Sentivo la responsabilità di essere a capo di tutta la delegazione e di dover trasmettere con forza e determinazione un messaggio, che è quello di non mollare mai; è stato proprio questo che allora mi ha permesso, in extremis, di fare un piccolo miracolo e di creare un capolavoro sulla pedana, in un incontro in cui veniva messa in palio la medaglia di bronzo, ma che per me valeva più di un oro, perché era un messaggio che volevo lanciare non solo a tutti gli atleti azzurri, ma anche a tutto il mio Paese allora come oggi: non mollare mai!».

Si sta delineando la spedizione olimpica, della quale a oggi fanno parte oltre 70 atleti cremisi. Ancora una volta, i gruppi sportivi civili e militari dimostrano di essere la spina dorsale dello sport italiano.
Le Fiamme oro stanno lavorando benissimo e… lo so bene, dato che fino a qualche mese fa ero ancora con loro. E lo stanno facendo su molteplici fronti, non solo nell’alto livello, ma soprattutto nello sport “di base” attraverso le sezioni giovanili: un lavoro fondamentale, perché hanno una funzione importantissima anche in alcune zone particolari in cui sono state aperte (ad esempio Marcianise e Scampia), per tenere i ragazzi lontani dalla strada attraverso la pratica sportiva. Quello dei Gruppi sportivi della Polizia di Stato è un mondo strutturato bene e che, oltre ad annoverare tra le sue fila atleti vincenti e di livello assoluto, riesce a toccare a 360 gradi tematiche importanti che vanno dal sociale, alla prevenzione, all’educazione alla legalità e al rispetto delle regole. Un altro messaggio importante è stato quello dell’apertura delle sezioni paralimpiche nei vari gruppi sportivi che, in questo modo, sottolineano ancora di più la loro vocazione: rendere lo sport fruibile a tutti. Chi critica il sistema dei Gruppi sportivi militari e dei Corpi dello Stato, non ne comprende fino in fondo la valenza sportiva e sociale. Ad esempio, negli Stati Uniti, a livello scolastico, lo sport ha la stessa importanza di tutte le altre materie e, in alcuni casi, anche maggiore… Se sei bravo nello sport vai avanti all’università con una borsa di studio e riesci a portare avanti l’uno e l’altro. In Italia invece sono i Gruppi sportivi a garantire la continuità dello sport. 

A 100 giorni dalla sua nomina a sottosegretario con delega allo Sport, se la sente di fare un primo bilancio?
Sono arrivata in un momento difficile per il nostro Paese e di chiusura totale anche per il mondo dello sport. Il mio primo impegno, dunque, è stato quello di reperire più fondi possibili e inserirli nel decreto “Sostegni-bis” per il settore sportivo, che è stato uno dei maggiormente colpiti dalla crisi causata dalla pandemia. Da molte parti mi hanno rimproverata di non rispondere e di parlare poco, ma venendo dal mondo sportivo io sono abituata a farlo quando ho in mano un risultato concreto e tangibile e le mie risposte sono state l’adoperarmi per far sì che le varie associazioni sportive potessero riaprire, il ritorno del pubblico ad assistere agli eventi sportivi e, soprattutto, il miliardo di euro che il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) ha destinato alla ripartenza del mondo dello sport: 700 milioni per lo sport come inclusione sociale e 300 per l’impiantistica sportiva scolastica. C’è una profonda intesa con il ministro dell’Istruzione Bianchi sul tema dell’edilizia scolastica sportiva che, secondo me, è propedeutica per parlare dell’inserimento dell’insegnante di scienze motorie nella scuola primaria. Abbiamo finalmente la possibilità di investire nella cultura sportiva, perché sport e scuola devono andare a braccetto. E su questo tema c’è anche un’ottima sintonia con il presidente del Consiglio Mario Draghi che, da ex sportivo di livello (ha tirato di scherma e ha giocato a basket in Serie B, ndr), ha una veduta molto ampia e capisce perfettamente la valenza dello sport. Proprio durante i lockdown, gli italiani hanno capito quanto gli mancasse l’attività fisica. Da un’indagine Ipsos sono emersi dati drammatici: a causa della pandemia, un terzo dei giovani ha problemi legati a obesità, disturbi alimentari e psicologici; molti di questi sicuramente provocati anche dalla mancata attività sportiva che crea momenti di aggregazione e inclusione. Se vogliamo iniziare a radicare la cultura sportiva in Italia, dobbiamo farlo partendo proprio dalle scuole primarie, perché un ragazzo che frequenta la prima media è già fisicamente formato. Un adolescente che passa un anno in casa davanti a un computer o a giocare con il cellulare o a mangiare male, di certo non può crescere nel migliore dei modi. Vogliamo dare dunque una valenza ulteriore alla pratica sportiva e far si che a scuola fin da piccoli si possa fare attività motoria con un insegnante che riesca a tirar fuori da ogni bambino la propria psicomotricità e conoscenza del corpo. Questo sarebbe un grande passo in avanti.

A che punto siamo con il processo di riforma dello sport?
Mi sono trovata a dover dare un’impronta e a mettere chiarezza nel mondo sportivo che in Italia è particolarmente variegato tra Coni, Comitato paralimpico, Sport e Salute(l’azienda pubblica che si occupa dello sviluppo dello sport in Italia, ndr), ed è mia intenzione continuare a farlo e riuscirci; ogni componente è importante, ma ancor più importante è fare gioco di squadra perché a vincere deve essere lo sport. Sport e salute, che è il braccio operativo del Dipartimento e che è nata con la funzione di promuovere lo sport, che deve essere di tutti e per tutti, deve avere ancora un’identità riconoscibile dalla gente. A settembre è mia intenzione far partire in alcuni territori-campione delle agenzie decentrate di Sport e salute per fornire servizi gratuiti. Chiunque abbia bisogno di informazioni  riguardo la pratica sportiva, potrà rivolgersi a queste agenzie e troverà sicuramente la risposta che cerca. Gli italiani fanno poco sport e il compito di Sport e salute è di portare, e anche ri-portare, quante più persone possibile a praticarlo. Questa è la mission. A settembre si ripartirà con la riforma del lavoro, che comprende anche quella dello sport nella quale, oltre ad altre tematiche, si parlerà anche del professionismo femminile. Quindi, c’è ancora tanto da fare… Credo che lo sport parli un linguaggio universale e fin dal mio primo giorno ho auspicato un gioco di squadra delle varie componenti del mondo sportivo, perché solo giocando di squadra e solo andando verso lo stesso obiettivo si può vincere.

A breve ci saranno le Olimpiadi, le prime nella storia a subire un rinvio...
Queste Olimpiadi hanno un grandissimo valore simbolico, perché rappresentano quello che da tanto tempo tutti auspichiamo: l’uscita dal tunnel e il ritorno alla luce. Saranno i primi Giochi dell’era post-Covid e anche se il pubblico sarà contingentato, ogni atleta sono sicura che si impegnerà al massimo, dando ancora di più perché ha dovuto aggiungere un anno alla sua preparazione.  Di certo la voglia di gareggiare sul palcoscenico più importante dello sport, il sogno di ogni atleta, farà sì che potremo assistere a prestazioni sorprendenti. Lo sport insegna la resilienza e, quindi, la capacità di adattamento, senza perdere mai di vista l’obiettivo che ci siamo prefissati. 

 

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La parola al presidente Francesco Montini

Che edizione sarà quella di Tokyo 2020?
Certo non saranno delle Olimpiadi normali come quelle alle quali finora ci siamo abituati: le prescrizioni sono talmente tante e tali da costituire delle limitazioni al piacere che lo sport può dare. Gli obblighi a causa della pandemia sono talmente tanti che, per rispettarli al meglio, sarà impossibile che si verifichino quei momenti conviviali che hanno sempre caratterizzato i Giochi. Personalmente sarà un’edizione strana, la prima alla quale non parteciperò da quando sono presidente del Gruppo sportivo, ma purtroppo le prescrizioni sono talmente stringenti da non avermelo consentito. Si dice “Squadra vincente non si cambia”, ma sicuramente saremo più forti della superstizione che alberga in ogni sportivo e a Tokyo infrangeremo anche questo tabù!

In Giappone le Fiamme oro saranno presenti con più di 70 atleti, un record!
Sì, stavolta saremo davvero tanti. Siamo partiti dai 17 di Atene 2004, siamo passati ai 20 di Pechino 2008, arrivati ai 29 di Londra 2012, ai 37 di Rio de Janeiro e a Tokyo saremo oltre 70 a partecipare. Sicuramente con tanti atleti in gara, potenzialmente potremo ambire anche a un numero superiore di medaglie rispetto a Rio, ma in questi casi ci sono molti fattori che possono concorrere, tra i quali anche quello della fortuna, che gli atleti amano definire come “Fattore C”. Una cosa che però posso dire con certezza è che siamo il Gruppo sportivo che a Tokyo porterà il maggior numero di atleti e questa ritengo sia una cosa non da poco…

Qual è il motivo di questa vera e propria “esplosione”?
Negli ultimi anni ci siamo orientati anche verso altre discipline sportive, perché abbiamo capito che più del 30% degli atleti convocati in un singolo sport non si riusciva a avere e quindi ci siamo rivolti verso altre discipline che avevano necessità. Inoltre, un paio di quadrienni olimpici fa, abbiamo iniziato a guardare oltre, vedendo nello sport al femminile il futuro dello sport italiano. Una “visione” che oggi ha portato risultati eccellenti in molte delle discipline alle quali abbiamo aperto le porte delle Fiamme oro, come ginnastica, ciclismo e pugilato. Ma anche l’arrampicata sportiva, uno sport totalmente nuovo per noi, e il tiro con l’arco con tre atlete giovanissime che vedremo scoccare le freccie a Tokyo.

Stanno emergendo tanti atleti anche dalle sezioni giovanili dei Gruppi sportivi…
Queste sono il nostro fiore all’occhiello, soprattutto quelle che abbiamo aperto in sedi particolarmente disagiate in giro per l’Italia: è logico che se i tecnici dei settori giovanili sono tutti grandissimi atleti del passato e operano in un contesto dove ci sono ragazzi che vengono dalla strada, che hanno una marcia in più dal punto di vista della determinazione, della carica, qualcosa di buono è sicuramente destinato a uscire fuori.

Ormai le Fiamme oro fanno parte del tessuto sportivo del Paese, non solo con gli atleti. Si può parlare di “Modello Fiamme oro”?
Certamente sì e non sono io a dirlo, bensì i numeri: oltre ai tanti atleti, allenatori e manager nelle varie nazionali, abbiamo anche due presidenti federali, quattro membri di consigli federali e un sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport. Penso che far parte dei nostri Gruppi sportivi sia diventato un modo di essere; il nostro è un movimento che non guarda solo all’assunzione dell’atleta, ma che si muove a 360 gradi nel panorama dello sport italiano.

… e poi le Fiamme oro sono state le prime ad aprirsi al mondo paralimpico…
L’obiettivo che ci siamo prefissati con il presidente del Comitato paralimpico, Luca Pancalli, è quello di arrivare all’assunzione degli atleti paralimpici così come avviene per i normodotati. In quest’ottica, l’art. 44 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, ci permetterà entro la fine del 2021 di assumere il 5% di atleti con disabilità sul totale degli atleti dei Gruppi sportivi Fiamme oro. Un sogno divenuto una bellissima realtà.

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Jessica e il tricolore

«È stata una giornata stupenda – ci racconta Jessica Rossi, raggiunta al telefono dopo la cerimonia del 23 giugno scorso al Quirinale – La mattina noi atleti ci siamo incontrati allo Stadio dei marmi per la foto ufficiale. Tutti insieme, olimpici e paralimpici, con la tuta della Nazionale: è stato emozionante e in quel momento ci siamo resi davvero conto che Tokyo era alle porte. Siamo arrivati al Quirinale su un pullman scoperto alle 10,30 e la cerimonia iniziava alle 12: l’attesa è stata snervante. Con Elia (Viviani l’altro alfiere, ndr) , ci siamo detti: «Andiamo a fare una corsetta almeno ci scarichiamo un po’». 

Come hai saputo di essere stata scelta come alfiere?
Al telefono dal presidente del Coni Malagò che mi ha detto che il giorno successivo avrebbero ufficializzato i nomi dei portabandiera e una ero io. Mentre parlava mi ripetevo nella testa «… non ci credo…», è una cosa che non mi aspettavo, ma il tiro a volo si meritava questa riconoscenza: ha sempre portato tante medaglie.

Qual è stata la prima persona alla quale lo hai detto?
Malagò mi ha chiesto di non dirlo a nessuno fino all’ufficialità della notizia, neanche a mia madre. Ovviamente a lei l’ho detto subito, perché dovevo condividere questa gioia. Quando ho ricevuto la telefonata ero in ritiro con la nazionale e a cena il commissario tecnico aveva notato la mia reazione alla chiamata, così gli ho mandato un sms spiegandogli il perché, dicendogli di mantenere il segreto fino al giorno dopo. 

Sei alla tua terza Olimpiade…
E queste saranno molto diverse dalle altre. Saremo chiusi nel Villaggio e, vista la distanza dall’impianto, sarà complicato spostarsi e gestire gli orari; ma sappiamo che deve essere così perché le Olimpiadi sono sì un segnale di ripartenza, ma per non vanificare tutti i sacrifici fatti bisogna riprendere in sicurezza.

Une delle limitazioni riguarderà il pubblico. Quanto può incidere per voi la mancanza di spettatori “amici”?
A Londra, quello che mi spaventava di più era proprio il pubblico, perché noi non siamo abituati ad avere gli spalti pieni. Poi invece è stato proprio il tifo che lì mi ha dato la forza. A Tokyo non ci sarà o forse poche persone e solamente giapponesi ma sappiamo che in questo momento deve essere così e lo accettiamo.

Rappresenterai tutti gli atleti italiani ma anche tutti i poliziotti…
A Tokyo saremo più di 70, un record, numeri che fanno capire quanto si è riuscito a fare con i settori giovanili delle Fiamme oro. Far parte di questo gruppo insegna a rispettare le regole, a canalizzare le energie in qualcosa di positivo e ti dà la possibilità di allenarti con ottimi tecnici e in strutture attrezzate.

Nel 2012 a Londra la portabandiera è stata un’altra poliziotta Valentina Vezzali ora sottosegretario allo Sport…
… e in mezzo a noi c’è stata Federica Pellegrini che non appartiene a un gruppo sportivo delle forze dell’ordine, quindi le ultime due siamo noi poliziotte, una bella soddisfazione! Valentina, il giorno della cerimonia ha fatto un discorso toccante, da atleta che capisce cosa stavamo vivendo. A noi quattro portabandiera ci ha emozionati tantissimo. 

08/07/2021