a cura di Cristina Di Lucente

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pdn 02-21

Roma. Lo scorso 26 gennaio, nell’aula magna della Scuola di perfezionamento per le forze di polizia, unica realtà istituzionale formativa che rappresenta tutte le forze di polizia nazionali, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha inaugurato l’anno accademico 2020-2021. 
All’evento hanno preso parte il capo della Polizia, Franco Gabrielli, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Teo Luzi, il direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Bernardo Petralia e il vice comandante della Guardia di Finanza Giuseppe Vicanolo. Dopo una lezione introduttiva sul tema della leadership, il ministro dell’Interno ha preso la parola: «La Scuola è un centro di formazione non solo giuridico e professionale, ma anche dal forte portato valoriale, in un momento storico in cui l’etica della funzione deve essere sempre più la stella polare di coloro che si dedicano al pubblico servizio, ed è anche – ha proseguito il ministro – una sede in cui si incrociano le competenze e le sensibilità delle forze di polizia del nostro Paese, contribuendo a formare un’identità comune del funzionario o ufficiale di polizia, innanzitutto come servitore del Paese. È una contaminazione di saperi e di valori, obiettivo fondamentale per la crescita delle rispettive Istituzioni, e dunque del Paese ».
Al termine della cerimonia, nella sala del Cenacolo, il ministro ha proceduto al taglio del nastro per l’inaugurazione della sala conferenze multimediale della Scuola: il capo della Polizia e il ministro dell’Interno si sono quindi soffermati nella sala per effettuare un videocollegamento nel quale hanno rivolto un saluto agli esperti della sicurezza presso le rappresentanze diplomatiche all’estero di Francia, Brasile e Senegal.

Sostegno a portata di click
Dallo scorso aprile i poliziotti hanno a disposizione un supporto psicologico costante: è il progetto Insiemepossiamo, ideato dal Servizio di psicologia (diretto da Ida Bonagura) della Direzione centrale di sanità (diretta da Fabrizio Ciprani), uno spazio di ascolto sulla piattaforma Doppiavela e gestito da circa 20 psicologi (destinati ad aumentare in breve tempo), attivo tutti i giorni dalle 8 alle 13 e dalle 15 alle 18. 
«Nel corso dei mesi – spiega Sandro Luzi, direttore tecnico superiore psicologo del Centro psicotecnico – dopo un timido avvio all’inizio, sono aumentati proporzionalmente i poliziotti che usufruiscono di questo strumento nato per aiutare i colleghi ad affrontare le problematiche che lo stress da servizio può causare, specie quando svolgono attività che li avvicinano ad eventi critici». In effetti, a riprova di quanto affermato dallo psicologo, il mio ingresso nello “studio” è scandito dal bip di un nuovo contatto da parte di un collega che ha bisogno di aiuto. Per motivi di privacy non assisto alla conversazione, ascolto solo una risposta che Luzi dà alla persona dall’altra parte del filo: “non sei più solo”. È necessario attendere, prima di poter riprendere la testimonianza dello psicologo, che deve assicurare la massima disponibilità perché «non puoi mai conoscere le condizioni psichiche di chi si trova dall’altra parte, e non è mai positivo abbandonare un operatore in un momento critico». Questo strumento, a prescindere dal periodo della pandemia che ne ha segnato la nascita, si è rivelato particolarmente efficace e ha permesso a un numero molto maggiore di poliziotti di avere un sostegno, «sono certo che molti di loro non si sarebbero avvicinati con le sedute in presenza che talvolta possono rappresentare un ostacolo e i numeri degli utenti di Insiemepossiamo parlano chiaro». Oltre ad essere numerose, le richieste via chat possono svolgersi anche con ascolti di gruppo, quando a unire gli operatori sono problematiche comuni, indipendentemente dalle qualifiche rivestite. «Mi è capitato di affrontare con un gruppo il tema luttuoso del suicidio di un collega – continua lo psicologo – l’uniforme ha l’effetto di creare legami profondi e la conseguenza di un simile evento coinvolge tutti i colleghi, anche quelli che non conoscevano direttamente la vittima. Parlare di fenomeni di questo tipo è necessario, aiuta a metabolizzarli; il più delle volte di fronte alla morte si attivano meccanismi di difesa psicologici e sociali. Certe immagini forti rimangono dentro, è quindi necessario elaborarle». Durante la pandemia questo tema, specie nel Nord Italia, a causa delle grandi perdite umane, è stato affrontato di frequente: in molti, ad esempio, hanno avuto difficoltà nell’elaborare il lutto per non aver più visto i propri cari deceduti per Covid: «Anche in questo caso dobbiamo allenare le persone ad

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01/02/2021