Anna Maria Volpe

Usura, male antico

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ins usura 01-21

1. Introduzione

L’usura è un male antico che da sempre accompagna la storia dell’uomo e consiste nello sfruttare il bisogno di denaro di un altro individuo per ricavarne un forte guadagno. Alla base di un rapporto usuraio c’è da una parte la necessità di denaro e, dall’altra, un’offerta che può apparire come un’immediata possibile soluzione. 

L’attività usuraria è stata ritenuta di basso profilo criminale, non meritevole di normative più impegnative; questo atteggiamento corrisponde ad un tempo in cui l’usura era esercitata dal cosiddetto “cravattaro” di quartiere, che svolgeva la propria attività in un ambito ristretto. Negli ultimi anni questa considerazione si è modificata con l’evidenziarsi della nuova pericolosità sociale del fenomeno. Alla tradizionale figura dell’usuraio di quartiere si sono affiancate nuove e più insidiose figure: insospettabili commercianti e professionisti (usura dei colletti bianchi) e soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. In quest’ultimo caso, la stessa riscossione dell’interesse può essere secondaria e diventare un mezzo per il controllo o l’acquisizione di imprese per nuovi e più agevoli canali di riciclaggio. L’usura è un delitto che non apporta solo un danno alla vittima del reato, ma colpisce l’intera collettività, determinando effetti distorsivi sullo sviluppo delle attività commerciali ed economiche e in particolare produce effetti negativi sul sistema degli investimenti, perché toglie alle vittime la possibilità di mantenere spazi di reale profitto e quindi di autonoma produttività.

2. Usuraio e usurato

Sulla base delle esperienze giudiziarie e delle numerose indagini statistiche promosse dalle associazioni delle categorie più colpite dall’usura, si è ormai in grado di delineare con sufficiente approssimazione i connotati tipici dell’agente e del soggetto passivo di tale fattispecie. Si può affermare che la figura dell’usuraio, come del resto quella dell’usurato, presenta caratteristiche tutt’altro che univoche, sia perché non consente un approccio unitario al problema del contrasto, sia perché apre la prospettiva per soluzioni interpretative o normative alquanto articolate.

Nel mercato finanziario illegale è stata riscontrata innanzitutto la persistente presenza della figura tradizionale dell’usuraio che gestisce come singolo l’erogazione dei prestiti in un contesto di quartiere o nell’ambito di strutture lavorative. Il fenomeno è tuttora ampiamente diffuso. Tali soggetti di norma si autofinanziano, stabiliscono un rapporto fiduciario con i debitori e non si avvalgono della collaborazione di terzi. Sovente si assiste alla gestione continuativa di finanziamenti usurari quale attività parallela ad altra legale con legami più o meno intensi tra i due ambiti. I soggetti operanti possono essere, in questo caso, professionisti, esercenti, commercianti ed imprenditori dotati di buone disponibilità economiche.

Alla figura tradizionale dell’usuraio si affianca spesso il soggetto che svolge attività di intermediazione tra il finanziatore ed i potenziali clienti. Costui opera, a seconda dei casi, o come semplice procacciatore di affari, con i piccoli guadagni erogati in percentuale (in tale categoria non di rado si incontrano le vittime dell’usurario che in tal modo tentano di alleviare le proprie precarie posizioni), oppure come gestore in proprio di prestiti, erogati mediante l’utilizzo di capitali forniti dal soggetto “economicamente forte”, dove il lucro è rappresentato dalla differenza tra il “costo d’acquisto” del denaro e l’interesse preteso dalla vittima. Si tratta dei cosiddetti “rivenditori di soldi”. In tali ultimi casi, spesso, il soggetto munito di capitali è un professionista che, approfittando delle circostanze offerte dalla sua attività viene a conoscere lo stato di bisogno di altro soggetto; quest’ultimo viene indirizzato ad una persona che apparentemente accorderà il finanziamento, omettendosi in tal modo di svelare la fonte finanziaria effettiva.

L’evidente redditività dei finanziamenti usurari attira frequentemente soggetti muniti di congrui capitali ed intenzionati ad effettuare investimenti a breve termine ad imprenditori di medio o alto livello in crisi finanziaria. Si sono notati, ad esempio, casi di imprenditori che, cessata l’attività, si risolvono ad investire nel mercato finanziario illegale parte dei propri capitali, o di funzionari di banca che, accedendo a linee privilegiate di credito, reinvestono in prestiti usurari gestiti tramite intermediari.

Qualora i soggetti che operano la intermediazione siano molteplici, il fenomeno assume i caratteri della struttura associativa, i cui punti terminali sono costituiti da elementi reperibili in luoghi abituali (di norma esercizi pubblici o circoli ricreativi) a ore prefissate: costoro operano come veri e propri “sportelli bancari”. Inoltre è sorprendentemente diffuso il fenomeno delle società di fatto, non rapportabili ad alcuna figura giuridica conosciuta dall’ordinamento, costituite all’interno di ambienti definiti (strutture sanitarie, aziende, quartieri, circoli privati) e caratterizzate da una genesi mutualistica. Nell’ambito di tali strutture si assiste alla erogazione di prestiti ai consociati, con piani di restituzione cadenzati settimanalmente, a tassi, almeno apparentemente, non eccessivamente elevati. In tale contesto si rintraccia la presenza di fenomeni particolarmente insidiosi, considerata la potenzialità economica di tali strutture: ci si riferisce al reinvestimento, da parte del gestore della società, delle somme raccolte dai consociati in prestiti usurari a soggetti esterni, ed all’erogazione di prestiti con analoghe caratteristiche da parte di soci che utilizzano i capitali della società, speculando sulla differenza dei tassi. Quando le società afferiscono a strutture di notevoli dimensioni si evidenzia il carattere più spiccatamente criminoso del fenomeno, risolvendosi la struttura mutualistica in una modalità di raccolta del capitale, investito poi in finanziamenti illeciti gestiti in contesti di criminalità organizzata. Costituisce corollario dell’attività finanziaria illecita la figura del soggetto che, propriamente estraneo alla realizzazione del rapporto usurario, si occupa, su incarico del creditore o quale autonomo cessionario, del recupero del credito dallo stesso rapporto generato. La forma della cessione, consentendo di superare le eventuali eccezioni fondate sul rapporto di finanziamento, in favore della tutela accordata dall’ordinamento al terzo prenditore (presuntivamente di buona fede), oltre a costituire uno strumento operativo più sofisticato, si rileva di notevole efficacia. Infatti, accanto agli strumenti tradizionalmente usati per il recupero del credito, ed implicanti l’utilizzo di mezzi tipicamente intimidatori, risultano sorprendentemente diffuse le iniziative di recupero effettuate mediante le procedure esecutive, di norma pervicacemente coltivate fino al realizzo. Peraltro gli effetti cambiari e gli assegni che di norma accompagnano il rapporto usurario, rappresentando titoli esecutivi rapidamente azionabili, nell’assolvere alla funzione di assicurare la tutela del credito, di fatto comportano anche il definitivo assoggettamento psicologico ed economico del debitore.

Il ricorso al finanziamento a tassi usurari è risultato sorprendentemente diffuso in tutti gli strati sociali ed è vissuto nella maggior parte dei casi come normale risorsa in presenza di difficoltà. Chiunque può trovarsi in una difficoltà finanziaria, si tratti di un operatore economico o di un singolo. Come già detto, tali soggetti, di regola, presentano come caratteristica dominante la mancanza dei requisiti richiesti dal sistema creditizio per accedere alla forme legali di finanziamento. Si tratta, in altri termini, di soggetti:

privi delle normali garanzie reali e personali richieste dagli istituti bancari o dalle finanziarie abilitate;

titolari di imprese che presentano esposizioni debitorie giudicate già troppo elevate, o non rispondenti a specifici criteri di affidabilità;

che hanno esaurito le possibilità offerte dal circuito creditizio legale;

protestati;

imprenditori che si trovano nell’assoluto bisogno di ottenere liquidità in tempi rapidissimi, incompatibili con quelli richiesti per l’istruttoria delle banche o delle finanziarie;

semplicemente bisognosi e privi di risorse che difettano dei requisiti minimi, normalmente richiesti dal mercato per l’accesso al credito.

Le esigenze economiche di tali categorie trovano normalmente risposta immediata da parte del finanziatore privato, disponibile a far fronte, in varie forme, alle più diverse necessità. Ci si trova di fronte pertanto ad un paradosso: il credito viene erogato immediatamente e senza difficoltà a soggetti considerati dal mercato legale del tutto inaffidabili. Tali soggetti, del resto, si rivelano quasi sempre ottimi clienti per il finanziatore, come è reso palese dalla vastità ed elevata redditività del settore dei prestiti usurari. Quanto alle ragioni determinanti il ricorso al credito usurario esse si sostanziano nella presenza di crisi di liquidità. Questa può assumere diversa consistenza e ricorre, ad esempio, quando vi sia urgenza di ottenere denaro liquido per far fronte a pagamenti di routine, quando si manifestano contingenze negative di mercato o stati di crisi aziendale di particolare consistenza, o, infine, qualora occorrano nell’immediato capitali per intraprendere iniziative economiche reputate decisive per la sopravvivenza dell’azienda. Non è irrilevante, nella genesi dei rapporti usurari, il fenomeno dell’usura “incrociata”: si ricorre a prestiti a tassi elevati per sanare esposizioni debitorie divenute insostenibili nei confronti di altri usurari, così generando effetti di dipendenza “a catena” da più finanziatori. Nella maggior parte dei casi risulta con clamorosa evidenza, come sopra accennato, che la scelta di acquisire prestiti da privati oppure dalle finanziarie abilitate, a condizioni abnormi, è motivata dall’urgenza delle esigenze di liquidità, per precedenti protesti, per l’insufficienza delle garanzie reali o personali offerte, per l’esistenza di pregressi rapporti a evoluzione negativa oppure per i tempi talora richiesti per l’erogazione di tali finanziamenti. Frequentemente il fattore scatenante è determinato da una irrimediabile crisi del finanziamento bancario. Questa si manifesta quando si produce un utilizzo giudicato irregolare dell’affidamento o uno sconfinamento eccessivo dai limiti del fido, o infine quando sopraggiungono condizioni aziendali reputate sintomo di minore affidabilità ( protesti, revoche di fidi da parte di altre banche). Tali situazioni comportano normalmente, da parte dell’istituto bancario interessato, una richiesta di rientro del capitale in tempi estremamente rapidi, se non la revoca immediata delle forme di finanziamento accordate. Il ricorso al privato, in questi casi, è motivato proprio dall’obiettivo, perseguito con sconcertante ottimismo, di ripianare le esposizioni debitorie con la banca onde non pregiudicare definitivamente il rapporto con questa. Si assiste all’assunzione di debiti nei confronti dell’usuraio a condizioni, sin dal primo momento, rovinose, ma non percepite come tali. Su tale necessità si sviluppa l’immediata speculazione da parte dell’usuraio. Nello sviluppo del rapporto tale elemento concorre a determinare la costante soggezione psicologica della vittima, in presenza dell’acquisizione “in garanzia” di una notevole mole di titoli oggettivamente non onorabili. 

3. Le tecniche più diffuse

In sede di prima erogazione, il credito usurario è, di norma, di importo contenuto e con scadenza a breve, da uno a tre mesi, o brevissima, talvolta anche meno di una settimana. L’usuraio si fa rilasciare dal debitore, unitamente ad una procura a vendere i suoi beni immobili, un assegno, postdatato o in bianco, oppure una cambiale per un importo pari al credito richiesto ed eroga una somma inferiore a quella indicata nel titolo ricevuto, trattenendo, a titolo di interesse, la differenza, per una percentuale, che di norma va dal 3% al 5% mensile, apparentemente esigua nel breve orizzonte temporale del finanziamento iniziale, ma che, su base annua, raggiunge una misura abnorme. 

Tale misura è destinata ad aumentare notevolmente, raggiungendo tassi annui di solito compresi tra il 70% ed il 100%, ma in taluni casi anche del 400%, quando, come normalmente accade, il debito non viene onorato alla scadenza. In tal caso il debitore, a fronte della dilazione concessa, rilascia un ulteriore titolo, di importo facciale pari a quello del finanziamento originario, maggiorato di un interesse calcolato sul montante complessivo. Conseguentemente, l’usurato si impegna a corrispondere, periodicamente, la quota interessi, per somme sempre crescenti, spesso facendo fronte agli impegni attraverso la progressiva cessione del proprio patrimonio immobiliare. Nel momento in cui il debitore si dichiara definitivamente insolvente, l’usuraio esperisce le procedure esecutive alle quali ha diritto sulla base della notevole mole di titoli nel frattempo accumulati, ovvero attiva la procura a vendere; in assenza di una procura della specie, l’usurato stesso per evitare l’effetto distruttivo della propria reputazione che l’esercizio delle procedure esecutive potrebbe determinare, concorda la cessione – solitamente a favore di un prestanome dell’usuraio – dei propri beni immobili o della sua azienda.

Molti studiosi del fenomeno distinguono due diversi livelli di usura. Al primo livello, va collocato il cosiddetto “cravattaro” o “strozzino”, cioè il classico personaggio di paese o quartiere, di solito identificabile nel piccolo risparmiatore privo di scrupoli, che agisce attratto dalla facile e redditizia forma di investimenti finanziari. Questi ha come suoi clienti prevalentemente negozianti, artigiani, famiglie in difficoltà ed esercita l’usura utilizzando fondi propri o fondi concessogli da intermediari finanziari su cui lucra la differenza di tassi. Le operazioni che egli pone in essere sono di modesta entità, regolate di solito in contanti senza supporto di atti scritti, ad eccezione di annotazioni sui quaderni o fogli volanti, a fronte delle quali vengono rilasciati assegni o cambiali privi sia della scadenza sia dell’importo. Tra le parti si stabilisce una tacita intesa, per cui, in caso di mancato rimborso alla scadenza, il prestito viene rinnovato previo pagamento di un interesse mensile fisso. Il rimborso avviene attraverso pagamenti periodici della sola quota interesse senza che vi sia restituzione in conto capitale. Si tratta del cosiddetto “prestito a fermo”. Se la restituzione del prestito viene stabilita in più rate, l’usuraio si fa consegnare tanti assegni quante sono le scadenze previste, per un importo comprensivo anche degli interessi. Nell’eventualità che una rata non venga pagata, il prestito viene rinnovato con nuove scadenze, in cui agli interessi inizialmente stabiliti si aggiungono quelli pattuiti per la nuova dilazione, con la conseguenza, come è stato giustamente rilevato, di una moltiplicazione geometrica del debito iniziale, che i frequenti e continui pagamenti non riusciranno mai a estinguere. Molto spesso, l’usuraio pretende che gli interessi siano corrisposti anticipatamente e trattenuti all’atto dell’erogazione. È ovvio che l’eventuale indicazione di un importo in un titolo di credito rilasciato ad un usuraio non costituirà mai prova per stabilire quale sia la quota capitale e quale quella per interessi, proprio per l’assenza di idonea documentazione di supporto.

Al secondo livello, si colloca, invece, l’usura gestita dalla grande criminalità organizzata, che si avvale di una maggiore capacità operativa, fondata su tecniche raffinate e sofisticate, che presuppongono non solo un adeguato livello di conoscenza dello stato di necessità delle vittime, ma anche la percezione e lo studio dei modi migliori per costringerle a pagare tassi esorbitanti, fino ad arrivare alla spoliazione vera e propria di tutti i loro beni. La clientela di queste organizzazioni è costituita da piccoli e medi imprenditori. Secondo una recente stima, sarebbero circa 4 milioni le vittime di queste organizzazioni; le intimidazioni ricattatorie, le minacce violente fino alle lesioni personali della vittima o dei suoi familiari sono le armi adottate da queste pericolose entità, che spesso inducono le vittime insolventi a prestazioni particolari quali, ad esempio, il coinvolgimento in traffici di sostanze stupefacenti, lo sconto di assegni rubati, la collaborazione in estorsioni o altri reati. È questo secondo livello che maggiormente preoccupa e che va tenuto costantemente sotto osservazione.

La criminalità organizzata utilizza il prestito usurario per riciclare il denaro ed estendere il proprio controllo sul tessuto economico; l’interesse primario delle cosche è diventato quello di penetrare più capillarmente nella vita quotidiana. È un fenomeno particolarmente significativo, perché le sue conseguenze mettono ancora di più in pericolo la possibilità di sviluppo e di benessere di una vasta comunità. Il profitto della criminalità organizzata su questo fronte è ritenuto di circa 36 mila miliardi di vecchie lire. Contrariamente, poi, a quanto da più parti si ritiene, il prestito usurario non sempre viene concesso ad alti tassi di interesse; in molti casi esso viene dato a basso tasso o addirittura senza alcun interesse. Lo scopo dell’usuraio, infatti, è talvolta quello di impadronirsi dell’attività dell’usurato, concedendogli prima una somma di denaro senza interesse, per poi rilevare – a causa dell’impossibilità della vittima di restituire il prestito – una attività imprenditoriale completamente “pulita”. Sono state riscontrate notevoli cessioni forzate di attività commerciali con relativi passaggi di licenze o, in presenza di società, con l›ingresso in forma di partecipazione di emissari della criminalità.

4. L’attività di contrasto

Il fenomeno è ben mimetizzato nel tessuto sociale, e richiede un impegno articolato e complesso da parte dello Stato. Le forze di Polizia difficilmente possono intervenire o attivare un’indagine senza che la vittima denunci il fatto. Per stimolare la denuncia, che è risolutiva nell’assicurare alla giustizia gli autori, bisogna vincere la paura e la diffidenza dei cittadini. La figura del “poliziotto di quartiere” ha come obiettivo non solo di intervenire in difesa dei cittadini in qualunque situazione si trovino, ma soprattutto di parlare con loro, di discutere per risolvere le problematiche sociali del nostro tempo, di essere “vicini alla gente” e aumentare così il senso di fiducia e collaborazione dei cittadini. Cammina per strada, fianco a fianco con la gente, rilascia informazioni, entra nei negozi ed è dotato, oltre al tradizionale equipaggiamento personale, anche di un telefono cellulare, un computer palmare e una radio in collegamento costante con la centrale. Il poliziotto di quartiere è la figura simbolo della “polizia di prossimità”, un modello di governo della sicurezza nelle città, in grado di favorire la vivibilità del contesto urbano, individuando i fattori di insicurezza e prevenendo le situazioni di pericolo prima ancora che si renda necessario un intervento repressivo. Un operatore di polizia in grado di stabilire un rapporto fiduciario con il cittadino e in grado di fornire immediate e qualificate risposte ai loro problemi. Un nuovo modo di “fare polizia”, quindi, non più intesa come strumento statale di controllo su una società nemica o ostile, ma come incarnazione del potere sociale dei cittadini nei confronti di chi non si conforma alle regole della società. Il cordone di solidarietà delle Istituzioni, delle forze dell’ordine, delle associazioni private e della magistratura si deve chiudere in un cerchio di protezione anche attorno a chi ha avuto il coraggio di ribellarsi. I poliziotti delle Squadre Mobili lavorano in questa direzione: sono disposti ad incontrare imprenditori e commercianti a qualsiasi ora e ovunque per evitare di farli esporre in colloqui formali. Non li lasciano mai isolati dopo la denuncia, assicurando sia la protezione fisica che il sostegno psicologico con una presenza costante. Un lavoro quotidiano contro il racket e l’usura che è diventato più incisivo grazie a due specifici provvedimenti: il primo è la legge n. 108 del 1996 (Disposizioni in materia di usura); il secondo è la legge n. 44 del 23 febbraio 1999 (Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura) che prevede il risarcimento economico in base al danno subito per gli imprenditori e commercianti che hanno avuto il coraggio di denunciare. Entrambi i provvedimenti sono stati recentemente modificati dalla legge n. 3 del 2012 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento). L’attività di repressione si concretizza anche con l’informazione. L’espressione “attività di informazione” comprende non solo notizie di reato qualificate, come la denuncia o la querela, ma anche notizie di reato non qualificate, come ad esempio informazioni confidenziali, voce pubblica, e conoscenza diretta mediante servizi di osservazione e vigilanza. La Polizia di Stato svolge così un ruolo attivo, poiché la fonte dell’informazione non segue la regolare procedura burocratica e secondo la propria natura, esige un complesso di verifiche e di indagini prima di diventare notizia di reato in senso tecnico. Il momento dell’acquisizione della notizia del reato segna il passaggio all’attività di polizia giudiziaria e si apre, quindi, il procedimento penale. D’altro canto, l’attività di prevenzione della Polizia di Stato consiste nell’applicazione di misure disciplinate dalla legge nr.575 del 31 maggio 1965, “Misure di prevenzione e Mafia”. Sono misure che colpiscono l’attività economica della criminalità organizzata, e proprio per l’acquisita consapevolezza che la potenza della mafia sta nell’enorme accumulo di ricchezza, la legislazione (legge Rognoni-La Torre) si è mossa nell’ottica di colpire le organizzazioni criminali, creando una serie di misure di prevenzione di carattere patrimoniale in precedenza ignote all’ordinamento. Per l’applicazione di una misura di prevenzione, la Polizia di Stato procede, anche con la collaborazione della Guardia di Finanza, ad indagini sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio dei soggetti appartenenti a gruppi malavitosi organizzati, nonché ad indagini che hanno lo scopo di individuare le fonti di reddito, fino al sequestro e alla confisca dei beni dei quali non sia dimostrata la legittima provenienza; beni che servono o sono destinati a commettere il reato, oppure che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o ne costituiscono l’impiego. Per l’usura è necessaria molta prevenzione, e la prevenzione è possibile solo con lo sforzo congiunto degli istituti finanziari per l’agevolazione dei crediti di coloro che sono in difficoltà. In particolare tale problema è stato anche avvertito dall’Istituto di emissione nazionale (Banca d’Italia), che in passato è stato promotore di ampliare il coordinamento delle iniziative antiusura, invitando gli organi preposti ai controlli finanziari a facilitare l’accesso ai contributi di solidarietà alle vittime attraverso una semplificazione delle procedure per l’attribuzione degli stessi benefici. È stato esaltato il momento della prevenzione delle attività delittuose, indicando i soggetti operanti nel mercato legale del credito e le difese per fronteggiare i casi di abusivismo; è stato evidenziato il ruolo rilevante dell’associazionismo professionale e sindacale nell’azione di contrasto alla criminalità economica, richiamando l’attenzione di un fattivo impegno di tutte le componenti della società per combattere il fenomeno in argomento. Trattandosi di un fenomeno nascosto è importante sottolineare come l’attività di prevenzione dei reati debba poggiare su un sistema di sicurezza integrato che ha nella collaborazione tra pubblico e privato, uno dei suoi pilastri; oggi sul territorio si estende una fitta rete di solidarietà e di aiuto per non finire nelle mani degli usurai o per uscirne. È ormai da anni che l’amministrazione comunale napoletana ha lanciato campagne di sensibilizzazione nelle scuole e aperto le porte del municipio agli imprenditori in difficoltà. Fase importante del progetto messo in pratica negli Istituti scolastici è stato il coinvolgimento dei docenti e la loro formazione; sono stati realizzati tre opuscoli, promossi dal Comune di Napoli in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, che offrono degli elementi di analisi e di riflessione sul fenomeno del racket e dell’usura, sono cioè delle guide per gli insegnanti su come realizzare il progetto nelle scuole e quali devono essere i percorsi didattici da seguire. Un percorso formativo che si avvale dell’esperienza di esponenti della magistratura, delle forze dell’ordine, ma anche del contributo dei ragazzi stessi, che dopo la partecipazione al primo progetto hanno aiutato ad arricchire gli opuscoli successivi con disegni, manifesti e slogan.

L’usura è diffusa in tutta Italia, anche se il fenomeno risulta più marcato nel Sud rispetto al Nord del Paese. Lo indica il numero di denunce presentate all’autorità giudiziaria che, tuttavia, non dà una misura attendibile della reale entità del problema, tanto che negli ultimi anni il numero delle denunce risulta addirittura in diminuzione. La ragione di questo è che l’usurato teme vendette o crede di poter gestire autonomamente il rapporto coi malviventi; in realtà ciò che pesa in modo decisivo e dà forza al rapporto fra usurato e usuraio, è l’intensità del vincolo psicologico di soggezione e timore e, la convinzione di chi subisce l’usura di non avere comunque alternative alla propria situazione: solo l’usuraio, al momento del bisogno, lo ha “aiutato” e anche se gradualmente gli toglie il patrimonio e la serenità, l’usuraio può, comunque, “dargli” ancora qualcosa; magari ulteriore denaro, in cambio dell’ennesimo assegno che nessun altro più accetta. È una spirale perversa, che soltanto la vittima può spezzare, riacquistando così la propria indipendenza.

5. Il finanziamento usuraio
e quello legale

Prima di affrontare il tema delle radici dell’usura da un punto di vista economico, è opportuno confrontare il fenomeno del ricorso ai prestiti usurari con il panorama del sistema creditizio italiano.

Il finanziamento usurario e quello “legale” hanno molti punti in comune. In particolare, essi assolvono la stessa funzione, in quanto in entrambi i casi si ha un’anticipazione di mezzi finanziari a chi ne ha bisogno per l’acquisto di beni o servizi oppure per l’esercizio di un’attività commerciale o imprenditoriale. Va detto però che esistono molte differenze tra le due forme di finanziamento. Innanzitutto, esse si differenziano per il fatto che nel settore del credito illegale manca quasi sempre il presupposto del rimborso del credito, che viceversa ricorre sempre nel sistema del credito legale, dove intanto un finanziamento viene concesso in quanto il debitore sia poi in grado di restituirlo. Sempre più spesso, invece, l’usuraio che concede un prestito mira non al recupero del denaro prestato, bensì ad impossessarsi del patrimonio della vittima. A tale proposito, si potrebbe addirittura sostenere che in tali casi, in cui lo scopo finale del prestito sia l’aggressione del patrimonio del debitore, la “convenienza” dell’usuraio sia inversamente proporzionale all’affidabilità dello stesso debitore, sempre però che questi possieda un patrimonio da aggredire. Altra diversità tra credito legale e usura sta nelle differenti modalità di recupero del credito, dato che nel primo caso si fa ricorso agli strumenti forniti dal legislatore, mentre nel secondo caso si adottano, accanto ai metodi legali, pratiche contra legem, dall’intimidazione alla minaccia, fino all’uso della violenza. A questo punto è opportuno individuare le ragioni di natura economica che determinano il ricorso al sistema del credito illegale.

Come ogni fenomeno economico, l’usura soggiace alla legge della domanda e dell’offerta. La domanda di usura dipende fondamentalmente da due fattori:

la struttura del credito legale;

il momento congiunturale in cui si trova l’economia.

A sua volta, l’offerta di usura è direttamente proporzionale all’abbondanza dei mezzi finanziari e monetari a disposizione degli usurai. Vediamo dunque quelle che sono le determinanti della domanda di usura.

Innanzitutto, tale domanda, come già accennato, è fortemente legata alla struttura del credito concesso dalle banche, nel senso che essa si espande laddove s’indebolisce il sistema bancario. A tale proposito, da più parti si sostiene che l’esistenza stessa dell’usura a livello sistematico – cioè non occasionale – sia la prova inconfutabile del fallimento dei mercati del credito, e più in generale, dei mercati dei capitali. L’usura, infatti, acquista un suo spazio economico solo quando i comportamenti delle banche e degli altri intermediari finanziari sono largamente inefficaci. Secondo le denunce delle associazioni dei commercianti, artigiani e consumatori, l’accesso ai finanziamenti bancari è oggi fortemente ostacolato dall’esorbitante richiesta di garanzie accessorie, dai numerosi vincoli quantitativi, dal lungo iter delle pratiche di concessione di fidi, dalla aleatorietà nell’erogazione dei crediti agevolati o degli incentivi concessi. Tutto ciò determina l’espulsione dal sistema del credito legale di molti operatori economici, che così si rivolgono al mercato dell’usura per realizzare la loro attività. È ovvio che simili problemi non sorgerebbero in un mercato del credito ideale, privo di imperfezioni, in cui tutto funzioni in maniera perfetta ed efficiente. In un simile contesto, infatti, il mancato accesso o l’espulsione dal mercato creditizio segnalerebbero ad operatori economici accorti la non redditività della loro attività. I comportamenti bancari selezionerebbero cioè le attività economiche da realizzare e quelle invece da dismettere. Purtroppo, però, i mercati non sono perfetti. Con ciò non si vuole certo dire che il mondo bancario non abbia responsabilità. Anzi, proprio in un mercato complesso e caratterizzato da carenze informative, com’è quello odierno, diventa ancora più importante e necessaria la funzione di selezione delle attività economiche da parte del sistema bancario, il quale gode di una posizione di privilegio rispetto ai singoli operatori non bancari, per ampiezza di informazioni disponibili e per capacità di diffonderle nel sistema economico.

Altro fattore che favorisce fortemente il ricorso al credito illegale è la situazione di crisi economica. Infatti, non è un caso se proprio in coincidenza con lo sfavorevole elemento congiunturale attraversato dall’economia italiana nei primi Anni ’90 – e non ancora superato – si sia registrata una vera e propria impennata della domanda del credito usurario. In tale periodo si è verificata una caduta della domanda dei beni e servizi delle famiglie, anche per effetto del drastico aumento della pressione fiscale. Ciò ha avuto due ordini di conseguenze negative: da un lato, le aziende di piccole dimensioni, con basso volume di fatturato e con un bacino di riferimento prettamente locale, a fronte del calo della domanda interna, si sono trovate in grosse difficoltà finanziarie, non riuscendo spesso a far fronte ai debiti contratti con le banche e con i fornitori; in secondo luogo, le banche hanno visto aumentare vertiginosamente i crediti in sofferenza, ovverosia quei crediti a favore di clientela giudicata in crisi ormai irreversibile. A quest’ultimo proposito, va detto che a partire dal 1991 si è registrato un constante e preoccupante aumento delle sofferenze bancarie; nel 1996, poi, esse hanno compiuto un notevole balzo in avanti, superando – secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia – la soglia dei 123 mila miliardi, con un aumento dell’11,6% rispetto al 1995. Tale lievitazione delle sofferenze economiche ha ovviamente indotto il sistema bancario a valutare con maggiore rigore e severità il merito creditizio dei potenziali clienti. Si è così avuto un razionamento del credito bancario, nel senso che sono rimasti fuori quei soggetti che, pur portatori di valide iniziative imprenditoriali, non offrivano adeguate garanzie di natura patrimoniale. Tali soggetti, pertanto, si sono visti “costretti” a ricorrere al sistema del credito usurario, nonostante le proibitive condizioni di tasso applicate. 

Fino ad ora abbiamo analizzato i fattori che, in un periodo di crisi del sistema economico, determinano un sensibile aumento della domanda di usura. Peraltro, tali fattori, essendo strettamente legati al momento congiunturale sfavorevole, sono destinati a scomparire una volta esauritasi la fase di recessione economica. Occorre pertanto vedere quali sono le altre determinanti strutturali del sistema economico italiano che provocano il ricorso al finanziamento usurario.

In primo luogo, la debolezza del sistema bancario italiano nell’apprezzare correttamente ed obiettivamente il merito di credito di coloro che si rivolgono a loro per chiedere la concessione del prestito. Tale debolezza trae origine soprattutto dalla carenza di fonti informative sufficientemente attendibili circa la reale situazione finanziaria di ciascun soggetto. Ciò finisce per avere una serie di conseguenze negative:

1. il razionamento del credito, il più delle volte a danno anche di soggetti meritevoli. Sempre più frequentemente, infatti, accade che il finanziamento di un un’attività economica o di un progetto d’investimento pur meritevole di credito venga negato, per carenze informative o gestionali a livello di sistema o di singola banca, danneggiando maggiormente le piccole imprese. Infatti , i soggetti per i quali sono disponibili informazioni abbondanti a costo relativamente basso sono le grandi e medie imprese, le quali sono obbligate a fornire periodicamente dati molto dettagliati circa la loro situazione patrimoniale e le loro prospettive di sviluppo. Di conseguenza, gran parte del credito (razionato) finisce per confluire verso le grandi e medie imprese che offrono maggiori garanzie di solvibilità. Viceversa, alle imprese di piccole dimensioni viene consentito di accedere al credito a condizioni elevatissime, spesso proibitive, con l’effetto che esse si rivolgono al finanziamento usuraio. Di qui la necessità per gli istituti di credito di ricorrere a fonti informative alternative per valutare il merito creditizio del cliente, fonti che non essendo ufficiali sono di per sé limitate e alquanto rischiose;

2. l’erogazione del credito ai soggetti usurai. Infatti, il finanziamento dell’usuraio viene a volte assicurato proprio dal credito legale, in quanto, sempre per deficienze di sistema o di singola banca, si concede credito anche a soggetti sui quali un’attenta analisi dei volumi e delle caratteristiche dell’attività economica farebbe individuare dei profili di anomalia;

3. la diffusione di informazioni riservate, dagli operatori legali ai soggetti usurai. Gli operatori bancari possiedono, infatti, un patrimonio di informazioni privilegiate che, se trasmesse agli usurai, possono creare grossi problemi al settore bancario.

A tale riguardo, però bisogna sottolineare che il nostro Paese, insieme a pochi altri stati europei, dispone di un servizio centralizzato dei rischi – cosiddetta Centrale dei rischi – istituito presso la Banca d’Italia, la cui finalità consiste nel mettere a disposizione del sistema bancario un valido strumento informativo in grado di accrescere la capacità delle banche di valutare e controllare il rischio creditizio. Scopo precipuo di tale archivio è quello di mettere aziende di credito ed intermediari in condizione di avere in ogni momento l’esatta dimensione dell’esposizione di un cliente, quindi, di valutare preventivamente il rischio della concessione di un prestito o nell’ampliamento di una linea di fido. La Centrale – frutto della collaborazione tra la Banca Centrale e gli istituti di credito – si basa sulle comunicazioni periodiche che i soggetti partecipanti alla rilevazione devono obbligatoriamente effettuare alla Banca d’Italia, indicando la propria esposizione creditizia nei confronti di ciascun cliente e il nominativo di ognuno di questi. La Banca Centrale, dal canto suo, provvede ad aggregare le segnalazioni ricevute, sommando l’importo dei fidi concessi a ciascun affidato, e subito dopo restituisce a ogni banca un flusso informativo recante l’ammontare dell’indebitamento complessivo, verso l’intero sistema creditizio, dei soggetti precedentemente segnalati. Se tale è il meccanismo di funzionamento della Centrale dei rischi, va da sé che essa ha significato se vi partecipi l’intero sistema creditizio, compresi gli intermediari non bancari. La Centrale è stata oggetto recentemente di una importante rielaborazione, frutto di cinque anni di lavoro, secondo le direttive tracciate dalla nuova legge bancaria. Grazie a questa radicale revisione del grande archivio della Banca d’Italia, si è dato vita ad un sistema informativo in grado di rilevare milioni di posizioni e di censire ogni mese tre milioni di operazioni effettuate da circa mille banche e da duecento società finanziarie. Determinante per il successo di tale servizio sarà comunque l’apporto che vi daranno le banche, sulle quali gravano oggi numerosi oneri di adeguamento.

6. La disciplina alla luce
della legge 7 marzo 1996 n.108

La legge 108/96 ha apportato talune novità di rilievo nel complesso della normativa di contrasto al fenomeno dei prestiti a tassi usurari.

Con riferimento all’individuazione dell’illecito, innanzitutto è stata abolita la distinzione tra usura propria e usura impropria, per effetto dell’abrogazione dell’art. 644 bis cp, così introducendo una sola figura di usura, per la quale si determina, quoad poenam, la competenza esclusiva del tribunale. Ma, soprattutto, la determinazione della fattispecie si ispira ad una ratio del tutto innovativa ed è ancorata a presupposti oggettivi che prescindono dalle caratteristiche che avevano finora connotato l’istituto. In particolare, viene meno il requisito dell’approfittamento dell’altrui stato di bisogno previsto dalla previdente formulazione dell’art.644 cp, come non è più richiesto il presupposto oggettivo delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria della vittima che svolge un’attività imprenditoriale o professionale. Il nuovo testo dell’art. 644 cp, infatti, dispone che per aversi usura è sufficiente che, a fronte della prestazione di denaro o di altra cosa mobile, siano richiesti “interessi o altri vantaggi usurari”. Quanto poi alla specificazione del concetto di interesse usurario, il legislatore ha fissato una serie di parametri legali al fine di determinare in maniera abbastanza rigida un tasso soglia, superato il quale gli interessi richiesti si considerano automaticamente usurari, con conseguente riduzione degli spazi di valutazione da parte del giudice. In tal modo, si viene a sanzionare non più la totale compressione dell’autonomia negoziale della vittima, bensì la semplice realizzazione di un’operazione a contenuto economico difforme dai parametri legali, con un evidente effetto di oggettivizzazione dell’illecito. Alla nuova formulazione, dunque, consegue una notevole estensione del campo di applicazione della norma, a cui si accompagna da un lato un inasprimento delle pene, dall’altro un’indicazione più analitica delle circostanze aggravanti, legate o alla particolare attività dell’usuraio o alla qualità della vittima (imprenditore, artigiano o professionista) oppure dell’autore del delitto o ancora connesse alla situazione di bisogno della vittima. Dall’esame della norma emerge che è stata innanzitutto estesa al delitto di usura l’applicabilità di strumenti d’indagine, di sanzioni patrimoniali e di misure di prevenzione, come ad esempio la specifica confisca dei proventi del reato, prevista dall’ultimo comma del nuovo articolo 644 cp e la possibilità di effettuare intercettazioni telefoniche e ambientali. Sono poi stati introdotti elementi di raccordo normativo rispetto alla disciplina civilistica, nonché dei sostanziali correttivi alle norme sul protesto. La legge 108/96 ha inoltre previsto l’introduzione di interventi economici diversificati, finalizzati da un lato alla prevenzione dl fenomeno, dall’altro al sostegno finanziario delle vittime. A tale proposito, vanno menzionati gli articoli 14 e 15 del testo normativo, i quali prevedono l’istituzione rispettivamente di un “Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura” (presso l’ufficio del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket) e di un “Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura” ( presso il ministero del Tesoro), che hanno struttura e finalità differenziate. Particolare attenzione, infine, è stata riservata dal legislatore alla disciplina delle attività di mediazione e consulenza nella concessione di finanziamenti erogati da banche o da intermediari finanziari abilitati, il cui esercizio è stato dall’articolo 16 riservato a soggetti qualificati ed iscritti in un apposito Albo istituito presso il ministero del Tesoro.

7. Il tasso soglia

La soluzione normativa adottata dal legislatore italiano con la legge 108/96 costituisce un chiaro compromesso tra il modello di repressione dell’usura adottato in Francia , che considera usurario quel prestito il cui tasso effettivo globale di interesse superi di un terzo il tasso effettivo medio praticato dalle banche, e il modello adottato in Germania, dove invece si fa riferimento allo sfruttamento della situazione di necessità della vittima e alla consistente sproporzione esistente tra i vantaggi patrimoniali da questa promessi e la prestazione o l’intermediazione fornita dall’usuraio. La legge in argomento nell’art. 2 stabilisce i criteri per la determinazione del limite legale della misura del tasso di interesse, devolvendo al ministero del Tesoro l’incarico di rilevare il tasso effettivo globale medio praticato nel trimestre precedente. Come già anticipato, l’introduzione nell’ordinamento italiano del tasso soglia, sull’esempio della legislazione francese, è stata preceduta, e seguita, da un serrato dibattito circa la reale utilità di un simile meccanismo per arginare il fenomeno dei prestiti a tasso usurario.

In particolare, il mondo bancario, pur essendo sostanzialmente favorevole a un intervento legislativo per contrastare un fenomeno in forte espansione quale è l’usura, si è scagliato contro il metodo seguito dal legislatore italiano, denunciando, prima e dopo l’emanazione della legge 108/96, la pericolosità insita nel meccanismo del tasso soglia e le possibili conseguenze negative sul mercato del credito.

A farsi portavoce di critiche all’intervento legislativo in relazione all’introduzione del tasso soglia è stata l’associazione bancaria italiana – Abi –, sostenendo che per mantenere il limite, superato il quale si verifica l’usura, è inevitabile il riferimento ad un valore. La stessa associazione ha rilevato pertanto l’errore del legislatore per aver preso come riferimento un valore, il cosiddetto tasso effettivo globale medio, la cui misura è conoscibile solo ex post; di qui la proposta di prendere come valore di riferimento un saggio non bancario, come ad esempio il tasso ufficiale di sconto che è sempre conosciuto o conoscibile da chiunque in ogni momento. Secondo l’associazione dei banchieri, dunque, il fenomeno dell’usura rischia di espandersi ulteriormente, anziché essere arginato, proprio a causa della determinazione del tasso soglia. Infatti un simile meccanismo si scontra con la realtà del mercato italiano, caratterizzato da forti differenze di tasso a seconda delle diverse aree geografiche. Il pericolo quindi è che si assista a fenomeni di razionamento del credito, di espulsione dal mercato legale della clientela più marginale e più a rischio. Critiche all’introduzione di un limite legale al tasso d’interesse sono state rivolte anche da esponenti dell’alta economia. Ciò che soprattutto è stato denunciato è l’approccio erroneo adottato dal legislatore per la politica di repressione del fenomeno usurario, incentrato sull’equazione tasso d’interesse elevato = contratto usurario. Una simile equazione sconta un errore di partenza, e cioè il fatto di aver trascurato la specificità dei contratti usurai: si tratta, infatti come già in precedenza indicato, di contratti molto particolari, in cui vi è da una parte un prenditore in difficoltà (l’usurato), e dall’altra un datore di fondi altrettanto peculiare (l’usuraio), che a differenza degli operatori legali non persegue lo scopo di assicurarsi il rientro della somma. Senza una simile premessa, si sostiene, si rischia di cadere nell’arbitrio, ed è proprio quello che è successo con la legge 108/96. Infatti, in base alla nuova normativa l’usura viene a coincidere esclusivamente con l’elevatezza del tasso, senza alcun riguardo né alla natura del prenditore, che potrebbe anche non essere soggetto degno di tutela, né tantomeno a quella del datore, che non viene distinto in legale e illegale. Ecco, allora, come si giunge all’equazione di cui sopra. Infine, quanto alle reazioni della magistratura, alcuni suoi esponenti hanno sostenuto, già prima della emanazione della legge 108/96, che la determinazione di un tasso fisso, anziché favorire il raggiungimento della piena prova del reato di usura, rischia di rivelarsi controproducente nel momento dell’accertamento giudiziario. Ciò in quanto si potrebbe creare un margine d’impunità per quei casi che pur caratterizzati da approfittamento dell’altrui difficoltà e da condizioni complessivamente usurarie, si collochino, quanto a tasso di interesse, ad un livello immediatamente inferiore rispetto al tasso individuato come usurario, tenuto conto dell’inevitabile soggettività connessa a questo tipo di valutazioni.

8. Il Fondo di solidarietà
per le vittime

Se l’introduzione del tasso soglia ha suscitato numerose critiche, diversamente è stata accettata in modo sostanzialmente positivo la creazione di due fondi antiusura, l’uno con finalità preventive, l’altro di sostegno alle vittime degli strozzini, anche se, come vedremo più avanti, non sono mancate perplessità circa la reale utilità di tali strumenti. Innanzitutto, l’articolo 14 della legge 108/96 ha previsto l’istituzione, presso il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket (vedi box sotto), del Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura, avente la finalità di erogare mutui, a tasso zero e di durata non superiore a cinque anni, a favore dei soggetti che esercitano un’attività economica o professionale che si dichiarino vittime del delitto di usura o che risultino parti offese in un procedimento penale relativo a tale reato. I mutui in questione non possono per ovvie ragioni essere concessi a favore di soggetti condannati per il reato di usura o sottoposti a misure di prevenzione personale, mentre nei confronti dei soggetti indagati o imputati per tale reato ovvero proposti per tali misure la concessione del mutuo è sospesa fino all’esito dei relativi procedimenti. Sono altresì esclusi dalla erogazione del mutuo quei soggetti meritevoli che, nel corso del procedimento penale per il delitto di usura (in cui rivestano ovviamente la qualità di parte offesa), abbiano reso dichiarazioni false o reticenti. 

Sono poi previste cause di revoca del mutuo che sia già stato erogato. Quanto ai tempi di erogazione del mutuo, esso non può essere concesso prima che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio del procedimento penale.  Per quanto concerne le modalità da seguire per ottenere il mutuo, l’interessato deve avanzare la domanda di concessione del mutuo al Fondo entro sei mesi dalla data in cui ha notizia dell’avvio delle indagini. Tale domanda deve essere corredata da un piano di investimento e di utilizzo delle somme richieste finalizzato al reinserimento della vittima nell’economia legale. È comunque escluso espressamente che il denaro ottenuto a titolo di mutuo o di anticipazione possa essere utilizzato per effettuare pagamenti, a qualsiasi titolo, a favore dell’usuraio. L’importo del mutuo, in linea generale, è commisurato al danno subito dalla vittima per effetto degli interessi e degli altri vantaggi usurari corrisposti. In merito si puntualizza che l’iter procedurale per ottenere la concessione del mutuo è stato incentrato con criterio di seri riscontri curati dalle prefetture in modo da evitare, come già accennato, eventuali reazioni simulative o truffaldine. In proposito le prefetture si avvalgono di tutti gli organi di polizia che hanno curato le indagini richiedendo l’acquisizione di elementi di prova avvalorati in sede giudiziaria. L’indagine è di notevole rigore in quanto si concretizza anche in una radiografia economica della vicenda in esame. Pertanto come si evince facilmente dalle condizioni richieste dal legislatore per la concessione del mutuo, è evidente il suo carattere premiale rispetto al comportamento processuale della vittima del reato: l’erogazione suddetta, infatti è collegata – seppure indirettamente – al contributo processuale che i soggetti usurati danno agli inquirenti per l’individuazione dei colpevoli. 

Tra le disposizioni da segnalare, va infine ricordata quella che affida la gestione del Fondo di solidarietà al ministero dell’Interno, dove già attivo il Fondo antiracket, sulla cui falsariga è stato del resto modellato il funzionamento della nuova struttura.

 

12/01/2021