Cristiano Morabito

Roma si fa in 15

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Parte la riorganizzazione della sicurezza nelle città metropolitane, con la Capitale a fare da apripista

pp 11-20

Sono tanti gli appellativi che Roma si è guadagnata nel corso di una storia millenaria, dal latino “Caput mundi”, fino ad arrivare a definizioni che ne caratterizzano la popolazione “sorniona”. Ma di certo, quella che forse nel momento attuale le si addice maggiormente è “enorme” e sono i numeri a dirlo: un’estensione tale da riuscire a contenere il territorio di una decina di città italiane medio-grandi, quartieri estesi quanto intere provincie e un numero di abitanti di quasi 3 milioni che, con l’hinterland e i tanti turisti che la visitano nell’arco dell’anno, arriva a contare una popolazione che è quasi il doppio.  

Una città dalle mille sfaccettature, con la sua millenaria bellezza a far da cornice alle tante contraddizioni che racchiude in sé, ma tipiche di una grande metropoli, di una importante capitale europea.

Roma nei decenni è cresciuta, si è allargata a dismisura, edificando interi quartieri in zone che fino a una decina di anni erano “abitati” solo dai pastori con le greggi di pecore. Una vera e propria “cura del cemento” che ha portato molti romani a vivere in quartieri-dormitorio nati intorno a enormi centri commerciali. Quello che fino ad allora era considerato il confine, ossia il Grande raccordo anulare, adesso è diventato una strada che quasi taglia in due la città, spostando la periferia qualche chilometro più in là.

Un’espansione, quindi, quasi esponenziale che, oltre a problemi classici come l’aumento del traffico non solo nelle ore di punta, ha determinato un cambio radicale della filosofia di vivere una grande metropoli come Roma, spostando la vita quotidiana degli abitanti dal centro a una decina di chilometri di distanza da quest’ultimo.

Tutto questo, chiaramente, non poteva non incidere anche sul modo di fare sicurezza nella Capitale, che non sarebbe più potuto rimanere quello concepito in passato per una città di dimensioni più piccole.

Tre gli argomenti chiave, su tutti: pronto intervento, pattugliamento del territorio e soprattutto contatto maggiore con i cittadini e le loro esigenze.

Ed è proprio seguendo questo fil rouge che si è pensato di rivoluzionare completamente il modo di fare sicurezza non solo a Roma, ma nelle principali città metropolitane italiane; e quale miglior banco di prova se non quello della Capitale per far partire tutto questo?

Il “D-day” è stato l’8 ottobre scorso, quando a Roma, alla presenza delle principali autorità locali, dei vertici della Polizia di Stato e di rappresentanti delle polizie delle maggiori metropoli europee, è stato dato il via alla riorganizzazione del sistema-sicurezza dell’Urbe, che va ad affiancarsi al modo di fare sicurezza delle più importanti capitali del Vecchio continente.

Tre principi cardine sono stati la base dalla quale far partire tutto questo processo, diventato operativo proprio in questi giorni, dei quali il principale, e per certi versi rivoluzionario, è quello di una sorta di “ribaltamento della clessidra” nei rapporti tra polizia e cittadini, mettendo stavolta, al centro dell’attenzione, proprio le esigenze di questi ultimi da comunicare a chi deve garantire la sicurezza della città.

Per attuare questo cambio di direzione, la chiave è stata quella dell’istituzione dei “Distretti di pubblica sicurezza”. Un nome che, a Roma, rievoca gli Anni ’70 e ’80, ma che dal passato ha mutuato solamente la denominazione e che, dentro di sé, ha insita la vera e propria innovazione del “fare sicurezza” in una metropoli.

Così, la città è stata divisa in 15 distretti; un numero, il 15 per l’appunto, non scelto a caso e che coincide perfettamente con i municipi (le vecchie circoscrizioni) in cui è divisa Roma. Un primo indizio, questo, che fa subito capire quale sia la nuova filosofia che guida il “fare sicurezza” nella Capitale e, in futuro, nelle principali città metropolitane del Paese.

Ma facciamo un passo indietro per vedere come si è arrivati a questo numero. Roma, fino a poco fa, contava ben 49 commissariati, dislocati nei quattro punti cardinali della città, ognuno con una propria autonomia, anche dal punto di vista amministrativo, e tutti, ovviamente, facenti capo alla questura, che dal marzo dello scorso anno è diretta da Carmine Esposito (vedi intervista a pagina 9). Si è dunque pensato di dover semplificare al meglio tutti i processi di gestione, per attuare quel concetto di “sicurezza come sistema” che ha mosso questa radicale riorganizzazione. Si è optato per una formula organizzativa “multilivello” strutturata in Distretti di pubblica sicurezza e commissariati sezionali, ricalcando l’organizzazione periferica di Roma Capitale, divisa in 15 municipi. Si è proceduto all’accorpamento di molti commissariati e alla creazione dei Distretti, salvo nei casi, come quelli di alcuni commissariati periferici che già coprivano un’estensione territoriale notevole, mettendo a capo di ogni Distretto di ps un dirigente che coordinasse anche i commissariati accorpati alla sua struttura. La vera e propria rivoluzione è stata quella di creare un nuovo canale di comunicazione con il territorio, ossia con i presidenti dei diversi municipi, da ora in grado di colloquiare direttamente con l’autorità di ps, rappresentando tutte le principali problematiche del territorio da loro amministrato, tutte le maggiori e più importanti richieste dei cittadini, non solo in materia di sicurezza. La principale novità consiste nel farlo non solo a voce con la classica telefonata o in una riunione, anche in videoconferenza, ma in tempo reale attraverso un portale internet, per realizzare quel rapporto one to one importantissimo tra istituzioni locali (rappresentanti dei cittadini) e autorità di ps. Il tutto, di conseguenza, comporta una maggior efficienza e razionalizzazione delle attività svolte dalla polizia, a vantaggio chiaramente degli utenti finali, ossia i cittadini, vero e proprio terminale della riorganizzazione in distretti, con i commissariati sezionali a fungere da “sportelli avanzati”, sempre nell’ottica di una maggiore prossimità.

Cosa cambierà per i cittadini? A livello burocratico, ossia per richiedere un passaporto o sporgere una denuncia, le procedure e i luoghi restano tendenzialmente gli stessi, ma la vera e propria innovazione si sta attuando sul territorio, con i cittadini stessi che giocano il ruolo fondamentale di “suggeritori” delle problematiche, notando una maggiore presenza dell’Istituzione sulle strade della Capitale.

Ed è questo l’altro punto fondamentale, ossia una maggior presenza sulle strade della città, non realizzata con un aumento del numero degli equipaggi di Volanti e autoradio dei commissariati, bensì attraverso una razionalizzazione che fa leva soprattutto su un abbattimento dei tempi nel raggiungimento delle zone di competenza e sull’informatizzazione.

Per quanto riguarda la razionalizzazione, sono state inaugurate altre due Sezioni “volanti” che, insieme a quella storica con sede nella caserma “Maurizio Giglio” nella zona di Roma Nord, ora sono in grado di coprire tempestivamente tutte le zone assegnate, abbattendo i tempi di percorrenza nei cambi turno.

Punto fondamentale, invece, quello dell’informatizzazione che permette agli equipaggi di Volanti e autoradio di ricevere in tempo reale notizie dalla Sala operativa, corredate di fotografie dei luoghi da controllare, percorsi da effettuare e tutto ciò che possa rendere più efficiente e accurato un intervento di polizia.

Il tutto viene realizzato attraverso il portale “Prosit” (acronimo di “Processi di sicurezza integrata territoriale”), lo stesso in grado di mettere in contatto i presidenti di municipio con i dirigenti dei distretti, ai quali sono collegati i tablet in dotazione ai diversi equipaggi. In pratica, per fare un esempio concreto, il presidente del municipio effettua una segnalazione al dirigente del Distretto che valuta e verifica i fatti e tramite la Sala operativa trasmette le disposizioni agli equipaggi collegati. Il tutto si riassume in una scheda di pattugliamento dedicato fruibile direttamente dagli operatori sul territorio: quattro semplici click che eliminano montagne di carta e abbattono i tempi, raggiungendo quasi il realtime.

Dunque, una vera e propria rivoluzione, con Roma chiamata a fare da apripista, alla quale, in tempi brevi, seguiranno Milano, Torino e Napoli.

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Intervista al questore di Roma, Carmine esposito

Cosa significa essere questore di Roma?
Penso sia un’esperienza unica. Sono stato già questore di altre città (Trapani, Brescia, Bari) e nessuna di queste esperienze può essere paragonata a questa. È una città che al suo interno potrebbe racchiuderne altre dieci medio-grandi, con commissariati che coprono un territorio pari a Firenze e con un numero di cittadini maggiore. Roma ha circa 3 milioni di abitanti e in situazione di “normalità” viene letteralmente sommersa da turisti che provengono da ogni parte del mondo, raddoppiando le presenze. Ma è anche la Capitale del nostro Paese e racchiude in sé tutte le problematiche delle grandi capitali europee, con decine di obiettivi sensibili. 

“Fare sicurezza” a Roma è più difficile che altrove?
L’Urbe ha un territorio particolarmente eterogeneo, le cui caratteristiche, lo sviluppo demografico, le varie realtà economiche e la criminalità diversificata nei vari quartieri, sono elementi che hanno comportato una riflessione sul modo di fare sicurezza, ripensandone l’organizzazione e facendo in modo che fossero i cittadini stessi a suggerire alle forze di polizia gli argomenti. Non è un’inversione di tendenza solo verbale: la nuova configurazione del fare sicurezza nella città fa leva non solo sull’articolazione dei distretti, che rappresentano una novità assoluta, ma su altri punti fondamentali, come la dislocazione degli equipaggi preposti al controllo del territorio e al pronto intervento: prima avevamo una sola base logistica nella zona Nordest e per raggiungere i quadranti della città ci voleva anche oltre un’ora, influendo sull’efficacia del servizio (che da 6 passava a circa 4 ore) e lasciando scoperte le zone di riferimento nel momento dei cambi turno. L’aggiunta di due nuove Sezioni “volanti” ha consentito di abbattere i tempi di raggiungimento delle zone in 4-6 minuti. Alle Volanti vanno aggiunte le “autoradio” dei commissariati che assicurano il pattugliamento e il controllo del territorio, seguendo uno studio costante della criminalità e delle necessità. In tempi ante-Covid questo tipo di pattugliamento ha portato a un abbattimento del 17% della delittuosità, schizzato a oltre il 45% in pieno lockdown. 

La città, negli anni, ha allargato di molto i propri confini, fino ad arrivare oltre il Grande raccordo anulare.
Il 40% della popolazione romana è dislocato in periferia e, difficilmente, sposterà i propri interessi verso il centro: questo ci ha portato a rivedere il nostro assetto organizzativo accorpando alcuni commissariati in zona centro e dando maggior attenzione alle periferie, dove sta aumentando sempre di più il numero di cittadini che vi abitano. Il Distretto, con i commissariati satellite, sarà uno sportello avanzato sulle periferie, dove il presidente del municipio avrà un contatto one to one con l’autorità di ps. Attraverso questo rapporto diretto con l’ente territoriale, il Distretto intercetterà tutte le problematiche per mettere a punto piani operativi specifici per andare incontro a chi vive in quella zona.

La questura di Roma non si occupa solo della città, bensì di tutta la provincia. Quali sono le strategie per l’hinterland romano?
Accanto a Distretti e commissariati sezionali, coesistono anche i commissariati distaccati (molti dei quali nella zona dei Castelli romani), che sono espressione dell’autorità provinciale di pubblica sicurezza ed esercitano le funzioni di autorità locale di ps. Nella città metropolitana di Roma ci sono 49 commissariati, 46 dei quali operativi e in grado di produrre equipaggi che intervengano sul territorio. Oltre al commissariato di Ladispoli, è di prossima apertura un commissariato a Corviale, quartiere molto popoloso e che necessita di particolari attenzioni, così come è prevista l’apertura di commissariati sul “margine” del GRA (Castelverde, Portuense), ai quali se ne aggiungeranno altri per i quali è già iniziata la ricerca delle sistemazioni logistiche e del personale: è il primo passo per arrivare a una rete dei nostri presidi sul territorio che copra completamente città e provincia. 

Com’è cambiata nel tempo la criminalità romana?
Profondamente. La banda della Magliana è stata una delle realtà criminali forse più feroci che la città abbia conosciuto e oggi ne esistono ancora dei residui. C’è un “pulviscolo” di gruppi criminali che agiscono in alcune parti della città e molti di questi derivano da gruppi organizzati, come la criminalità calabrese e quella campana (’ndrangheta, camorra e casalesi). Questa natura “pulviscolare” ha influito anche sulle nostre modalità di contrasto; la Squadra mobile conosce molto bene la criminalità romana e anche di recente ha affrontato indagini molto importanti. 

A Roma c’è la mafia? 
Sicuramente. Due sono i fattori comuni a tutti i gruppi criminali: la droga e il riciclaggio di denaro. La criminalità capitolina ha compreso che deve “inabissarsi” e quindi diventare padrona di attività economiche è uno degli obiettivi principali, con l’acquisizione di esercizi commerciali o con l’usura, dato il periodo di grande difficoltà che stiamo attraversando.

Come avete affrontato il periodo del lockdown e come affronterete gli scenari futuri legati alla pandemia?
Distinguerei il piano umano e quello professionale. Dal punto di vista umano non si sarebbe potuta determinare una situazione più difficile di quella attuale. Innanzitutto ci preme che i nostri cittadini vivano in sicurezza e, allo stesso tempo, che i nostri poliziotti siano tutelati il più possibile. Sul piano professionale abbiamo dovuto riscrivere il nostro Dna. Sono 35 anni che sono in polizia e 35 anni fa mai avrei pensato di dover fare controlli e multe ai cittadini solo perché usciti di casa. Ogni nostro intervento è sempre stato orientato al massimo dell’umanità, della comprensione e della vicinanza alle persone. “Polizia” deriva da “polis”, quindi da “cittadinanza”: un concetto che è insito nell’Istituzione cui facciamo capo e che implica vicinanza alla gente, solidarietà e aiuto. Agire sulle libertà personali per violazioni amministrave, crea sicuramente qualche imbarazzo alla nostra coscienza. Su 16 milioni di controlli effettuati durante il lockdown in tutta Italia, solo a Roma le forze di polizia ne hanno fatti oltre 3 milioni. E attualmente forse la preoccupazione maggiore è quella che riguarda il disagio sociale conseguenza di questo periodo storico. La nostra attenzione su questo argomento è costante e alta.

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Nasce il terzo polo “volanti”
Dagli Anni ’70, per qualsiasi poliziotto della Capitale, “Caserma Guido Reni” è sinonimo di Reparto “volanti”. Da qualche mese a Roma non è più così: la storica caserma “Maurizio Giglio” nel quartiere Flaminio, non è più l’unica Sezione delle “pantere” dell’Urbe ma, pur restando un punto nodale per l’attività di gestione generale del personale e del numero totale di equipaggi in uscita, è stata affiancata da altre due Sezioni (una nella zona Est e l’altra nella zona Sud). Un ideale triangolo equilatero da sovrapporre alla piantina della città, i cui vertici sono proprio rappresentati dalle tre Sezioni. 

«Roma vive del piano coordinato di controllo del territorio, accordo siglato tra Comando provinciale dell’Arma, l’autorità tecnico operativa di pubblica sicurezza (il questore) e l’autorità di ps ricoperta dal prefetto della Capitale – ci dice Massimo Improta, primo dirigente a capo dell’Upgsp della questura di Roma – La città è stata divisa in tre grandi “fette di torta”: A, B e C. In base al numero di forze che la questura riesce a esprimere sul territorio,comprendente il pronto intervento dei carabinieri, risulta che due zone (ad esempio A e B) sono coperte dalla Polizia di Stato e una dall’Arma. Gli interventi, in base a questa divisione territoriale, vengono gestiti dal numero unico delle emergenze (112) e smistati in base alla zona di competenza, secondo una rotazione che avviene ogni 24 ore, ideata per ottimizzare le risorse, in modo tale che non si duplichino gli interventi».

Dunque, tre poli Volanti nati per razionalizzare le risorse in campo, abbattere i tempi di raggiungimento delle zone e ridurre, perché no, anche i consumi e l’usura dei mezzi. «La seconda Sezione – continua Improta – nasce ipotizzando una diagonale sul perimetro della città, così è stata individuata una location nella zona Sudest di Roma, così da coprire nel minor tempo possibile tutte quelle zone a ridosso del GRA che si sono espanse notevolmente negli anni. In un’ipotetica suddivisione della città, si è poi deciso di coprire anche la zona Sud della Capitale, dando vita a una terza sezione, inaugurata ai primi di settembre con sede all’interno della struttura del Distretto di “Tor Carbone”». 

Altra innovazione che non va dimenticata è quella della creazione di “Prevenzione 90”, il punto principale per trattazione di fermati e arrestati, dove è possibile redigere gli atti, effettuare fotosegnalamenti e, poiché situato nella struttura dell’Ufficio immigrazione, trattare anche casi relativi a  stranieri. «“Prevenzione 90” serve a eliminare inutili passaggi tra uffici ubicati in luoghi diversi – conclude il dirigente – e anche per salvaguardare la sicurezza degli operatori che non devono più tenere a lungo i fermati a bordo delle auto. Abbiamo aspettato qualche anno per questo passo e ci siamo riusciti grazie a persone come il questore Esposito, che hanno saputo anche ascoltare le esigenze dei poliziotti».

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PAROLA D'ORDINE: “FARE RETE”

Un territorio di circa 100 kmq (Firenze ne fa 102), 8 comuni, oltre 400mila residenti, 3 procure competenti, una media di 10mila passaporti rilasciati all’anno, un centro commerciale dal quale passano oltre50mila persone al giorno. Questi sono solo alcuni dei numeri del III distretto “Fidene”, uno tra i più grandi della città, e a dirigere gli 80 poliziotti che ci lavorano c’è Fabio Germani, primo dirigente classe ’72, romano, con un passato tra antiterrorismo e ordine pubblico. 

Da commissariato a Distretto: cosa cambia “sul campo”?
Un collegamento efficiente ed efficace con il presidente del municipio di riferimento; un’unica interfaccia di comunicazione che agevola il flusso informativo e facilita la comprensione di fenomeni che, se non analizzati insieme, come ad esempio aspetti di degrado urbano (apparentemente lontani da problematiche di ordine pubblico), se non gestiti in modo idoneo rischiano di creare riflessi su ordine e sicurezza pubblica. Significa aprire tutti i canali di comunicazione per cogliere segnali precoci di criticità di vario tipo. Interfacciarsi direttamente con il municipio consente di cogliere in tempo utile questi segnali e “governarli”, invece di subirli. 

Qualche esempio pratico?
Il Parco delle Valli era pieno di micro-insediamenti di vario tipo fino al febbraio scorso, poi è stata fatta un’azione incisiva di bonifica insieme alla “squadra di sicurezza partecipata”, che comprendeva Polizia locale (III gruppo “Nomentano”), Carabinieri, Guardia di Finanza, “Roma Natura”, Ama, volontari del Parco, comitati di quartiere e noi: facendo “rete” abbiamo rimesso in sicurezza l’intera area restituendola alla comunità, rendendola più fruibile grazie anche alle squadre della polizia a cavallo. Dunque, un problema nato solamente da segnalazione di degrado urbano che, scomposto in fattori, grazie all’azione corale tra amministrazioni ed enti, è stato risolto. 

Quali sono le problematiche di questo territorio?
Quanto costruito qui negli anni, non è stato consegnato al municipio con il collaudo dei costruttori. Dunque, il municipio non riesce a intervenire perché i servizi da fornire (es. illuminazione pubblica) non sono mai stati presi in carico. La nuova cabina di regia Distretto-Municipio consente ora di pianificare al meglio interventi straordinari per risolvere criticità segnalate dalla comunità.

Che tipo di criminalità?
Generalmente furti di autovetture e in appartamento, ma quello che abbiamo scoperto essere il più commesso è il “codice rosso” (atti persecutori, stalking, maltrattamenti in famiglia e di genere), una vera e propria piaga sociale che rischiava di restare inascoltata durante il lockdown, periodo in cui siamo riusciti ad attivare canali di comunicazione diretti con i centri antiviolenza, ricevendo denunce anche on line, pronti ad “esserci sempre” allargando il monitoraggio e riuscendo a gestire codici rossi anche in quel periodo. Poi, naturalmente, lo spaccio di droga: grazie a un’imponente operazione, risultato di tre anni di indagini, è stata spazzata via la piazza di spaccio del Tufello, una delle principali della Capitale.

Come affrontate il periodo particolare che stiamo vivendo?
Le varie ordinanze e dpcm ci hanno portati a rimodulare il nostro modus operandi quotidiano. Abbiamo implementato il dialogo e l’ascolto con i commercianti del III municipio per aiutarli a lavorare in totale sicurezza, non solo nelle aree della movida. “Aiutateci ad aiutarvi” è la nostra mission per contenere il rischio di contagio nella nostra zona e vigilare, insieme agli addetti ai controlli dei locali, sul rispetto dei protocolli. Abbiamo fatto rete anche stavolta, per far comprendere che la pericolosità deriva dalla non osservanza di semplici regole; questo può creare problemi anche a chi, come noi, lavora in ambienti potenzialmente pericolosi. Siamo poliziotti, quindi esseri umani e la divisa non ci protegge da sola dal virus.

10/11/2020