Federico Scotti*

Spennati dalle app

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Comode e utili ma alcune, una volta scaricate sul telefonino, mirano a svuotare il nostro credito

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Con le nuove tecnologie informatiche abbiamo imparato che molte cose possono avere un valore: i nostri dati personali oramai sono protetti da robuste leggi che li tutelano; il nostro tempo, unica variabile della velocità che possiamo controllare (l’altra è lo spazio che abbiamo trasformato in virtuale) non siamo disposti a perderlo e pretendiamo connessioni sempre più rapide; le nostre abitudini commerciali sono diventate il paese dei balocchi della pubblicità mirata e personalizzata; abbiamo persino basato dei sistemi di valuta immateriale fondati sulla risoluzione forzata di un problema crittografico (si aggiudica la moneta chi per primo risolve una combinazione numerica sconosciuta procedendo per tentativi casuali).

In pratica la rete e l’interconnessione tra le persone ha generato un interesse sfruttabile economicamente con cose che con altre tecnologie non era possibile fare.

E se esiste qualcosa di valore, ci sarà sempre qualcuno che cercherà di ottenerlo in modo illecito. E così i nostri dati personali vengono rubati, il nostro tempo ci viene sottratto, le nostre abitudini commerciali vengono sfruttate a nostra insaputa e le monete virtuali sempre più spesso vengono usate per scambi illegali. Ma le vecchie care abitudini di rubare i soldi veri, quelle non passano mai di moda, e visto che nei nostri cellulari i soldi ci sono davvero, così esistono molti modi per subire una truffa che in alcuni casi porta alla sottrazione di molto denaro.

Uno dei primi sistemi di truffa telefonica, era la cosiddetta tariffazione a sovrapprezzo o a valore aggiunto. Questa pratica, consisteva nel far pagare un costo molto alto per la singola telefonata a fronte della prestazione di un servizio. Era caratterizzata da un prefisso telefonico specifico (inizialmente 144 o 166 ma poi passato a 899, per non fare confusione con i numeri di emergenza che iniziano con 1) e il compenso veniva addebitato direttamente sul conto telefonico. Il tipo di servizio offerto era molto vario e si passava dalle notizie all’intrattenimento, dalla fornitura di servizi di connessione alla ricerca di numeri telefonici. Ci pare incredibile, ma c’era un tempo in cui per trovare qualcosa non ci rivolgevamo ai motori di ricerca on line.

Meno sofisticato, ma più subdolo è il cosiddetto “squillo”.

Può capitare di ricevere una chiamata da un numero non presente nella nostra rubrica, solo che non si fa a tempo a rispondere e dopo uno squillo la telefonata viene interrotta. Se si fa attenzione si può notare che la chiamata proviene dall’estero, con il doppio zero o con il segno + davanti al numero. Ecco la truffa sta proprio qui: se sbadatamente non ci si accorge della chiamata internazionale e si prova a ricontattare il chiamante scatta una di quelle tariffe a sovrapprezzo capaci di svuotare il credito molto rapidamente e vista la localizzazione estera della chiamata, riuscire a recuperare il maltolto è praticamente impossibile.

Se con il passare degli anni abbiamo imparato a riconoscere le truffe più dirette, e non dimentichiamoci che a volte abbiamo dovuto anche difenderci dai nostri operatori di telefonia che spesso attivavano servizi a pagamento non richiesti sul nostro piano telefonico, ora il campo di battaglia delle truffe col telefonino si è spostato sulle applicazioni.

I nostri smartphone non sarebbero così “intelligenti” se non li riempissimo di app per fargli fare quasi tutto, solo che ora qualcuno ha pensato di sfruttare la nostra smania di scaricare applicazioni per ripulire il nostro conto telefonico.

Il fenomeno è talmente cresciuto che queste app hanno anche un nome, sono le app “fleeceware” che liberamente può essere tradotto “prodotto per ripulire, spellare o spennare”, facile intuire chi è che viene spennato.

Anche qui il meccanismo è semplice: si produce un’applicazione vera e propria in grado di realizzare una qualche funzione abbastanza semplice ma accattivante: scattare foto con filtri particolari, trasformare la nostra voce in quella di un cartone animato, oroscopi personalizzati o altre amenità. Il servizio è offerto in prova e gratuitamente per un periodo limitato, ma il meccanismo di rinnovo è automatico e se ci si dimentica di disdirlo partono cospicui addebiti.

E attenzione, molte volte non basta cancellare l’applicazione dal proprio telefono, bisogna disdire direttamente l’abbonamento sottoscritto, altrimenti... ciao ciao soldini.

Apparentemente tutto legittimo, ma la sproporzione tra quanto fornito e il suo costo per l’utente ha fatto scattare una serie di segnalazioni che ha costretto i gestori delle più importanti piattaforme di scambio di applicazioni di correre ai ripari e cancellare decine di app accusate di essere fleeceware.

Altra truffa simile riguarda però solo il mercato Apple. In pratica viene sfruttato il maggior controllo che la grande azienda statunitense esercita sugli sviluppatori di applicazioni per i propri telefonini, per raggirare noi poveri consumatori. Basta realizzare un app mediocre, che pur rispettando gli standard Apple non sia così appetibile per il pubblico, farsela approvare e poi cambiare l’immagine che rappresenta l’anteprima all’interno dello store, con quella di un’app di successo. L’ignaro utente sarà convinto di scaricare qualcosa che cercava e si ritroverà con la sua brutta copia.

Per recuperare fiducia la Apple ha cambiato la politica di pubblicazioni delle applicazioni e ora non è possibile più cambiare l’anteprima senza un contestuale aggiornamento dell’app.

Il prezzo da pagare per avere il nostro amato telefonino sempre con noi è il rischio che qualcuno sfrutti la nostra fiducia, o anche la nostra superficialità, per appropriarsi illecitamente dei nostri valori, quelli nuovi e quelli tradizionali.

L’unica arma per difendersi è la consapevolezza che dove c’è qualcosa che vale, ci sarà sempre qualcuno che proverà a accaparrarsela. Facciamo sempre attenzione a cosa stiamo utilizzando, quali autorizzazioni stiamo concedendo e leggiamo sempre i commenti e le recensioni di quell’app. L’alternativa è finire “spennati”. ϖ

*settore informatico Ufficio relazioni esterne e cerimoniale del Dipartimento della ps

09/10/2020