Carmelo Nicola Alioto*

Oltraggio a p.u. e intervento fuori dal servizio

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Il reato non si applica a favore dell’agente di polizia che interviene fuori dall’orario di servizio, così si è espressa la Cassazione penale con la sentenza n. 26615 del 2018

lexdecr 8-9-20

La Sesta sezione della Corte di Cassazione è stata adita per risolvere una querelle in ordine al reato di cui all’art. 341 bis cp (oltraggio a pubblico ufficiale). La questione nello specifico riguardava un tizio che in luogo pubblico e in presenza di più persone ha offeso l’onere e il prestigio di un agente di polizia della frontiera di Como. Fin qui il fatto sembrerebbe, sic et simpliciter, sussumibile nella fattispecie penale stigmatizzata dall’anzidetto art. 341 bis cp. In realtà, l’agente di polizia si trovava libero dal servizio. Più in dettaglio, quest’ultimo mentre consumava un caffè all’interno di un bar notava una persona palesemente in stato di ebrezza; sicché, dopo essersi qualificato, chiedeva all’ebbro se fosse a piedi oppure in macchina, poiché in quest’ultimo caso sarebbe stato pericoloso per la sicurezza pubblica mettersi alla guida. A quel punto, l’imputato iniziava a provocare proferendo nei confronti dell’agente frasi forti che ledevano l’onore e il prestigio: «Sbirro di merda, tu non sai chi sono io, ti faccio fare una brutta fine, ti mando a raccogliere la cicoria». Nel merito la Corte ha ritenuto che l’agente di frontiera con il proprio comportamento avesse assolto le funzioni di agente di polizia volte ad assumere informazioni al fine di prevenire pericoli, e per ciò solo trovava corretta applicazione il reato di oltraggio al pubblico ufficiale, ex art. 341 bis. Tale postulato, secondo i giudici di merito, trovava conferma nella funzione della tutela dell’ordine pubblico e della prevenzione espressamente prevista per la Polizia di Stato dalla legge n. 121 del 1 aprile 1981. Proprio in questo segmento dell’attività di prevenzione l’imputato, ben sapendo della qualifica rivestita dalla parte offesa, aveva posto in essere l’azione criminosa. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’articolo 341 bis cp. La Cassazione ha però fissato i principi per guidare la soluzione del caso di specie. Secondo i giudici di legittimità, la parte offesa, allorché fu destinataria della frase offensiva, non risultava in servizio e quindi non stava compiendo alcuna attività funzionale al servizio stesso; benché meno, secondo i giudici, va confuso l’esercizio in concreto delle funzioni con il carattere permanente riconosciuto al servizio proprio di alcune categorie di

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26/08/2020