Cristina Di Lucente
Il cielo sopra Fiumicino
Una giornata insieme ai poliziotti della Frontiera aerea in uno degli hub più importanti d’Europa: il racconto dell’attività ordinaria e della gestione dell’emergenza degli operatori di questa Specialità
Anche senza il consueto viavai di viaggiatori, in un periodo che risente ancora della pandemia da Covid-19, non si può dire che lo scalo aereo Leonardo da Vinci si sia fermato, né tantomeno che siano venute meno le prioritarie emergenze di sicurezza. Il primo requisito rimane tenere sotto controllo il livello della sicurezza in un hub che in tempi normali registra circa 10 milioni di passeggeri annui. «Qui i controlli sono il primo filtro che argina l’arrivo di nuovi contagi nel Paese – spiega il dirigente della Polaria di Fiumicino Giovanni Casavola – i passaporti vengono passati al setaccio, così come 240 voli giornalieri. Lo scopo è di impedire che entrino in Italia cittadini provenienti da aree con alti numeri di contagiati». L’analisi del rischio, lo studio delle rotte utilizzate, uno scenario che cambia rapidamente con il peggioramento dei numeri dei contagi in zone specifiche: si tratta di un lavoro complesso, ma «la Polaria di uno degli scali più importanti al mondo, dove gli investimenti e le aspettative sono elevatissime, non può non essere all’altezza della sfida di svolgere al meglio il proprio compito». Poliziamoderna ha seguito il lavoro dei poliziotti di questa Specialità, suddivisi nelle tre sezioni operative della sicurezza, che fa capo alla sala operativa la quale coordina le pattuglie che controllano il “territorio” dell’aeroporto, della frontiera, che prevede le verifiche sui viaggiatori in arrivo, partenza e transito nell’area Schengen, e della polizia giudiziaria, impegnata nel contrasto alle associazioni criminali nell’ambito dell’aerostazione.
Il briefing: iniziare con energia
La mattinata si apre, come di consueto, con un incontro nel quale il dirigente condivide l’ordine del giorno con i caposezione. È una giornata intensa, oggi si conclude un’operazione di polizia giudiziaria che ha portato a diversi arresti per reati di corruzione. Altro tema “caldo”: i voli con più scali come quelli indiani, con sbarchi provenienti da Paesi limitrofi come il Bangladesh, senza adeguati controlli sanitari e di polizia. «Assicuratevi che tutti gli operatori abbiano adeguate protezioni per lavorare in sicurezza», è l’ultima raccomandazione del dirigente prima di congedare i colleghi e augurare loro buon lavoro.
La sala operativa: il mare in una rete
La sezione sicurezza, la cui mission spazia dalla prevenzione dei piccoli reati all’attività antiterrorismo che procede anche in base agli allertamenti dei servizi di intelligence, ruota attorno a questo nucleo centrale. La sala operativa coordina e supervisiona tutti gli operatori delle pattuglie dislocati nell’ampia superficie dello snodo aereo, che riferiscono ciò che è celato allo sguardo degli operatori del Cot (Centro operativo telecomunicazioni), non potendosi affidare alle “sole” (oltre 2mila) telecamere attive a Fiumicino. Al nostro arrivo troviamo Fabio D’Aprile come capoturno del servizio: «Il nostro è un lavoro che va a integrarsi con quello dei colleghi in pattuglia, svolgendo un’attività di controllo sulle partenze, sui voli sensibili – americani e israeliani in particolare – senza trascurare l’area attorno al perimetro aeroportuale». Il periodo del lockdown ha rappresentato un momento del tutto inedito per la gestione delle emergenze: «Molte urgenze derivano dal meccanismo delle triangolazioni, i voli con più scali necessitano infatti particolare attenzione – spiega Ivan Almadori, operatore Cot – in fondo si è cercato, e si cerca, di “trattenere il mare in una rete”, impresa ardua che va comunque portata avanti».
Le pattuglie: gli “occhi” del Leonardo da Vinci
Dalla sala operativa ci spostiamo all’esterno e raggiungiamo una pattuglia su un auto di servizio, di ritorno da un controllo “sottobordo”. Chiediamo a Isabella Capanna di parlarci degli interventi che caratterizzano il suo lavoro: «Nei periodi ordinari capita di tutto, dal passeggero ubriaco alla richiesta di intervento del comandante a bordo dell’aereo, dal borseggiatore al furto nel duty free». «La nostra attività è paragonabile a quella della “territoriale” di una questura – commenta Claudio Chiasserini – proprio come per le Volanti capitano gli interventi più variegati, l’ambiente dell’aeroporto richiede però protocolli specifici, come nel caso del bagaglio abbandonato che ,se classificato “a rischio” , innesca procedure emergenziali». Altra caratteristica che distingue gli interventi dei circa 300 poliziotti della sezione sicurezza è l’alta probabilità di venire in contatto con persone di diverse etnie, la buona padronanza dell’inglese è quindi un must per chi svolge il servizio operativo alla Polaria. Il nostro percorso prosegue verso i varchi delle partenze dove i controlli vengono effettuati con guanti e mascherine. «Qui supervisioniamo il lavoro della security di Aeroporti di Roma, intervenendo qualora dovessero subentrare particolari problematiche» spiega Maria Pia Aureli. «In questo periodo ci sono in aggiunta controlli preventivi e si fa rispettare il distanziamento sociale – aggiunge Alessandro Di Pietro – senza dimenticare che la pandemia non ha annullato la minaccia terroristica».
Cinofili e artificieri: fiutare il pericolo
Massimiliano Del Brocco lavora con Shiela, un labrador color champagne di 7 anni, uno dei 15 cani antiesplosivo della squadra cinofila aeroportuale: «Lavoriamo anche su richiesta degli artificieri per problematiche specifiche come il classico bagaglio abbandonato o l’ispezione della carlinga di un aereo», spiega il conduttore. Ruolo importante per questa specialità è anche il cosiddetto “uomo caldo”, che opera in simbiosi con il binomio e che durante l’addestramento si occupa del posizionamento dell’esplosivo. «Se lo facesse il conduttore manderebbe il cane in confusione perché inquinerebbe il “bottino” con il suo odore» spiega Emiliano Cerrone, prossimo assistente cinofilo. Altra attività affine è quella dell’artificiere, da sempre presente nell’organico della Polaria, figura che osserva l’aeroporto con sguardo vigile, pronto a cogliere qualsiasi anomalia. «Nei casi sospetti a ridosso di zone sensibili viene delineata un’area di sicurezza che arriva a 30 metri di raggio per una prima verifica; qualora la sala operativa decidesse di alzare il livello di allerta, nei casi estremi viene fatto evacuare l’intero terminal – spiega Nicola Serafino – a quel punto, se il conduttore cinofilo rileva incertezze da parte del cane, si procede con la radiografia del bagaglio e l’uso del cannoncino ad acqua che esercita la pressione del liquido direttamente sull’ipotetico ordigno, permettendo con il 70% delle probabilità di disarticolarlo».
Le Uopi: equipaggi speciali
Le Unità operative di primo intervento sono incardinate nei dispositivi di sicurezza aeroportuale e si occupano di emergenze, vigilanza di voli sensibili ed eventi con presenze di “personalità”. Questi operatori, essendo i primi deputati a intervenire nei casi più seri di pericolo, si avvalgono di uno speciale training come il tiro dinamico utilizzando i movimenti di squadra. «Sia la formazione che l’addestramento sono seguiti da istruttori del Nocs – chiarisce Stefano Toni – in questo modo si dispone di un’organizzazione strutturata per affrontare il pericolo e creare deterrenza». Anche l’equipaggiamento rispecchia le esigenze operative di questa Specialità, come spiega Alessandro Lombardi: «Oltre l’ordinario disponiamo di un fucile mitragliatore con puntamento olografico, una torcia per le irruzioni in ambienti bui, una telecamera ed elmetto e giubbotto antiproiettili per arginare i calibri più pesanti».
Sezione frontiera: la porta dell’Ue
È l’altra importante sezione della Polaria. Canalizza circa 350 operatori e comprende attività riguardanti le verifiche di rito da effettuare sui viaggiatori in partenza, arrivo e transito nell’area Schengen. «Anche se a partire dall’emergenza Covid è stata registrata una notevole riduzione nei voli, in questo periodo estivo l’attività sta riprendendo piede e un terzo del traffico riguarda voli extra Schengen» ci informa Roberto Mattei, dirigente di questo settore. Al momento i controlli sono rafforzati perché a questi si aggiungono quelli fatti in relazione alle normative emergenziali. «Le attività ordinarie sono previste dal Testo unico sull’immigrazione e dal Codice delle frontiere Schengen, le nuove modalità sono invece assimilabili ai servizi di ordine pubblico che in questo caso assicurano il contingentamento dei viaggiatori, il distanziamento sociale e la verifica che le persone abbiano compilato la dichiarazione ai fini dell’ingresso in Italia. Questo lavoro viene svolto di concerto con le compagnie aeree per far sì che gli accertamenti partano già dall’aeroporto di provenienza».
Quei timbri che... contano
Mai come in questo caso l’espressione “mettere un timbro” corrisponde a una responsabilità di tale portata. Significa dare a una persona la possibilità di entrare o uscire dal territorio e in questo particolare periodo vuol dire più che mai tutelare la collettività, ricostruendo gli spostamenti dei passeggeri attraverso pagine e pagine di passaporti. Raggiungiamo Luigi Amore, capo di una delle 5 squadre operative di questa sezione. Si trova presso la prima linea, l’area dove si effettua il controllo di frontiera: qui l’operatore deve essere in grado di comprendere rapidamente le ragioni per le quali lo straniero entra in Italia, i mezzi di sussistenza che gli consentiranno il soggiorno e le verifiche sulla sua “condizione” di ingresso che prevede il visto per periodi superiori ai 3 mesi di permanenza; se l’ingresso risulta irregolare si effettua il respingimento di frontiera. «Tutto ciò che non trova soluzione in prima linea, dove la pressione è elevata per il continuo flusso di passeggeri, passa in seconda linea – spiega il poliziotto – qui vengono sciolti dubbi sull’autenticità dei documenti o effettuati controlli sulle banche dati, si dispone infatti di maggiori strumenti e di più tempo per tutti gli approfondimenti necessari sui passeggeri». L’attività è cambiata molto negli anni per l’ampliamento del traffico aereo, richiedendo competenze sempre più specifiche per gli operatori di frontiera, come spiega Alessandro Ballarin: «Il lavoro in prima linea richiede la conoscenza di tutte le tipologie di passaporti emessi, delle normative europee e internazionali per la gestione dei passeggeri e il relativo aggiornamento dei trend sui flussi migratori legali e illegali, dei sistemi informatici e delle banche dati e, ovviamente, della lingua inglese». Questa sezione restituisce l’immagine stessa della Polizia di Stato e del nostro Paese di fronte al mondo, per questo è cruciale la competenza dei suoi specialisti.
La Uif: in cerca di identità
Si chiama Unità investigativa di frontiera ed è una squadra di circa 20 persone che lavora accanitamente per “scovare” documenti falsi e conseguenti modalità di ingresso illegali. Uno di questi modus operandi è lo scambio documenti in sala transiti da parte di cittadini provenienti da Paesi extra Schengen che arrivano in Italia e tentano di raggiungere un Paese terzo per il quale necessiterebbero di un visto che non hanno. «Il regolare documento utilizzato per entrare viene distrutto e sostituito con un altro – spiega Giada Crivella – in questo caso la persona rimane in sala transiti anche per alcune ore, dopodiché si reca nella toilette e indossa abiti completamente diversi». Quello della “sostituzione di persona” non è però l’unico “trucco” utilizzato: c’è chi entra in Italia regolarmente e al momento di ripartire, dopo aver mostrato i propri validi titoli di viaggio, anziché tornare nel Paese di origine cambia destinazione, avendo occultato poco prima il proprio documento. «È il classico caso del mancato imbarco – prosegue la poliziotta – grazie agli ottimi rapporti di collaborazione con il personale dell’aeroporto si effettuano accurate ricerche nelle liste passeggeri dei voli ritenuti a rischio». Dietro queste operazioni, che coinvolgono persone al di sopra di ogni sospetto in qualità di favoreggiatori, ci sono grosse organizzazioni criminali, per questo il confronto con gli omologhi di altri Paesi, attraverso l’agenzia europea Frontex, permette talvolta di prendere in contropiede alcune tendenze illecite.
Sezione giudiziaria: operazione cieli puliti
Il nostro itinerario si chiude incontrando il responsabile dell’altra importante sezione operativa della Polaria, quella della polizia giudiziaria. A guidare oltre 50 “uomini” è Fernando Speziali, poliziotto con una lunga esperienza nella Squadra mobile della questura di Roma. «La polizia giudiziaria di Fiumicino è impegnata prevalentemente nel fronteggiare l’immigrazione clandestina – riferisce il funzionario – nel contrasto ai reati predatori e nelle estradizioni in collaborazione con Interpol, senza contare gli arresti in flagranza di reato, il contrasto al traffico di droga e le operazioni di controllo del territorio». Un’attività nella quale non c’è mai tempo per annoiarsi, paragonabile a quella di una questura di medie dimensioni su un’aerostazione che conta, in tempi normali, 50mila passeggeri al giorno. Proprio oggi capitiamo nella giornata conclusiva di un’indagine che va avanti da circa un anno e ha portato all’arresto di un alto funzionario Enac e di alcuni imprenditori locali per episodi di corruzione maturati in ambito aeroportuale. È il frutto di un’indagine a 360°, in un luogo che rappresenta un mercato importantissimo, con un giro d’affari miliardario.