Annalisa Bucchieri

Così cambia l’immigrazione

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Voglio raccontarvi la storia della foto di copertina. È tardo pomeriggio, un rimorchiatore ha trainato il gommone stracarico di migranti dalla nave della Marina, ferma tasi in rada, fino al porto di Pozzallo di Ragusa. Sono stati i migranti stessi “dotati” di cellulari satellitari dagli scafisti a lanciare la richiesta di aiuto, una volta staccatisi dalla Libia, appena si sono trovati in acque internazionali. Nessuno si nasconde più, nessuno vuole entrare clandestinamente, tutti si consegnano alla pietà dei soccorritori. All’attracco li aspettano i poliziotti dei Reparti mobili aggregati da tutta Italia, gli operatori della Scientifica e il funzionario di turno responsabile delle operazioni di sbarco. È quest’ultimo quello che nella foto vediamo affidare in custodia una piccola creatura al collega con il basco. In un silenzio irreale gli altri sulla barca aspettano pazientemente in piedi, ondeggianti come fantasmi, che arrivi il momento di toccare terra. Ma la priorità sono i bambini. Di quella piccola di pochi mesi non sappiamo né il nome, né da dove venga, né se quella che l’accompagnava è realmente la mamma o, come spesso capita, una donna che se n’è presa cura dopo aver visto la vera madre morire durante il viaggio. Neanche dei due poliziotti è necessario dire i nomi o sapere se hanno figli per percepire che in quel gesto risiede qualcosa che va oltre la professionalità,  il senso paterno. Prima delle operazioni di pg, prima dell’attività di identificazione, spesso  dolorosamente forzosa, prima del contrasto ai nuovi schiavisti c’è l’umanita che accoglie altra umanità ferita e sofferente. 

Questa foto è legata al primo piano di luglio, dedicato all’emergenza immigrazione. Troverete l’immane impegno della Direzione centrale dell’immigrazione e frontiere, dai dati su sbarchi, rimpatri, arresti alle nuove rotte marittime e terrestri. Vi spiegheremo come cambiano l’immigrazione, che nasce dalla guerra e dalle persecuzioni, e il modo di contrastarla, perché clandestina non lo è di fatto più. Ed anche come la Direzione centrale di sanità ha affrontato il nodo della prevenzione e della protezione sanitaria dei poliziotti. Nessuna epidemia si è sviluppata e i rischi di malattie come Tbc o scabbia sono tenuti sotto controllo. Piuttosto che le patologie fisiche sono le malattie dell’anima il fardello più pesante che questa gente  traumatizzata da battaglie e persecuzioni si porta dietro.

Ciò che non troverete  nel primo piano è ciò che invece dice l’istantanea di copertina: senza la carica di umanità che sta dentro le divise questo lavoro sarebbe impossibile da assolvere.

04/05/2020