Luca Scognamillo

Tempo di vivere

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Una riflessione di speranza nell’intima cerimonia del 168° Anniversario durante la pandemia

ann 05-20

Se è vero che quella che stiamo vivendo è l’età dell’incertezza, un tempo che sta ribaltando tutte le nostre sicurezze, allora capovolgiamo anche noi la narrazione e cominciamo dalla fine. Iniziamo, cioè, dall’epilogo di una lunga giornata, il 10 aprile, una data che, prima della pandemia, sarebbe stata l’occasione per festeggiare una ricorrenza importante, il 168° anniversario della fondazione della Polizia di Stato.

Iniziamo, dunque, così, dalle conclusioni formulate dal capo della Polizia al termine del suo discorso sui tragici tempi che stiamo attraversando. Gabrielli, citando il monologo finale di Roy Batty – il replicante protagonista del cult movie di fantascienza Blade Runner ormai rassegnato al suo inevitabile destino – ha ricordato che “tutti questi momenti si perderanno nel tempo come lacrime nella pioggia”. Ma, a differenza del dialogo originale, che si conclude con la celebre frase “È tempo di morire”, il capo della Polizia ha ribaltato anche lui la prospettiva, concludendo «È tempo di vivere».

Perché questa è la grande verità che sta dietro ogni avversità, per quanto, terribile essa sia. Ogni calamità ha in sé il seme della rinascita, purché si abbia la forza e soprattutto la volontà di sopravviverle. In fondo anche l’etimologia del termine catastrofe, oggi usata esclusivamente nella sua accezione luttuosa, in realtà ha una valenza neutra, indicando un radicale e repentino cambiamento. E anche in matematica, pur non essendo in alcun modo esperto, la “teoria delle catastrofi” indica lo “studio della discontinuità” in tutti quei sistemi il cui comportamento muta in modo discontinuo al variare in modo continuo di un certo insieme di parametri. Insomma tutti noi siamo consapevoli del tempo buio che stiamo vivendo e dell’indeterminatezza che caratterizza il nostro futuro. Ma se fosse possibile cancellare questo tempo e andare direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo, come scrisse Aldo Moro concludendo “Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà”. Ma da queste negatività, nostro malgrado, non possiamo prescindere, e da esse dobbiamo ripartire. E per chi ha fatto dello spirito di servizio la propria missione laica, il modo migliore per vivere questo tempo è proprio dedicarlo agli altri, alla sicurezza delle nostre comunità, mai così inquiete. Questo è stato il senso e il lascito di una giornata “anomala”, dedicata alla celebrazione dell’anniversario della Polizia di Stato in una forma mai cosi “intima”, sfrondata di qualsivoglia orpello formale. 

Una giornata che si è aperta con la visita del ministro dell’Interno e del capo della Polizia al Sacrario dei caduti della Polizia di Stato per rendere omaggio e onorare la memoria di quanti hanno sacrificato la propria vita per la sicurezza delle nostre comunità. Senza autorità e senza pubblico. E che ha avuto il suo acme in un collegamento video del capo della Polizia con i direttori centrali del Dipartimento della pubblica sicurezza, i questori della Repubblica, i dirigenti dei Compartimenti delle specialità della Polizia di Stato, degli Uffici di frontiera e tanti altri. Un incontro che ha avuto il sapore di una riunione operativa più che un momento celebrativo, nel corso del quale sono stati analizzati i possibili scenari che si apriranno nell’immediato futuro. Perché quando questa pandemia sarà finita e sarà scemata la paura del contagio, si disveleranno le “macerie economiche” e le lacerazioni sociali create dal coronavirus. La riunione è stata, comunque, l’occasione per ritrovarsi, riunirsi con una modalità inconsueta, ma che sicuramente entrerà nel nostro quotidiano: la videoconferenza con gli uffici territoriali sparsi in tutta la Penisola. Ed è stato primariamente il momento per ringraziare le donne e gli uomini della Polizia di Stato per l’impegno profuso in questo periodo per far rispettare le prescrizioni finalizzate a impedire la diffusione della pandemia, con tutti i rischi connessi. Perché se è vero, e non ci stancheremo mai di ricordarlo, che il prezzo più alto, anche in termini di vite umane, lo stanno pagando i medici e paramedici, è anche vero che il nostro personale è completamente dedicato alle misure di contenimento della pandemia. Con le inevitabili esposizioni al rischio di contagio che tale servizio comporta. 

«Proprio in questo sforzo», ha sottolineato il Capo, «il nostro personale non si è risparmiato, nella consapevolezza di avere alle spalle un’Amministrazione che ha messo in campo tutte le misure per la tutela del proprio personale». 

Tutto con l’auspicio che si torni a dire con convinzione “È tempo di vivere”. ϖ

30/04/2020