di Anna Maria Volpe*

Usura, male antico

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Caratteristiche del fenomeno criminale

ins 02-20

1. Introduzione

L’usura è un male antico che da sempre accompagna la storia dell’uomo e consiste nello sfruttare il bisogno di denaro di un altro individuo per ricavarne un forte guadagno. Alla base di un rapporto usuraio c’è da una parte la necessità di denaro e, dall’altra, un’offerta che può apparire come un’immediata possibile soluzione. 

L’attività usuraria è stata ritenuta di basso profilo criminale, non meritevole di normative più impegnative; questo atteggiamento corrisponde ad un tempo in cui l’usura era esercitata dal cosiddetto “cravattaro” di quartiere, che svolgeva la propria attività in un ambito ristretto. Negli ultimi anni questa considerazione si è modificata con l’evidenziarsi della nuova pericolosità sociale del fenomeno. Alla tradizionale figura dell’usuraio di quartiere si sono affiancate nuove e più insidiose figure: insospettabili commercianti e professionisti (usura dei colletti bianchi) e soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. In quest’ultimo caso, la stessa riscossione dell’interesse può essere secondaria e diventare un mezzo per il controllo o l’acquisizione di imprese per nuovi e più agevoli canali di riciclaggio. L’usura è un delitto che non apporta solo un danno alla vittima del reato, ma colpisce l’intera collettività, determinando effetti distorsivi sullo sviluppo delle attività commerciali ed economiche e in particolare produce effetti negativi sul sistema degli investimenti, perché toglie alle vittime la possibilità di mantenere spazi di reale profitto e quindi di autonoma produttività.

2. Usuraio e usurato

Sulla base delle esperienze giudiziarie e delle numerose indagini statistiche promosse dalle associazioni delle categorie più colpite dall’usura, si è ormai in grado di delineare con sufficiente approssimazione i connotati tipici dell’agente e del soggetto passivo di tale fattispecie. Si può affermare che la figura dell’usuraio, come del resto quella dell’usurato, presenta caratteristiche tutt’altro che univoche, sia perché non consente un approccio unitario al problema del contrasto, sia perché apre la prospettiva per soluzioni interpretative o normative alquanto articolate.

Nel mercato finanziario illegale è stata riscontrata innanzitutto la persistente presenza della figura tradizionale dell’usuraio che gestisce come singolo l’erogazione dei prestiti in un contesto di quartiere o nell’ambito di strutture lavorative. Il fenomeno è tuttora ampiamente diffuso. Tali soggetti di norma si autofinanziano, stabiliscono un rapporto fiduciario con i debitori e non si avvalgono della collaborazione di terzi. Sovente si assiste alla gestione continuativa di finanziamenti usurari quale attività parallela ad altra legale con legami più o meno intensi tra i due ambiti. I soggetti operanti possono essere, in questo caso, professionisti, esercenti, commercianti ed imprenditori dotati di buone disponibilità economiche.

Alla figura tradizionale dell’usuraio si affianca spesso il soggetto che svolge attività di intermediazione tra il finanziatore ed i potenziali clienti. Costui opera, a seconda dei casi, o come semplice procacciatore di affari, con i piccoli guadagni erogati in percentuale (in tale categoria non di rado si incontrano le vittime dell’usurario che in tal modo tentano di alleviare le proprie precarie posizioni), oppure come gestore in proprio di prestiti, erogati mediante l’utilizzo di capitali forniti dal soggetto “economicamente forte”, dove il lucro è rappresentato dalla differenza tra il “costo d’acquisto” del denaro e l’interesse preteso dalla vittima. Si tratta dei cosiddetti “rivenditori di soldi”. In tali ultimi casi, spesso, il soggetto munito di capitali è un professionista che, approfittando delle circostanze offerte dalla sua attività viene a conoscere lo stato di bisogno di altro soggetto; quest’ultimo viene indirizzato ad una persona che apparentemente accorderà il finanziamento, omettendosi in tal modo di svelare la fonte finanziaria effettiva.

L’evidente redditività dei finanziamenti usurari attira frequentemente soggetti muniti di congrui capitali ed intenzionati ad effettuare investimenti a breve termine ad imprenditori di medio o alto livello in crisi finanziaria. Si sono notati, ad esempio, casi di imprenditori che, cessata l’attività, si risolvono ad investire nel mercato finanziario illegale parte dei propri capitali, o di funzionari di banca che, accedendo a linee privilegiate di credito, reinvestono in prestiti usurari gestiti tramite intermediari.

Qualora i soggetti che operano la intermediazione siano molteplici, il fenomeno assume i caratteri della struttura associativa, i cui punti terminali sono costituiti da elementi reperibili in luoghi abituali (di norma esercizi pubblici o circoli ricreativi) a ore prefissate: costoro operano come veri e propri “sportelli bancari”. Inoltre è sorprendentemente diffuso il fenomeno delle società di fatto, non rapportabili ad alcuna figura giuridica conosciuta dall’ordinamento, costituite all’interno di ambienti definiti (strutture sanitarie, aziende, quartieri, circoli privati) e caratterizzate da una genesi mutualistica. Nell’ambito di tali strutture si assiste alla erogazione di prestiti ai consociati, con piani di restituzione cadenzati settimanalmente, a tassi, almeno apparentemente, non eccessivamente elevati. In tale contesto si rintraccia la presenza di fenomeni particolarmente insidiosi, considerata la potenzialità economica di tali strutture: ci si riferisce al reinvestimento, da parte del gestore della società, delle somme raccolte dai consociati in prestiti usurari a soggetti esterni, ed all’erogazione di prestiti con analoghe caratteristiche da parte di soci che utilizzano i capitali della società, speculando sulla differenza dei tassi. Quando le società afferiscono a strutture di notevoli dimensioni si evidenzia il carattere più spiccatamente criminoso del fenomeno, risolvendosi la struttura mutualistica in una modalità di raccolta del capitale, investito poi in finanziamenti illeciti gestiti in contesti di criminalità organizzata. Costituisce corollario dell’attività finanziaria illecita la figura del soggetto che, propriamente estraneo alla realizzazione del rapporto usurario, si occupa, su incarico del creditore o quale autonomo cessionario, del recupero del credito dallo stesso rapporto generato. La forma della cessione, consentendo di superare le eventuali eccezioni fondate sul rapporto di finanziamento, in favore della tutela accordata dall’ordinamento al terzo prenditore (presuntivamente di buona fede), oltre a costituire uno strumento operativo più sofisticato, si rileva di notevole efficacia. Infatti, accanto agli strumenti tradizionalmente usati per il recupero del credito, ed implicanti l’utilizzo di mezzi tipicamente intimidatori, risultano sorprendentemente diffuse le iniziative di recupero effettuate mediante le procedure esecutive, di norma pervicacemente coltivate fino al realizzo. Peraltro gli effetti cambiari e gli assegni che di norma accompagnano il rapporto usurario, rappresentando titoli esecutivi rapidamente azionabili, nell’assolvere alla funzione di assicurare la tutela del credito, di fatto comportano anche il definitivo assoggettamento psicologico ed economico del debitore.

Il ricorso al finanziamento a tassi usurari è risultato sorprendentemente diffuso in tutti gli strati sociali ed è vissuto nella maggior parte dei casi come normale risorsa in presenza di difficoltà. Chiunque può trovarsi in una difficoltà finanziaria, si tratti di un operatore economico o di un singolo. Come già detto, tali soggetti, di regola, presentano come caratteristica dominante la mancanza dei requisiti richiesti dal sistema creditizio per accedere alla forme legali di finanziamento. Si tratta, in altri termini, di soggetti:

privi delle normali garanzie reali e personali richieste dagli istituti bancari o dalle finanziarie abilitate;

titolari di imprese che presentano esposizioni debitorie giudicate già troppo elevate, o non rispondenti a specifici criteri di affidabilità;

che hanno esaurito le possibilità offerte dal circuito creditizio legale;

protestati;

imprenditori che si trovano nell’assoluto bisogno di ottenere liquidità in tempi rapidissimi, incompatibili con quelli richiesti per l’istruttoria delle banche o delle finanziarie;

semplicemente bisognosi e privi di risorse che difettano dei requisiti minimi, normalmente richiesti dal mercato per l’accesso al credito.

Le esigenze economiche di tali categorie trovano normalmente risposta immediata da parte del finanziatore privato, disponibile a far fronte, in varie forme, alle più diverse necessità. Ci si trova di fronte pertanto ad un paradosso: il credito viene erogato immediatamente e senza difficoltà a soggetti considerati dal mercato legale del tutto inaffidabili. Tali soggetti, del resto, si rivelano quasi sempre ottimi clienti per il finanziatore, come è reso palese dalla vastità ed elevata redditività del settore dei prestiti usurari. Quanto alle ragioni determinanti il ricorso al credito usurario esse si sostanziano nella presenza di crisi di liquidità. Questa può assumere diversa consistenza e ricorre, ad esempio, quando vi sia urgenza di ottenere denaro liquido per far fronte a pagamenti di routine, quando si manifestano contingenze negative di mercato o stati di crisi aziendale di particolare consistenza, o, infine, qualora occorrano nell’immediato capitali per intraprendere iniziative economiche reputate decisive per la sopravvivenza dell’azienda. Non è irrilevante, nella genesi dei rapporti usurari, il fenomeno dell’usura “incrociata”: si ricorre a prestiti a tassi elevati per sanare esposizioni debitorie divenute insostenibili nei confronti di altri usurari, così generando effetti di dipendenza “a catena” da più finanziatori. Nella maggior parte dei casi risulta con clamorosa evidenza, come sopra accennato, che la scelta di acquisire prestiti da privati oppure dalle finanziarie abilitate, a condizioni abnormi, è motivata dall’urgenza delle esigenze di liquidità, per precedenti protesti, per l’insufficienza delle garanzie reali o personali offerte, per l’esistenza di pregressi rapporti a evoluzione negativa oppure per i tempi talora richiesti per l’erogazione di tali finanziamenti. Frequentemente il fattore scatenante è determinato da una irrimediabile crisi del finanziamento bancario. Questa si manifesta quando si produce un utilizzo giudicato irregolare dell’affidamento o uno sconfinamento eccessivo dai limiti del fido, o infine quando sopraggiungono condizioni aziendali reputate sintomo di minore affidabilità ( protesti, revoche di fidi da parte di altre banche). Tali situazioni comportano normalmente, da parte dell’istituto bancario interessato, una richiesta di rientro del capitale in tempi estremamente rapidi, se non la revoca immediata delle forme di finanziamento accordate. Il ricorso al privato,

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07/02/2020