Chiara Distratis
Tiger girl
Angela Carini, classe 1998, lunghi capelli neri, occhi profondi e sorriso accogliente ma quando infila i guantoni si trasforma: «Il soprannome “Tiger” me lo ha dato mio padre – spiega Angela – perché dice che quando salgo sul ring sembro una tigre pronta al combattimento, il mio viso si trasforma e traspare la ferocia agonistica. Ormai, il soprannome è uscito fuori dal ring e anche in famiglia e tra gli amici mi chiamano così». La poliziotta delle Fiamme oro settore pugilato è figlia d’arte “al quadrato”: sia suo nonno che suo padre Giuseppe erano poliziotti e pugili: «Purtroppo mio padre, quando ero piccola, ha avuto un grave incidente in servizio che lo ha lasciato sulla sedie a rotelle, e quindi ora, come gli piace dire, sono io le sue gambe». A chi le chiede se ha paura di perdere la sua femminilità facendo boxe lei risponde: «Non ritengo il pugilato uno sport maschile; noi donne quando saliamo sul ring dobbiamo toglierci momentaneamente la corona da principessa e indossare l’armatura da guerriera, tirare fuori la grinta, la determinazione e la cattiveria agonistica». E l’indole da guerriera Angela ce l’ha sempre avuta: prima praticava il tiro a volo a buoni livelli, era già campionessa italiana e nell’orbita della Nazionale, però quando scendeva dalla pedana non era pienamente soddisfatta, lei al piattello piuttosto che sparargli avrebbe voluto, come dice lei, “menargli”. Per primo suo fratello Antonio ha lasciato il tiro per avvicinarsi alla boxe e il padre, da ex pugile molto felice per la scelta, lo accompagnava sempre agli allenamenti: tra loro si notava una forte complicità. «Sono da sempre molto legata a mio padre e in quel periodo vedendolo concentrato esclusivamente su mio fratello, in me è nata una sorta di gelosia – racconta Angela – e allora ho pensato di fare qualcosa per entrare a far parte del loro clan. In salone spostavo il mobile e il divano, aspettavo che mio fratello tornasse dalla palestra, gli rubavo i guantoni e lo sfidavo… “Ti faccio vedere io come si tira di boxe”, Antonio stava al gioco e combattevamo un po’». Papà Giuseppe assisteva divertito ai “combattimenti” dei figli ma notava anche che Angela aveva una buona impostazione, che il pugno lo sapeva tirare e così le consigliò di provare ad allenarsi. «Mi misi d’impegno – spiega la poliziotta – e iniziai a copiare mio fratello: correvo la mattina, facevo gli esercizi, lo imitavo quando tirava colpi a vuoto e piano piano imparavo. Dopo un po’ papà ha capito che facevo sul serio e mi ha portato in palestra». In quel periodo la famiglia Carini, per motivi di lavoro, si trovava a Piedimonte Matese (CE) e quindi la prima società di Angela è stata l’Asd Pugilistica matesina. «I miei allenamenti casalinghi avevano dato i loro frutti e così, dopo solo un mese, il mio maestro Geppino Corbo decide di portarmi ai Campionati italiani e io li vinco» racconta Angela. Il tecnico della Nazionale femminile Emanuele Renzini nota subito questa giovane talentuosa e pensa di farle disputare i Mondiali, ma il suo maestro non è d’accordo vista la giovane età e soprattutto la grande inesperienza sul ring. Renzini comunque la chiama in ritiro pochi mesi dopo per prepararla agli Europei. «Nove mesi dopo essere entrata in palestra per la prima volta mi ritrovo ai Campionati continentali – ricorda soddisfatta Angela – come primo match mi scontro con la campionessa del mondo, laureatasi proprio ai Mondiali che io non avevo disputato, la batto e poi vinco gli Europei». La carriera pugilistica di Angela è iniziata così, da lì ha cominciato ad aggiudicarsi tutti gli incontri, è stata imbattuta per un periodo molto lungo e le sconfitte sono state veramente poche: è diventata campionessa del mondo e 3 volte campionessa europea giovanile. «Tutto andava nel verso giusto e subito dopo esser diventata campionessa mondiale sono riuscita anche a realizzare uno dei sogni più grandi della mia vita: diventare poliziotta – svela la pugile – da piccola a chiunque me lo chiedesse dicevo che sarei diventata un commissario di polizia, volevo essere come il mio papà. Se non ci fossi riuscita con lo sport, comunque mi sarei impegnata per entrare: sono diplomata al liceo scientifico e nelle mie intenzioni c’è l’idea di continuare a studiare». Il passaggio a 18 anni nella categoria élite coincide con il periodo più buio della carriera di Angela: in un torneo in Bulgaria si rompe il legamento crociato anteriore del ginocchio e per sei mesi è stata lontana dal ring: «La mia famiglia mi ha sempre sostenuto, è parte fondamentale della mia carriera, loro sanno come darmi forza – spiega Angela – mi hanno sempre aiutata a superare i momenti più difficili. Mio papà poi lo considero il mio mental coach, anche per la sua condizione: il suo esempio di attaccamento alla vita e forza di volontà mi è di stimolo quando per me qualcosa sembra difficile». E così, in tre mesi è riuscita a recuperare completamente: «Facevo tutto quello che mi dicevano i medici: fisioterapia, piscina, esercizi e a otto mesi dall’intervento ero ai miei primi Campionati mondiali élite. Purtroppo, sono uscita al secondo turno contro una cinese di trent’anni con tanta esperienza in più, ma già aver partecipato è stato per me un successo». Ricominciandosi ad allenare sono arrivate le prime vittorie nella categoria élite e due secondi posti ai Campionati europei e ai mondiali. «In entrambi i casi ho perso la finale per un giudizio degli arbitri unanimemente discutibile – racconta Angela – da atleta ci rimani male pensando anche a tutti i sacrifici che hai fatto, ma da lì si deve ripartire, dagli errori commessi e come dice Roberto (Cammarelle, direttore tecnico del settore pugilato delle Fiamme oro, ndr) la volta successiva che salgo sul ring mi devo ricordare dell’amaro in bocca che ho provato e fare di tutto per vincere»… che poi ai Campionati del Mondo Angela non ci doveva neanche andare… «Volevo partecipare a tutti i costi, mi sentivo pronta e carica ma nell’anno olimpico fanno preparare due atlete per ogni categoria per averne almeno una disponibile per Tokyo e io avevo già partecipato agli Europei – spiega la poliziotta – L’unico modo per andare era combattere in un’altra categoria e così in due settimane sono scesa a 63,5 kg. E avevo ragione: sono stata l’unica italiana ad arrivare in finale e a portare a casa una medaglia». Il prossimo obiettivo della pugile cremisi sono le Olimpiadi: «A marzo ci saranno le qualificazioni e io parteciperò nella categoria 60 kg. Ci tengo tanto e sono molto emozionata ma come ha detto mio papà, ci devo credere, posso farlo! Anche se sono adulta cerco spesso il consenso di mio padre, il suo consiglio per me è fondamentale… anche solo per una maglietta da indossare. Per me dedicargli la vittoria delle Olimpiadi sarebbe la più grande soddisfazione». Idee chiare e grande determinazione abbiamo capito essere le parole d’ordine di Angela, determinazione che sicuramente metterà anche nel realizzare un altro sogno nel cassetto: «Vorrei tanto aprire una palestra per tenere i ragazzi lontani dalla strada. Quando incontro i giovani gli consiglio sempre di studiare e di praticare uno sport perché aiuta a maturare, a crescere, a migliorare fisicamente. Viviamo in un’epoca dove i ragazzi, anche per noia, vengono attratti da cose stupide come le droghe, l’alcol e le bravate, impegnarsi a scuola e nello sport può allontanarli da queste situazioni».