Annalisa Bucchieri
Valore al femminile
Le prime donne a vestire la divisa della polizia furono le triestine nel 1947. La loro ammissione fu possibile perché allora Trieste era un Territorio libero gestito da un’amministrazione militare anglo-americana. Nel resto del Paese, invece, l’ingresso alle ragazze era precluso e soprattutto lontano dal sentire comune. Anche se dobbiamo aspettare il 1961 per vedere le prime ispettrici e assistenti all’opera, la data simbolica è quella del dicembre ’59 quando l’approvazione della legge Merlin sull’abolizione delle case chiuse “provocò” (con la legge 7 dicembre 1959 n. 1083) la nascita del Corpo di polizia femminile incaricato di sostituire gli uomini “nelle funzioni inerenti ai servizi del buon costume e della prevenzione della delinquenza minorile e della prostituzione”. Perciò abbiamo voluto celebrare proprio in questo numero il 60° delle donne in polizia. Un anniversario che ci permette di ripercorrere attraverso il loro cammino quello di tutte le italiane. In qualche modo, infatti, sono state delle apripista e la Polizia all’avanguardia tra le forze dell’ordine. Le battaglie per ottenere una effettiva parità con i colleghi di sesso maschile, non solo economicamente e nelle opportunità di carriera, ma anche e soprattutto nei compiti da svolgere, arrivate con la Riforma del 1981-legge 121, sono state parte di un percorso inscindilbilmente legato all’emancipazione femminile nel nostro Paese. Se solo nel 1956 arriva la legge sulla parità retributiva tra uomo e donna, bisogna aspettare il 1963 perché vengano dichiarate nulle le cosiddette “clausole di nubilato” nei contratti di lavoro e si consenta alle donne pieno accesso a tutte le professioni e impieghi pubblici. Finalmente così intraprendere la carriera di magistrato non è più un sogno negato. Importanti anche le leggi che istituiscono la scuola materna e gli asili nido comunali (1971) e la legge del 1975 che stabilisce la parità tra i coniugi nel diritto di famiglia. Un caposaldo di questo percorso è stata la legge Anselmi (903/1977) con la quale fu vietata, in materia di accesso a qualunque lavoro, ogni discriminazione tra uomini e donne. Ne conseguì la parità tra padri e madri nei congedi parentali (1983), nonché l’indennità di maternità per le lavoratrici autonome (1987). Molto si deve ancora fare per rendere lettera “viva” leggi e normative e i Comitati delle pari opportunità costituiti in seno all’Amministrazione pubblica a metà degli anni Ottanta monitorano constantemente la situazione. Ma noi signore non molliamo, conscie del valore femminile che apportiamo ogni giorno alla società.