Giovanni Aliquò*
Revenge porn e pornografia minorile
Analisi dell’articolo 612 ter del codice penale
L
a legge 19 luglio 2019, n. 69 (art. 10) ha introdotto nel codice penale il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612 ter). La fattispecie, comunemente chiamata “Revenge porn”, collocata nel catalogo delle violenze “domestiche” (o di genere), è inserita nel titolo XII del codice penale (delitti contro la persona). I beni giuridici tutelati dall’articolo sono, dunque, la riservatezza della sfera sessuale della persona, la sua dignità, l’onore e la reputazione personale, nella cornice dell’articolo 13 della Costituzione.
La malevola diffusione d’immagini – inizialmente realizzate a soli fini “relazionali di coppia” e con la tacita intesa che debbano rimanere private – può indurre nelle persone offese gravi stati di ansia e, normalmente, mira a recare loro danni nella vita di relazione, provocando isolamento, denigrazione e delegittimazione.
La disposizione, a tal fine, punisce chi invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. Un reato plurioffensivo di danno, dunque, per il quale si ritiene ipotizzabile il tentativo.
La pena, da uno a sei anni di reclusione cui è aggiunta la multa da 5.000 a 15.000 euro, si applica all’autore della condotta che:
1) abbia realizzato o sottratto le immagini;
2) abbia, in qualsiasi modo diverso da quello di cui al punto precedente, acquisito le immagini o i video e li diffonda “al fine di recare nocumento” alle persone rappresentate.
Fermo lo stesso trattamento sanzionatorio, la differenza tra le due ipotesi consiste nel fatto che solo nella seconda la legge richiede la sussistenza del dolo specifico, ovvero “il fine di recare nocumento” alla vittima.
La clausola “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, poi, esclude