Cristiano Morabito
Per sempre Figli delle stelle
Il ricordo di Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, caduti in servizio a Trieste il 4 ottobre scorso
È notte. Il buio ha ormai avvolto Roma e il centro storico si accende delle sue luci variopinte, ma su tutte spicca quella blu intermittente dei lampeggianti delle Volanti che illuminano con un bagliore monocromatico la scalinata dell’Altare della Patria a piazza Venezia. Ad un certo punto, i tanti passanti incuriositi, si voltano di scatto verso il monumento al Milite ignoto perché, all’unisono, partono le sirene che restano accese per un minuto. Un lungo, lunghissimo e straziante minuto in cui tutti i poliziotti si fermano: chi accenna un saluto alla visiera, chi scatta sugli attenti, chi ancora si asciuga le lacrime che, all’improvviso e senza accorgersene, iniziano a solcare il volto senza soluzione di continuità. In quel momento, quasi 100mila cuori battono e soffrono insieme, perché vogliono ricordare due di quei cuori che si sono improvvisamente fermati: quelli di Pierluigi e Matteo.
È successo da poco: nell’atrio della questura di Trieste l’equipaggio della Volante 2, composto da Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, stanno accompagnando in ufficio un fermato, reo confesso di un furto. Una situazione come tante che, quotidianamente, si verificano in tutti i commissariati o in una qualsiasi questura d’Italia e che, proprio per sua natura, non sembra essere pericolosa. Ma all’improvviso, sono le 16,48 del 4 ottobre scorso, accade l’impensabile: il fermato si impossessa delle armi dei due poliziotti e inizia a sparare all’impazzata. Matteo e Pierluigi cadono sotto i colpi e non si rialzeranno mai più dall’atrio della questura friulana.
La cronaca, ormai, a poco più di un mese di distanza ha sviscerato qualsiasi particolare, anche le polemiche sono iniziate a montare fin dai primi istanti, con personaggi più o meno noti che, senza conoscere le dinamiche e spesso in cerca di qualche momento di celebrità, hanno voluto dire la propria opinione soprattutto sui social network. Ma è proprio da qui che è partita una risposta importante, quasi in controtendenza con il solito “modus operandi” che viene messo in atto quando qualcuno cade nell’adempimento del proprio dovere. Sono bastati 35 secondi a spegnere tutto, a far capire che tutto quel che stava montando intorno alla vicenda poteva essere solo una mancanza di rispetto nei confronti di chi non c’è più; un video, un semplicissimo video anche di qualità non proprio eccelsa nel quale si vedevano due poliziotti che, come spesso accade, iniziavano il loro servizio di notte a bordo di una Volante e lo facevano in un modo “normale”, come due persone “normali” con indosso una divisa che, con in sottofondo la colonna sonora di “Figli delle stelle” di Alan Sorrenti, annunciavano il loro inizio servizio con la frase «Siamo tornati» e chiudevano il breve video con «Dormite pure sonni tranquilli, stanotte ci pensiamo noi». Erano Pierluigi e Matteo.
Quel video è ancora lì e, con il suo oltre 1milione di visualizzazioni, sembra voler ricordare sempre a tutti non solo chi fossero Matteo e Pierluigi, ma chi siano i davvero i poliziotti. Una frase un po’ retorica potrebbe recitare «gente normale chiamata a fare un lavoro speciale»… Retorica sicuramente, finché non è scattato quel qualcosa che fa riflettere qualunque persona non viva dall’interno la realtà di una forza dell’ordine. Sono bastati quei 35 secondi a scatenare un vero e proprio momento collettivo, che ha coinvolto chiunque, che ha colpito tutti indistintamente e che ha mosso tantissime persone a manifestare il proprio affetto verso una famiglia che aveva appena perso due figli.
Da quel momento, le testimonianze di affetto sono state tantissime, una vicinanza forse mai percepita così fortemente prima da parte di un’Istituzione che, fino a poco tempo fa, usava il claim “Vicini alla gente” e che, stavolta, ha potuto toccare con mano la vicinanza della gente, quella che giornalisticamente viene spesso definita “comune”: la scalinata dell’ingresso della questura di Trieste era quasi totalmente ricoperta da mazzi di fiori, quasi come la cancellata di Buckingham Palace il giorno della morte della principessa Diana; ma in ogni città, dal nord al sud del Paese, ci sono state tantissime testimonianze di affetto, da un fiore appoggiato sulla porta di un commissariato a 700km da Trieste, ad una semplice stretta di mano o un abbraccio ai poliziotti per strada, quasi a voler fare le condoglianze per un parente prossimo scomparso, fino a fiaccolate notturne partite spontaneamente da un piccolo numero di persone, poi diventate centinaia.
Quel giorno si sono fermati un po’ tutti, anche pochi secondi, per dedicare un piccolo pensiero ai nostri “Figli delle stelle” che non c’erano più. Per qualche attimo la velocità della vita quotidiana si è fermata, così come ha voluto ricordare il questore di Trieste, Giuseppe Petronzi, che «La polizia si muove alla velocità della vita. Talvolta però ci si scontra con la realtà e la nostra corsa si ferma».
E la vita di Matteo e Pierluigi faceva parte, come quella di tutti noi, di quella velocità che ormai quotidianamente non percepiamo quasi più e che capiamo solamente in momenti come questo, in cui tutto si ferma o in cui, come altre volte, si riesce a controllarla; così come il 27 settembre scorso era successo proprio a Pierluigi e Matteo, che erano riusciti a scongiurare il tentativo di suicidio di un ragazzo che stava per lanciarsi nel vuoto. Una “non notizia”, una delle tante che caratterizzano il lavoro dei poliziotti, quando, per loro merito, qualcosa volge per il verso giusto e non assurge agli onori delle cronache con titoloni a nove colonne sui giornali.
Dunque, tante, tantissime testimonianze di affetto e vicinanza, non solo da parte di semplici cittadini, ma anche dall’“interno” e la sfilata a sirene spiegate sulla rampa di accesso al Viminale delle auto di tutte le forze dell’ordine, così come accadde con le Volanti di Roma davanti al comando generale dell’Arma dopo l’uccisione del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ne è stata una delle tante dimostrazioni.
Poi, arriva il giorno del commiato, in cui le due bare, perfettamente avvolte dal Tricolore e portate a spalla dai colleghi di turno di Pierluigi e Matteo, che sembrano quasi volersi far largo tra la folla accorsa per dar loro l’ultimo saluto: una cerimonia “istituzionale”, sia quella della camera ardente che quella dei funerali di Stato, che viene rotta da due momenti intensi, unici e, per dirla con gergo “militaresco”, fuori ordinanza, ma che testimoniano ancora una volta di più quel «essere gente normale che svolge un lavoro speciale».
«Matteo, presente! Giggino, presente!» è l’urlo straziante dei colleghi di turno dei due “Figli delle stelle” che, riuniti abbracciati in cerchio come una squadra di rugby a fine match, danno l’ultimo saluto a Pierluigi e Matteo; così come la cerimonia solenne del funerale di Stato viene interrotta dall’elogio funebre del questore Giuseppe Petronzi che, alla fine, riesce a stento e con la voce rotta dal pianto a pronunciare la frase: «Salutiamo la Volante 2 alla sua ultima uscita». Un momento che la gente presente ha colto come fortissimo e che ha voluto sottolineare con un lungo applauso, quasi a voler incoraggiare quel poliziotto che comanda la questura di Trieste a continuare con le sue parole e a finire quella frase che destava meraviglia anche in chi guardava la diretta Facebook, stupito che un questore potesse addirittura piangere: quel momento era semplicemente la summa di tutto ciò che siamo noi poliziotti. Un evento che nella sua tragicità è riuscito a far scoprire, se ce ne fosse ancora bisogno, il lato umano di un’Istituzione che, dall’esterno, viene percepita come algida e austera, ma che è composta da donne e da uomini con i loro sentimenti, con i loro problemi quotidiani che tutti hanno. Anche noi, con queste righe, vogliamo salutare l’ultima uscita della Volante 2 e dire a Pierluigi e Matteo: «Ovunque voi siate, come diceva la canzone che avevate scelto per il vostro video, “Noi non ci fermeremo mai, per niente al mondo”, perché siamo la Polizia di Stato». ϖ