Gianni Sarrocco*

Professionisti della sicurezza

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70° Gianni Sarrocco 01

Qualcuno se le ricorda ancora quelle vecchie foto in bianco e nero anche se un bel po’ ingiallite di quando la polizia aveva ancora le stellette. Immagini d’altri tempi ma non per questo sbiadite nei loro contenuti più che rispondenti alla realtà di quegli anni. Tempi che i giovani di oggi non conoscono, non ricordano e di cui non vogliono nemmeno parlare, come se si trattasse di avvenimenti accaduti su Marte. Brandelli di sfaccettature di quello che può significare la parola “ordine pubblico” con annessi e connessi. Negli Anni ’60-70 gli slogan sbandierati nelle manifestazioni sono tatuaggi indelebili che feriscono il cuore e la mente. «Se vedi un poliziotto ferito, finiscilo!» si promette tra l’altro. Oppure «Disarmare la polizia o costituire gruppi di autodifesa» e «Armi agli studenti e agli operai». Certo non c’è da stare allegri con queste truci premesse e promesse. Ma a distanza di tanti anni la Polizia di Stato, oggi senza stellette ma con tanta professionalità costata sacrifici e sangue, è sempre tra noi ad assicurare tutto ciò che è compreso in quelle due semplici parole, ordine pubblico, termine in cui si rispecchia anche la nostra democrazia.

Ne passa di acqua sotto i ponti servita a traghettare il Paese che si sta rifondando sulle rovine del secondo conflitto mondiale. E sin d’allora è una bella scommessa conciliare l’ordine pubblico con i diritti a manifestare. Non sempre ci si riesce perché, allora, i tempi non erano maturi e poi gli uomini vanno addestrati a contenere le folle, a isolare gli esagitati per assicurare il diritto a una protesta civile e ordinata. Ed ecco i morti in Puglia e in altre regioni del Sud del Paese: siamo nel 1949 periodo di accesi scontri sulle divisioni delle terre dei latifondi. Purtroppo ordine pubblico vuol dire anche venire incontro ai bisogni delle popolazioni colpite da terremoti e alluvioni. Come nel lontano agosto del 1962, quando il I Reparto celere di Roma impegnato nel campo estivo a Norcia viene dirottato di punto in bianco in Irpinia colpita da un terremoto non meno devastante di quello che si abbatterà nelle stesse zone 18 anni dopo.

Un po’ la politica e un po’ lo sport danno un bel da fare al Viminale teso a trasformare una macchina repressiva in qualcosa di più moderno e soprattutto più tecnologicamente avanzato anche nelle tecniche di impiego degli uomini e dei mezzi. Con il passare del tempo gli stadi, dentro e fuori, diventano campi di battaglia (nel 2007 a Catania viene ucciso l’ispettore capo Filippo Raciti). Nei cortei studenteschi cominciano ad apparire le P38 (nel ’69 muore a Milano l’agente Antonio Annarumma del III Celere). Ma non va solo contenuta la violenza che nasce da interessi criminali che legano tifo estremo e ultras rossi e neri per cui gli stadi, che dovrebbero raccogliere persone che condividono passioni collettive,sicuramente non sono ricettacoli di santità. Viene avviato così un cammino per così dire di “educazione”, nel senso più nobile del termine, per addestrare gli uomini mentalmente e fisicamente a un lavoro in sicurezza e con sicurezza. 

I fronti d’azione sono molteplici e variegati: manifestazioni di piazza, rivolte operaie e studentesche (nel 1970 barricate dei “boia chi molla” a Reggio Calabria), occupazioni di scuole e università, espropri proletari di case del patrimonio pubblico, confronto con abitanti esasperati di periferie dai diritti violati. Va cambiato il sistema di operare e sin dai tempi del compianto capo della Polizia Antonio Manganelli vengono avviati corsi speciali in modo da preparare gli uomini al meglio. Certo, gli incidenti di percorso sono sempre possibili, ma da tempo (gestioni Manganelli, Pansa, Gabrielli) chi sbaglia paga.

Oggi le parole d’ordine sono autocontrollo, razionalità, addestramento, efficienza, determinazione e tanta pazienza per i professionisti dell’ordine pubblico che non hanno più niente di quell’Acab di alcuni anni fa. Ne vedono di belle e di brutte i nostri poliziotti negli ultimi 50 anni. Il cambio di colore delle loro divise accompagna il cammino democratico per essere al passo dei tempi specialmente oggi che la sicurezza deve essere necessariamente integrata anche a livello europeo. Si pensi ai grandi eventi (G 7, Giubilei, G 8, ecc.) che coinvolgono diversi Paesi. E quindi l’ordine pubblico va coniugato a livello internazionale altrimenti è tutto inutile e riduttivo. 

Se Dio vuole e se il fiume non straripa (come dicono i vecchi del delta del Po) la Polizia di Stato ha tutte le carte in regola per dare il meglio del suo personale, donne e uomini, che ha dovuto affrontare anche l’indicibile negli anni di mafia, di terrorismo, di calamità naturali. Tempeste perfette che hanno messo a dura prova i nostri professionisti dell’ordine pubblico che continueranno ad affrontare qualsiasi situazione per il bene di tutti noi e dell’intera Nazione.

*giornalista

24/10/2019