Carlo Mosca*

Anni ben spesi

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Roma, Anno I, n.1, 30 gennaio 1949, lire cinquanta. È emozionante riguardare, a distanza di settant’anni, la prima copertina e il primo numero di Polizia Moderna che richiamano, con efficacia, il progetto di una Repubblica democratica voluta dagli Italiani, illuminata dai valori e dai principi della Costituzione, di una Repubblica che pretende la presenza di un’istituzione moderna preposta a garantire i diritti di libertà dei cittadini e, tra questi diritti, l’ordine pubblico e la sicurezza. Il tutto racchiuso nella sintesi del titolo dato alla rivista Polizia Moderna e del motto conferito alla polizia italiana Sub lege libertas. Quest’ultimo da allora spicca in tutti gli uffici e i reparti di polizia per ricordare che ogni libertà va, nel rispetto della legge, garantita ai cittadini da parte degli appartenenti alla polizia e alle altre forze di polizia.

In quel mese di gennaio del 1949, lo Stato stanziava “venti miliardi di lire” per la ricostruzione del Sud Italia e il Governo De Gasperi  annunciava che il grano per l’alimentazione era assicurato. Un  momento drammatico del Paese quello in cui nasceva la rivista ufficiale della polizia, un momento però pieno di speranze perché proiettato ad una ricostruzione “sagace e costante”, già peraltro avviata, con determinazione, anche grazie agli aiuti statunitensi, un momento che richiedeva alla polizia italiana e alle altre forze in campo disciplina, fedeltà e sacrificio. In quel primo numero della rivista, accanto a quanto descritto, vi era il monito ad intervenire “sotto l’imperio della legge,  ad accorrere e prestare soccorso alla gente colpita dalle calamità naturali, a limitare e riparare le conseguenze di ogni infortunio, a contenere le manifestazioni pubbliche evitandone la degenerazione e gli eccessi, a prevenire e  reprimere i comportamenti violenti e le violazioni alla leggi penali e amministrative”. In maniera programmatica, veniva quindi affermato, che la funzione e le connesse attività di polizia sono “ al di sopra di ogni idea di parte”, così come “al di sopra di ogni valore terreno”, si erge l’eroico sacrificio dei tanti Caduti nell’adempimento del loro dovere.

Veniva così anche dato risalto, nelle pagine iniziali della rivista, alla cerimonia dell’annuale della fondazione del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, avvenuta il 18 ottobre dell’anno precedente, in tutte le province e a Roma in particolare, dove il presidente della Repubblica Luigi Einaudi, insediatosi nella carica il 12 maggio del 1948, aveva decorato la Bandiera del Corpo di due medaglie al valore militare. L’importante riconoscimento tributato agli uomini del Corpo distintisi durante la tragica esperienza bellica, voleva sopratutto rendere onore a una tradizione di servizio che avrebbe dovuto per l’avvenire impegnare l’istituzione. Una foto in bianco e nero restituiva le immagini del primo ispettore del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, generale Galli, mentre porge il vessillo al presidente della Repubblica perché appunti le due decorazioni.

Eppure, dalle tante immagini pubblicate in occasione dell’uscita del primo numero della rivista, emerge la visione di una polizia ancora bisognosa di trovare la sua identità e dimensione, di raggiungere il necessario ammodernamento in mezzi, materiali, uniformi, strumenti logistici tecnici e di telecomunicazioni, di acquisire soprattutto una nuova cultura democratica nel segno della Costituzione repubblicana, promulgata un anno prima, il 27 dicembre del 1947 dal capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, ed entrata in vigore il 1 gennaio del 1948. Sotto quest’ultimo profilo la nascita di Polizia Moderna come organo di informazione da diffondere innanzitutto tra gli appartenenti alla polizia, realizzava l’attuazione dell’iniziale disegno concepito da Luigi Ferrari, sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, nominato dal Governo Bonomi, nell’agosto del 1944, capo della Polizia e in carica sino al 12 settembre del 1948. Ferrari aveva riattivato in polizia la pubblicistica interrotta nel 1939 con gli ultimi numeri della rivista Il magistrato dell’Ordine diretta dal questore Emilio Saracini, autore nel 1922 del noto libro I crepuscoli della Polizia. Amico di Ugo Pioletti, magistrato della procura generale della Cassazione, Ferrari condivise con quest’ultimo la nascita di rivista di polizia uscita nel febbraio del 1948, convinto che gli ufficiali e i funzionari dovessero aggiornare la loro cultura e la loro preparazione tecnica, poiché la polizia deve costituire “il presidio primo delle libertà costituzionali”. 

Ho conosciuto Polizia Moderna da ragazzo, quando giovanissimo allievo della “Nunziatella”,  non ancora sedicenne, m’imbattei nella rivista posta in lettura con le altre, al circolo allievi, dove la sera trascorrevo liberamente qualche ora, leggendo e appassionandomi alle vicende investigative che venivano raccontate con immagini e scritti interessanti.

Da allora, ho letto e apprezzato, ogni mese, la rivista e poi, con il passare degli anni,  ho collaborato più volte con essa, cercando di trasmettere quanto avevo studiato e conosciuto, soprattutto all’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 121/81, quando era necessario diffondere la filosofia del nuovo sistema disegnato per la moderna amministrazione della pubblica sicurezza.

Polizia Moderna non è stata comunque solo un veicolo di cultura e di professionalità, né soltanto uno strumento di coesione istituzionale e di trasmissione di valori democratici e di principi costituzionali, e neppure solamente il “foglio” della polizia italiana dove sono state attentamente raccolte immagini, pulsioni e obiettivi in una sorta di caleidoscopio in cui le riflessioni si sono avvicendate con la cronaca quotidiana, dando spazio e amplificando i momenti di soddisfazione, di gioia e di tristezza vissuti.

Poliziamoderna in questi settant’anni ha raggiunto livelli neanche immaginabili nel gennaio del 1949, poiché è stata capace, grazie all’intelligenza e all’abilità dei suoi tanti direttori e redattori, ai moltissimi collaboratori ed esperti, al valente personale impiegato nelle imprescindibili attività di supporto, di registrare la storia della polizia italiana, la sua trasformazione, la sua costante crescita, il suo progressivo legame con i cittadini, il suo essere istituzione tra, per e con la gente, rendendo sempre più attuale e verificabile quanto un illuminato capo della Polizia, Angelo Vicari, aveva voluto, negli anni Sessanta, lanciare come manifesto programmatico, quello della polizia al servizio dei cittadini. 

Oggi Poliziamoderna può essere considerata anche un grande archivio storico, un immenso diario della vita di un’istituzione che è riuscita, come invero tutte le altre forze di polizia, a diventare tra le risorse più affidabili della democrazia repubblicana. 

La rivista è riuscita, sempre, ad intercettare il lievito del cambiamento che, con la riforma dell’Amministrazione della pubblica sicurezza avvenuta nel 1981, ha trasformato l’intero dicastero dell’Interno in un ministero non più di polizia, ma di garanzia dell’esercizio dei diritti civili e sociali, in una dimensione che ne ha fatto apprezzare il ruolo, le funzioni e le attività svolte. Disporre di un organo di informazione e di formazione, di comunicazione e di diffusione, ha permesso, infatti, all’amministrazione dell’Interno di essere all’altezza dei tempi, in una società complessa che esige risposte pronte dinanzi ai bisogni dei cittadini e che impone il conseguimento di risultati adeguati e in sintonia con le aspettative maturate. 

La mia esperienza, la mia età, la mia condivisione di tanti progetti della rivista mi fa dire, con enorme soddisfazione, che i primi settant’anni di vita di Poliziamoderna sono stati proprio ben spesi. Essi così, con quella certezza fondata su impegno, su disciplina e  su fedeltà ai valori repubblicani dell’intera polizia italiana, preparano il raggiungimento dell’ambito traguardo dei cento anni. Ad maiora!

*già prefetto e consigliere di Stato

24/10/2019