Paolo Mieli*

Un contributo alla democrazia

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70° Mieli 01

Nel 1949 la Germania si divide in due stati: uno comunista, la Repubblica democratica tedesca (Ddr), e uno di tipo occidentale, la Repubblica federale tedesca (Brd). L’Unione sovietica di Stalin sperimenta la bomba atomica. La Cina di Mao si proclama comunista. I Paesi occidentali sotto l’influenza statunitense danno vita alla Nato (North Atlantic Treaty Organization) un’alleanza militare in funzione antisovietica. Quelli dell’Europa orientale, sotto l’egemonia di Mosca, fondano il Comecon, una sorta di mercato comune dell’Est. In novembre le truppe russe sconfinano in Iran alla vigilia di un viaggio dello Scià Reza Pahlavi negli Stati Uniti. Siamo in piena guerra fredda ma anche in altre aree del mondo – non direttamente coinvolte nello scontro tra Occidente e mondo comunista – si percepiscono nuove tensioni. In Medio oriente termina con una tregua il primo conflitto arabo-israeliano iniziato l’anno precedente. Ma non si instaura un clima di pace. La Repubblica d’Irlanda proclama la propria indipendenza dal Regno Unito. Il Guatemala precipita nel caos dopo l’uccisione del capo delle forze armate Francisco Aranha. 

In Italia, a marzo, le discussioni a Montecitorio e a Palazzo Madama per l’adesione del nostro Paese alla Nato sono infuocate. Socialisti e comunisti sono fortemente ostili. La sinistra scende in piazza e si hanno scontri tra manifestanti e polizia a Roma, Milano, Bologna. Il ministro dell’Interno Mario Scelba denuncia i “fomentatori di disordini”. In autunno entrano in lotta i braccianti in Calabria, Puglia e Basilicata. Morti, feriti, arrestati in ogni parte d’Italia. Ad accrescere il lutto del Paese un evento (che pure non ha – ovviamente – niente a che fare con le vicende di cui abbiamo testé detto): il 4 maggio si schianta a Superga l’aereo che riportava a casa i giocatori del grande Torino. I morti sono 31.

È in questo contesto che va inquadrata la nascita di Poliziamoderna che, diffusa esclusivamente tra gli appartenenti alle forze dell’ordine, si propone espressamente di essere un punto di incontro di quanti dedicano alla polizia italiana la loro fatica diuturna. La rivista, come si evince fin dal primo numero datato 30 gennaio 1949, ha l’evidente intento di depurare i lettori dalle tossine messe in circolazione dalla guerra fredda e offrire una prospettiva di vita imperniata sull’informazione e la professionalità. Il tutto sulla base di una lettura assai anticipatrice della “modernità”. La figura di riferimento è ad ogni evidenza – assieme alle autorità dell’epoca – il presidente della Repubblica Luigi Einaudi.  E gli agenti vengono mandati in piazza con scopi pacifici:  se qualche avvenimento “turba o commuove” il Paese (il riferimento ancorché non esplicito è all’attentato del luglio 1948 al leader del Pci Palmiro Togliatti)  la polizia è chiamata “a contenere e frenare le manifestazioni pubbliche ed evitarne la degenerazione e gli eccessi”. Una funzione, si mette in chiaro, che “esorbita e sta al di sopra di ogni idea di parte”.

Gli agenti all’epoca provengono in gran parte da aree del Paese poverissime dove la ricostruzione del dopoguerra non è ancora neanche avviata. C’è sulla Rivista il racconto di feste natalizie in cui vengono allestiti spettacoli alla buona (a Napoli con il “noto comico” Nino Taranto e la Compagnia dei piccoli di Zietta Liù) e distribuiti pacchi dono destinati ad alleviare le sofferenze patite dai più poveri che sono la stragrande maggioranza degli italiani. Gli articoli che offrono la più evidente proiezione verso la modernità sono due: uno, firmato dal direttore tecnico della Scuola superiore di polizia Ugo Sorrentino, si intitola La scienza serve la legge; l’altro del tenente colonnello Ugo Bianchi (sotto l’occhiello: La polizia nel mondo) ha per titolo Il ‘policeman’ gode prestigio e ascendente. Nel primo si racconta come è nata la polizia scientifica – dalla scuola francese di Alfonso Bertillon (fine Ottocento) a quella italiana fondata nel 1902 da Salvatore Ottolenghi – e si spiega come i criteri empirici del passato devono lasciare il posto a quelli “tecnici” destinati a dare un carattere di scientificità alle indagini. Il secondo racconta ed esalta il reclutamento e l’organizzazione della polizia inglese definita una delle “migliori del mondo”. Il compito che Poliziamoderna si attribuisce già dal primo numero è quello di spiegare per vie subliminali ai propri lettori che il loro destino non sarà quello di essere costantemente impegnati a contenere e reprimere manifestazioni di piazza, bensì quello di andare a costruire un’intelaiatura per l’ammodernamento del Paese. Sotto questo profilo si deve adesso riconoscere a questa rivista di aver svolto un ruolo fondamentale nella democratizzazione nel campo della pubblica sicurezza. E anche, probabilmente, dell’intero Paese.

* giornalista e storico

24/10/2019