Armando Albano
L’uso legittimo delle armi
Individuazione della fattispecie
1. L’autonomia dell’uso legittimo delle armi
In linea di principio la sussistenza di una causa di giustificazione esclude l’antigiuridicità del fatto, cioè il suo rapporto di contraddizione con l’ordinamento giuridico nel suo complesso.
Le cause di giustificazione sono infatti cause oggettive di esclusione del reato, in quanto rendono, ab origine, lecito un fatto che normalmente costituirebbe reato, impedendo l’applicazione di qualsiasi tipo di sanzione penale, civile o amministrativa.
La previsione nel codice del 1930 della fattispecie scriminante dell’uso legittimo delle armi, come autonoma causa di giustificazione, ulteriore rispetto alla legittima difesa, all’adempimento del dovere e allo stato di necessità, si lega all’esigenza, particolarmente avvertita in epoca fascista, di difendere il prestigio della pubblica autorità, unita anche al superiore interesse dell’ordinamento ad interrompere con qualsiasi mezzo il momento di consumazione di reati gravi e violenti o per evitare che questi fossero portati a conseguenze ancora più gravi.
Obiettivo dell’art. 53 cp è quindi quello di garantire l’adempimento dei pubblici doveri, al fine di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione, principio riconosciuto dall’art. 97 della Costituzione.
La ratio della disposizione in esame risiede nella necessità di permettere al pubblico ufficiale l’uso delle armi al fine di adempiere ad un dovere del proprio ufficio, uso che deve inevitabilmente apparire strumentale alla rimozione di tutti quegli ostacoli che si frappongono fra il pubblico ufficiale e il dovere da adempiere.
In tal senso lo Stato rafforza le previsioni ordinamentali con un’azione fisica, sia repressiva che preventiva rispetto al completamento della consumazione, affidando tale azione alla forza pubblica, in questo caso intesa e rappresentata dal complesso degli appartenenti alla pubblica sicurezza e alla polizia giudiziaria, nonché dai militari in servizio di pubblica sicurezza; si arriva così a legittimare ab initio l’eventuale fisicità del contrasto all’azione criminale, applicando peraltro la stessa disciplina a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza, ricomprendendo pertanto anche la figura di scuola dell’agente ausiliario di polizia giudiziaria, cioè del cittadino cui sia richiesto, per motivi gravi e urgenti, di prestare ausilio al pubblico ufficiale.
Quella prevista dall’art. 53 cp si atteggia quindi a scriminante propria, impiegabile a vantaggio dei soli pubblici ufficiali (ne sono esclusi pertanto gli incaricati di pubblico servizio) che hanno istituzionalmente in dotazione armi o altri mezzi di coazione fisica; soggetti che possono avvalersi di detta scriminante non sono quindi tutti i pubblici ufficiali di cui all’art. 357 cp, bensì soltanto quelli appartenenti alla cosiddetta forza pubblica nonché, come detto, è ammessa a favore di qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale stesso, gli presti assistenza.
2. Gli elementi di necessità e urgenza
A questo punto, ai fini della nostra indagine, pare opportuno prendere le mosse dal dato normativo, ovvero dalla qualifica di pubblico ufficiale quale elemento imprescindibile per l’applicabilità della causa di giustificazione; appare chiaro, infatti, come colui il quale aspiri a beneficiare della scriminante in parola dovrà non solo essere un pubblico ufficiale, ma dovrà porre in essere il fatto da scriminare nel compimento di attività proprie di tale qualifica.
In base alla definizione legislativa di pubblico ufficiale, contenuta nell’art. 357 cp, l’elemento qualificante risiede nell’esercizio di una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. In riferimento alla fattispecie dell’art. 53 cp rileva in particolare la terza ipotesi, quella dell’esercizio di una funzione amministrativa, che di per sé indica un’ampia gamma di settori, ai quali si estende lo svolgimento di attività amministrative da parte dello Stato o di altri enti pubblici.
Nel nostro Paese, come del resto in altre nazioni, l’uso lecito della violenza istituzionalizzata dello Stato, cioè della forza, è prerogativa del campo amministrativo.
L’uso della forza è un attributo naturale della polizia in genere, che si suddivide in due grandi branche, quella amministrativa e quella giudiziaria: la prima si caratterizza per un’attività maggiormente preventiva, ma anche repressiva in via amministrativa, mentre la seconda è quasi esclusivamente di natura repressiva.
Alcuni autori danno dell’attività della polizia in genere, riconducibile in quella della polizia amministrativa, una definizione riassumibile nella “attività della pubblica amministrazione diretta ad attuare in linea amministrativa ed indipendentemente dalla sanzione penale, le limitazioni che dalla legge sono imposte alla libertà dei singoli, nell’interesse superiore della conservazione dell’ordine, della sicurezza generale, della pace sociale, del progresso e di qualunque altro bene tutelato dagli organi pubblici”.
Per quanto attiene invece alla polizia giudiziaria si può assumere che è l’attività dell’amministrazione giudiziaria diretta a scoprire i reati, raccogliere le prove degli stessi ed assicurare alla giustizia i colpevoli, ristabilendo l’ordine giuridico violato.
Dalle citate definizioni si desume come la polizia amministrativa, nell’esercitare l’attività di prevenzione, provvede alla tutela in via amministrativa di interessi fondamentali per la pacifica convivenza sociale, attuando tale tutela con la coazione, ove necessario.
Per quanto ci riguarda, l’ambito di interesse è appunto quello comprendente attività materiali suscettibili di immediata esplicazione, che non esigano una precedente manifestazione di volontà, segnatamente la c.d. funzione di coazione, la quale si estrinseca in un potere di comando e di azione teso all’imposizione di una determinata condotta.
L’Autorità amministrativa, infatti, in situazioni particolari o in momenti di emergenza, può trovarsi a dover disporre dell’uso della forza a prescindere dell’intervento dell’autorità giudiziaria, con condotte finalizzate a ripristinare l’ordine giuridico turbato.
“L’uso dei mezzi di coazione fisica si rende pertanto utile in circostanze eccezionali ed in casi di urgenza, nei quali un qualunque violatore della legge o di un ordine dell’autorità non può venir tradotto dinanzi un tribunale, subire un regolare processo, aver la notifica di una condanna e così via, talché la stessa Autorità amministrativa è costretta a sostituirsi al giudice ed a riportare subito alla ragione con la forza i riottosi”.
La vicenda prende le mosse da un procedimento amministrativo il cui avvio può dipendere da un atto di polizia giudiziaria (es. arresto con uso della forza a seguito della resistenza del catturando) e in altri casi dalla inosservanza di ordini permanenti dell’autorità (es. divieto di oltrepassare un’area delimitata e legittimamente interdetta all’accesso di persone non autorizzate, ovvero di superare un certo limite invalicabile per cui una sentinella fa fuoco) ovvero da ordini dati all’istante dall’autorità (es. fermarsi, sciogliere una pubblica manifestazione non autorizzata, dichiarare le proprie generalità o esibire documenti d’identità), donde l’uso della forza da parte del pubblico ufficiale per ottenere lo scopo.
L’impiego della forza non è pertanto un atto di polizia giudiziaria, né un procedimento giudiziario, ma tecnica operativa delle modalità di effettuazione dell’attività di polizia, di competenza dell’Autorità amministrativa.
Se ne deduce, quindi, che tutto l’impiego della violenza istituzionale necessitata è una attività amministrativa, poiché sta all’autorità amministrativa ed ai suoi pubblici ufficiali giudicare quando, perché e soprattutto come debba essere utilizzata la forza, intesa quale potenziale uso di ogni mezzo energico e di costrizione di cui si ha legittima dotazione, idoneo e proporzionale allo scopo secondo le circostanze, richiamandosi pertanto al più generale principio di discrezionalità amministrativa.
Questo potere si genera dal diritto statale di sovranità e, per attuarsi, si veste di forza imperativa, in quanto destinato ad affrontare una situazione che altera l’ordine giuridico, la cui rimozione deve essere giustificata dalla duplice connotazi