a cura di Cristina Di Lucente

Un volto nella folla

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pdn 7/19

Torino. Un algoritmo sarà in grado di confrontare fotografie di volti di sospetti con il database delle fotosegnalazioni per identificare i responsabili di un reato. È Sari, il nuovo sistema automatico di riconoscimento delle immagini presentato lo scorso 15 giugno dalla Polizia di Stato alla Mole Antonelliana, tra le suggestive scenografie del Museo del cinema, in occasione del Festival della criminologia.  Si tratta di una piattaforma tecnologica alla quale accedono Uffici investigativi centrali e territoriali della Polizia, che oltre a consentire ricerche testuali su tutte le informazioni associate al fotosegnalamento, permette di ottenere dati sulla base di immagini sfruttando tecniche di riconoscimento facciale che utilizzano le cosiddette reti neurali. 10 milioni di volti, corrispondenti ai fotosegnalamenti effettuati dal 2003 in banca dati Afis costituiscono il patrimonio informativo del sistema. Come funziona? Attraverso l’inserimento dell’immagine di un soggetto ignoto, in tempi brevissimi, Sari propone all’operatore un elenco di possibili volti, ordinati sulla base di un criterio di similarità e da una percentuale di matching. A presentare l’incontro Un volto nella folla, che ha fatto registrare il tutto esaurito, il direttore centrale della Dac (Direzione centrale anticrimine) Francesco Messina, il direttore della Scientifica Luigi Rinella e il direttore del Festival Angelo Zappalà, che hanno accompagnato il pubblico in un viaggio alla scoperta dell’importanza del volto nell’investigazione del crimine. «Non dimentichiamo mai che a rendere concreto il lavoro del più sofisticato dei software c’è l’uomo, l’investigatore, il poliziotto» conclude così il suo intervento Francesco Messina, sottolineando l’importanza dell’imprescindibile binomio tra innovazione tecnologica e capitale umano.

La presentazione anticipa la mostra #FacceEmozioni, prevista dal prossimo 17 luglio, che attraverso un racconto lungo 5 secoli vede nel volto il più importante luogo di espressione dell’anima dell’essere umano, un percorso che si concentra sulle arti e le scienze, senza trascurare gli aspetti giudiziari.

La transumanza 
Campobasso. È un rito antico, che ha caratterizzato per millenni la realtà dei territori appenninici con lo spostamento, in primavera, delle greggi e delle mandrie dalle pianure pugliesi verso i freschi e abbondanti pascoli delle alture dell’Appennino centrale. Si tratta della transumanza,  che si svolge lungo i tratturi, vie erbose appartenenti al patrimonio demaniale dello Stato lungo tracciati che riconducono a un’epoca antica. Questo rito è stato riproposto gli scorsi 24 e 25 maggio nel territorio del capoluogo molisano, una tradizione che sopravvive in questa regione grazie all’impegno di una famiglia di allevatori, i Colantuono, che custodiscono e mantengono viva questa usanza nella forma a cavallo. 

L’iniziativa si è trasformata in un momento di aggregazione ed è stata arricchita dalla partecipazione di una pattuglia a cavallo del

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03/07/2019