Antonella Fabiani

Trappole d’amore

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Innamorarsi nel Web può essere ingannevole e, soprattutto, pericoloso. A parlare delle truffe romantiche e di come difendersi, il Servizio polizia postale e delle comunicazioni

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È uno dei raggiri più dolorosi: ferisce il desiderio di felicità e lascia l’amaro in bocca per essere stati manipolati nel peggiore dei modi. Parliamo delle truffe sentimentali on line, un fenomeno cresciuto nel nostro Paese negli ultimi sette anni, di pari passo con la diffusione e l’utilizzo dei social network tra gli adulti. Sono le donne a essere maggiormente circuìte dai falsi corteggiatori sui social, a dirlo i dati del Servizio polizia postale e delle comunicazioni che analizza il fenomeno da tempo: su 380 casi analizzati dal 2016 al maggio 2019, 279 riguardano donne e solo 101 uomini. E se l’età delle vittime si aggira tra i 40 e i 60 anni, a rimanerne coinvolte, a differenza di quanto si possa credere, è una casistica eterogenea che comprende casalinghe, psicologhe, insegnanti, imprenditrici e, quindi, anche chi avrebbe avuto tutti gli strumenti per capire in quale situazione pericolosa stesse andando a finire. In realtà, al di là della posizione sociale e culturale, sono solitudine e mancanza di tempo per frequentazioni affettive ad aver creato le condizioni di vulnerabilità in queste donne. «La realtà dei casi rivela che la maggioranza delle vittime è divorziata da molti anni e, comunque, non più giovane – osserva Eva Claudia Cosentino, direttore del Cncpo (Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia on line) presso la polizia postale e delle comunicazioni – che a un certo punto, dopo aver allevato i figli che sono andati via da casa, si mette davanti al computer o su uno smartphone a chattare (soprattutto con Facebook, maggiormente frequentato da persone adulte) e diventa una facile preda. I truffatori fanno leva sulla fragilità determinata dalla solitudine e, a volte, sull’ingenuità, di alcune donne». Il sesso maschile in generale risulta essere meno coinvolto in questo tipo di truffa, anche se ci sono stati casi in cui molti uomini italiani si sono lasciati abbindolare da malfattori che si fingevano donne dell’Europa dell’Est mediante account social con fotografie e immagini molto avvenenti. 

Ma chi sono i criminali che riescono a rubare oltre il cuore di donne fragili, anche molti dei loro soldi? «Tutto ha inizio con la richiesta di amicizia da parte di uomini apparentemente molto avvenenti che si presentano come militari in servizio in Paesi territori di guerra – prosegue Eva Claudia Cosentino – che fanno credere alle vittime di essere single, vedovi o separati». Chiaramente le foto sono rubate e i profili costruiti presentando situazioni verosimili: da qui iniziano i primi scambi di messaggi che si intensificano nel tempo arricchendosi di particolari sempre più intimi sulla propria vita. Così si comincia a creare un legame con il truffatore, entusiasmante per la vittima che ha la sensazione di essere tornata a vivere, di essere nuovamente amata e con la prospettiva di un nuovo futuro. Dopo aver instaurato questo intenso rapporto di amicizia virtuale, chiaramente falso, i truffatori cominciano a chiedere denaro (tramite bonifici bancari all’estero), accampando una serie di motivazioni fantasiose come gravi motivi di salute o la possibilità di raggiungere la vittima per incontrarla e anche per riuscire a comprare una casa dove vivere insieme. La donna che ormai dipende emotivamente da quel legame e da quei messaggi pensa che il suo interlocutore provi amore per lei, che si trovi veramente in difficoltà e inizia a inviare soldi. Ma chiaramente le richieste continueranno: «Parliamo di somme ingenti di denaro – spiega la dirigente della Postale – che vanno in genere dai 70 ai 100mila euro, ma vi sono stati casi in cui le vittime sono arrivate a sborsare fino a 500mila euro».  In genere questi criminali utilizzano tutti le medesime immagini: facile trovare il profilo del medico che lavora nell’ospedale da campo nei Paesi del Sud Africa, oppure quello del generale americano in Iraq o in Kuwait o anche dello psichiatra: «La maggior parte delle foto sono rubate dal Web – spiegano gli esperti della Postale – e, in ogni caso, nessuna corrisponde al truffatore reale. I malviventi effettuano un’attività di vera e propria social engineering finalizzata a studiare i comportamenti, le abitudini, nonché gli interessi della vittima, analizzano inoltre i contenuti che questa condivide sui social, instaurando un rapporto di confidenza e amicizia». Purtroppo le persone coinvolte spesso aspettano molto tempo prima di denunciare, perché devono ammettere prima con se stesse di essere state ingannate, che quello che pensavano fosse un vero interesse nei loro confronti era solo un mezzo per ottenere dei soldi. Il bisogno di credere di avere incontrato l’amore, di continuare a credere di essere speciali per qualcuno, resiste ancora per molto tempo alla presa di coscienza della nuova realtà. Un passaggio emotivo difficile per chiunque, senza contare la vergogna di dover poi confidare a qualcun altro, che può essere un amico o la polizia, la propria situazione. 

«È il motivo per cui queste vicende, solitamente, hanno una durata lunga nel tempo – continua la responsabile del Cncpo – e quando le vittime decidono di rivolgersi a noi per denunciare i fatti hanno già prestato ai truffatori migliaia di euro, impossibili da recuperare. La segnalazione consente di dare il via alle indagini, che iniziano con il verificare il profilo incriminato e se già sia stato oggetto di altre denunce, attraverso il coordinamento tra i nostri uffici periferici. Da qui procediamo per trovare la sorgente delle connessioni, il che, nella maggior parte dei casi, implica un’indagine diretta all’estero attraverso la cooperazione internazionale. Al momento, la prevalenza dei Paesi da cui provengono i messaggi sono: Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio. Ad oggi, questi Paesi non sono particolarmente collaborativi nello scambio di informazioni utili all’attività d’indagine». 

Il fenomeno registra, tutto sommato, un andamento più o meno costante, anche in considerazione del fatto che in questi ultimi tempi si parla molto di truffe romantiche in televisione e sui media: si è passati da 96 casi nel 2016, a 88 nel 2017, 127 nel 2018, ai 62 nei primi cinque mesi del 2019. «La nostra attività di informazione e sensibilizzazione sui rischi nell’utilizzo dei social, amplificata sui media, ha contribuito – commentano dalla Postale – a un uso più consapevole del Web. La polizia postale, naturalmente, non cessa mai di dare consigli su come difendersi da questo tipo di reato: i suggerimenti sono sempre quelli di essere cauti con le persone che non si conoscono fisicamente, di chiedere un parere a un amico nel caso si abbia il sospetto di chattare con un falso profilo, di non fidarsi di chi chiede denaro con insistenza, perché al di là del monitor ci può essere chiunque». E soprattutto rivolgersi alla polizia. Un modo pratico e veloce è chiaramente quello di rivolgersi al commissariato di ps on line (www. commissariatodips.it) per avere le prime indicazioni su cosa fare o anche andare in qualsiasi ufficio di polizia. Senza vergognarsi. 

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“Romantic scam”
In ordine cronologico è solo l’ultima delle truffe romantiche venute alla luce grazie a una denuncia fatta agli investigatori della Postale di Catania. Un raggiro ordito nei confronti di un uomo, adescato circa un anno fa su Facebook da una donna che si faceva chiamare Angela. Attratto dall’avvenenza mostrata sul profilo, la vittima è rimasta coinvolta in una relazione sentimentale a distanza che presto si sarebbe trasformata in un vero incubo, infatti ben presto “Angela”, che raccontava di vivere in Germania ma prometteva di trasferirsi presto in Sicilia, ha iniziato a chiedere soldi al proprio “fidanzato” per fare fronte a una serie di necessità familiari. Nel giro di pochi mesi l’uomo ha inviato a più riprese circa 300mila euro alla donna, fino a quando lo scorso marzo ha ricevuto la telefonata da un sedicente avvocato che lo avvertiva di essere indagato in alcuni procedimenti penali presso le procure di Roma e Catania a causa della fuga di “Angela” dalla Germania. Per rendere credibile la minaccia e ottenere ulteriori 40mila euro per “evitare di essere arrestato” il finto avvocato aveva anche inviato dei documenti falsificati del tribunale di Roma. A questo punto i familiari della vittima, che nel frattempo aveva venduto un’immobile di proprietà e si era indebitato fino al collo, riuscivano a convincerlo a rivolgersi alle forze dell’ordine. Le indagini della Postale hanno pian piano ricostruito tutti i passaggi della truffa e, grazie a un paziente lavoro di acquisizione di dati, intercettazioni e appostamenti, hanno portato all’arresto  di 3 persone tra i 30 e i 40 anni di età, tra cui la famigerata Angela, chiamata in realtà Maria Consolazione.

03/07/2019