Piero Bottino*

Orgoglio e unità

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Sorta sulle paludi del Tanaro, terra dei mandrogni e commercianti di pelli, Alessandria ha compiuto 850 anni. Oggi è sicura e a misura d’uomo

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Il centro di Alessandria è piazzetta della Lega Lombarda, ma niente a che vedere con la politica. Il fatto è che questa nasce già città otto secoli e mezzo fa – ha festeggiato l’anno scorso gli 850 anni – sulla spinta di popolazioni locali e per le strategie geopolitiche dei Comuni padani riunitisi appunto in lega: doveva essere una spina nel fianco dell’imperatore Barbarossa e lo fu. Il vittorioso assedio del 1174, prologo di Legnano, è il primo di vari episodi storici in cui “i più deboli sconfissero disastrosamente i più forti” come scrisse uno storico e come appare nel motto dello stemma cittadino: “Deprimit elatos, levata Alexandria stratos” (Alessandria umilia i superbi ed eleva gli umili).

Dopo tutto questo uno pensa a una città unita, coesa, orgogliosa del suo passato. Eh no, troppo facile. Questa è terra di contraddizioni: in mezzo alla pianura, ma tra due fiumi e condizionata dall’acqua (il nomignolo “della paglia” non deriva dalle antiche coperture dei tetti, bensì dal latino “palea”, palude); dedita ai commerci (fino all’Unità d’Italia era zona di confine dove si praticava lo “sfroso”, il contrabbando), ma al contempo incapace di tenere in vita le sue secolari fiere agricole; al centro del Triangolo industriale, ma senza mai sfruttare appieno l’ equidistanza da Torino-Milano-Genova, metropoli al contempo vicine e distanti. E poi gli alessandrini, uniti nelle emergenze, ma divisi su tutto nel vivere quotidiano.

C’è un filo rosso che aiuti a capire l’anima di questa città? «Io credo che sia l’intelligenza, anche se poi i migliori si sono affermati lontano da qui. Penso a Gianni Rivera o Umberto Eco». Michele Morelli, 58 anni, milanese di famiglia cosentina, dal novembre del 2017 alla guida della Questura, ha la sua idea. «E – aggiunge – non dimentichiamo i mandrogni». Eccolo il nomignolo che caratterizza gli abitanti di queste parti, tanto da indurre lo stesso Eco a coniare il vocabolo “Mandrognickheit”, per delineare i caratteri dell’alessandrinità. Mandrogni (forse da mandriani) sono gli abitanti del sobborgo omonimo, commercianti di pelli, per antonomasia persone abili nel condurre gli affari, scaltre. 

Fatto sta che fuori dalla cerchia cittadina questo non viene visto sempre come un pregio, anzi. «La furbizia è la prostituzione dell’intelligenza», sostiene Roberto Benigni. Di sicuro, diventata capoluogo di una maxi provincia nel 1860, grazie appunto a una furberia dell’allora presidente del consiglio, Urbano Rattazzi, alessandrino, questo ruolo guida ad Alessandria non è mai stato pienamente riconosciuto degli altri sei centri-zona (Casale Monferrato, dove fra l’altro fu aperto il primo commissariato distaccato d’Italia, Tortona, Novi Ligure, Ovada, Acqui Terme, Valenza) ognuno con la sua storia, le sue prerogative, il suo orgoglio. Anche Morelli se n’è reso conto: «Potrei dire di Belluno, dov’ero prima di arrivare in Piemonte: 40mila abitanti e ben 51 frazioni; o di Cortina che divide chi vi soggiorna in ampezzani, cortinesi, villeggianti e foresti. Ma qui è paradossalmente più complicato».

Divisioni e understatement non aiutano, neanche in economia. «Giro per la provincia – dice Morelli – e vedo imprese di livello mondiale, ma s

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10/06/2019