Antonio Magno
Ascolto del minore
L’approccio psicologico
1. Intervistare un minore
Quando si intervista un bambino, la questione centrale che viene posta dall’autorità giudiziaria è se quel bambino può essere ritenuto attendibile.
Nella letteratura psicologico-giuridica, il concetto di attendibilità viene considerato secondo la dimensione dell’accuratezza e della credibilità:
L’accuratezza riguarda la valutazione delle competenze di base del soggetto, e in particolare la percezione, la memoria e il linguaggio: ma valuta anche quanto e come la testimonianza sia accurata, precisa, dettagliata e coerente sotto il profilo delle competenze/capacità di memoria e di percezione da parte del soggetto.
La credibilità attiene agli aspetti motivazionali della testimonianza e consiste nel valutare eventuali ragioni o fonti di influenzamento che possono avere orientato il soggetto a riferire versioni dei fatti in parte o in toto diverse da quelle personalmente percepite o ricordate.
C’è da dire che i bambini sono molto diversi tra loro rispetto alla modalità con la quale ricordano e riferiscono gli eventi accaduti nel passato. Alcuni sono in grado di utilizzare un linguaggio ricco, altri sono più sintetici, alcuni risultano meno influenzabili e più resistenti alle suggestioni, altri meno. L’età è uno dei fattori in grado di spiegare queste differenze, ma non è chiaramente l’unico: variabili cognitive, sociali e di personalità hanno un notevole impatto sul modo di memorizzare e raccontare gli avvenimenti.
1.1 La memoria nella testimonianza
Una riproduzione “fotografica” di un evento non è possibile, tanto nell’adulto quanto nel bambino. Ogni testimonianza, anche quando origina dalla percezione diretta dei fatti, è sempre il risultato di un processo prevalentemente inconsapevole di elaborazione soggettiva di un’esperienza. Quella che chiamiamo comunemente memoria è un processo dinamico che si articola in più fasi (percezione, codifica, immagazzinamento, recupero), ciascuna delle quali può essere modulata da elementi cognitivi, emotivi, relazionali, culturali e ambientali.
Il ricordo di eventi vissuti è sempre incompleto. Esso è il risultato del processo di recupero e riorganizzazione di informazioni incomplete, selettive e a volte distorte, presenti in memoria. Ogni processo di rievocazione è caratterizzato da dettagli dimenticati e spazi vuoti anche se il risultato può apparire, a un’analisi superficiale, completo e senza “buchi”, essendo il prodotto finale di un processo ricostruttivo. Processi di rievocazione non caratterizzati da dimenticanze e “buchi di memoria” devono essere valutati con prudenza; allo stesso modo devono essere valutati racconti di avvenimenti sempre uguali a se stessi, narrati con modalità ed espressioni meccaniche e ripetitive. Il ricordo di eventi vissuti contiene solo pochi dettagli altamente specifici. Anche se il numero di dettagli in un ricordo recente è spesso considerato come indice di accuratezza del ricordo, come regola generale nel recupero a lungo termine ricordare un alto numero di dettagli specifici è inusuale. I dettagli specifici di un avvenimento sono persi in tempi molto brevi e all’aumentare dell’intervallo di ritenzione di un evento aumenta il numero di informazioni perse in memoria. Di solito in memoria rimane il “nucleo centrale” di un’esperienza fatta, sebbene anche questo possa essere dimenticato col tempo.
Generalmente è difficile che ci soffermiamo a riflettere sull’accuratezza dei nostri ricordi, tuttavia se fossimo chiamati a testimoniare in un processo ci accorgeremmo dello sforzo che ci viene richiesto, rispetto alla precisione dei particolari di un evento, aspetti per noi irrilevanti o che ci erano completamente sfuggiti. Inoltre scopriremmo come, di fronte a domande incalzanti di un avvocato, la nostra memoria possa vacillare con una facilità che non avremmo immaginato.
1.2 La memoria nel bambino
Il funzionamento della memoria merita un approfondimento specifico nel caso dei bambini. Diversi studiosi indicano l’assenza di ricordi riferiti ad un’età che rimane, indicativamente, sotto i tre anni.
Vi sono numerose evidenze che dimostrano come bambini già dall’età di 6 mesi siano in grado di apprendere e riconoscere oggetti e volti. Tuttavia i bambini non hanno un ricordo esplicito degli eventi nel periodo preverbale, cioè prima dei 24 mesi. Questo significa che se, ad esempio, il piccolo si spaventa a causa di un forte rumore associato ad un giocattolo è possibile che in seguito reagisca alla vista di quel giocattolo piangendo o urlando. Questo genere di ricordi costituisce quella che viene chiamata memoria implicita. Bambini di 4 e 5 anni sono in grado di ricordare esplicitamente episodi avvenuti all’età di 3 anni, sotto forma di immagini visive e conoscenze concettuali seppur poco dettagliate e organizzate, la maggior parti delle quali poi non saranno ricordate da adulti. La possibilità di ricordare successivamente fatti avvenuti fra i 4 e i 7 anni è via via maggiore, ma è solo a partire dagli 8-10 anni che i ricordi cominciano ad acquisire strutturazioni, contenuto e organizzazione simili a quelli dell’adulto.
I bambini “ricordano raccontando”, nel senso che costruiscono il ricordo attraverso la sua narrazione. In bambini fino a circa sei anni questa narrazione avviene di solito in collaborazione con un adulto, che può quindi influenzarne il contenuto. Nelle narrazioni successive di un evento, ciò che il bambino presenta come “ricordo” può essere influenzato non solo da ciò che egli ha narrato la volta precedente, ma anche da fattori esterni, dal parlarne ad es. con coetanei o adulti, da informazioni o suggerimenti ricevuti, etc. Da qui l’importanza della “prima dichiarazione” e della modalità con cui è assunta.
I bambini di solito codificano preferibilmente dettagli relativi a persone, azioni e oggetti che attirano il loro interesse.
In generale essi prestano maggiore attenzione a dettagli che riguardano azioni e oggetti piuttosto che a quelli concernenti persone e luoghi.
Spesso i bambini non focalizzano l’attenzione su dettagli “centrali” di un evento ma su dettagli periferici ; per dettagli centrali si intendono quelle informazioni relative agli individui, agli oggetti, alle azioni caratterizzanti l’evento ricordato; ad esempio, nel caso del reato sessuale, quelle informazioni relative alla dinamica dell’azione sessuale, alle parti del corpo interessate, ecc. Mentre con dettagli periferici ci si riferisce a quelle informazioni non specifiche rispetto all’evento; in altre parole quei particolari cambiando i quali non dovrebbe cambiare la trama dell’evento. Queste caratteristiche della fase di codifica implicano la possibilità che il bambino non ricordi aspetti di un evento che per l’adulto sono importanti.
Nella testimonianza, i ricordi resi non dovrebbero contenere informazioni e conoscenze che il bambino non poteva avere nella fase di codifica. Se queste conoscenze emergono, è altamente probabile che esse siano state aggiunte in una fase successiva. Ad esempio il ricordo dell’aver provato vergogna per un episodio vissuto intorno ai tre anni, è chiaramente frutto di una ri-elaborazione successiva dell’episodio stesso, in quanto intorno ai tre anni i bambini non hanno probabilmente ancora sviluppato il senso della vergogna. Rispetto alla rievocazione del ricordo sappiamo che la capacità di recuperare le informazioni dalla memoria può avvenire attraverso diverse modalità, quali: il riconoscimento, la rievocazione libera e la rievocazione guidata. In ambito giuridico la testimonianza del minore risulta più accurata se gli viene concesso di ricordare e raccontare i fatti liberamente senza dover rispondere a domande specifiche e senza aiuti o suggerimenti esterni; a seconda dell’età e delle caratteristiche del minore, il contenuto può risultare povero di dettagli, ma anche accurato e puntuale: i dettagli ricordati e riferiti autonomamente sono in generale tutti effettivamente presenti nell’evento originale. Attraverso interviste strutturate ed in assenza di domande suggestive, la testimonianza del minore può essere esauriente al pari di quella dell’adulto. Per quanto riguarda, infine, il riconoscimento è da considerarsi una delle modalità quotidiane che le persone usano più frequentemente e spontaneamente; nel caso dei minori, al pari della rievocazione guidata, è importante che il riconoscimento avvenga attraverso una modalità neutra e non suggestiva.
Inoltre, i racconti dei bambini devono essere congrui con la capacità di comprensione e codifica linguistica dell’evento all’epoca dei fatti. Quando ciò non accade significa che determinate conoscenze sono state aggiunte in un secondo momento: ad esempio formulare un giudizio morale o un’attribuzione di significato che richiama giudizi di valore che il minore ancora non possiede o non poteva possedere all’epoca.
1.3 Il vissuto emotivo del bambino
E’ difficile poter rievocare episodi psico-traumatici senza che contestualmente riemergano anche i vissuti emotivi di accompagnamento. Nei bambini la risposta emotiva di fronte ad un evento non sempre rispecchia quella degli adulti. I bambini possono avere percezione emotiva diversa dell’evento a causa di differente o limitata comprensione della qualità e significatività del fatto e del non aver ancora maturato un giudizio morale adulto rispetto ad esso e possa pertanto fornire un resoconto abbastanza lucido e “freddo” dell’accaduto; nei bambini più piccoli, poi, il vissuto emotivo può essere dissociato dal ricordo traumatico.
Può ac