Antonio Magno*
Ascolto del minore
Aspetti normativi
1. Diritto del minore all’ascolto
1.1 Fenomenologia e aspetti sociali dell’abuso
Lo sfruttamento e gli abusi sessuali sui minori costituiscono le peggiori e le più odiose forme di violenza sui soggetti deboli, anche perché esse, nella maggior parte dei casi, trovano alimento e si manifestano all’interno di una relazione familiare o parentale dove il legame profondo e radicato tra la vittima e il suo carnefice tende a nascondere o a non riconoscere la violenza, e, conseguentemente, a proteggerne l’autore.
Il peculiare e pericoloso scenario nel quale talvolta si verificano detti reati, giustifica l’assenza di statistiche plausibili sull’attendibilità del fenomeno (la mancanza di dati non riguarda solo il nostro Paese ma tutta Europa) e ciò in quanto la notevole discrepanza esistente tra la realtà del fenomeno e il numero dei casi segnalati e perseguiti trova la sua giustificazione in una molteplicità di ragioni, a volte connesse le une alle altre: in primis nella difficoltà delle giovani vittime di segnalare la violenza e denunciare il proprio vessatore; nell’assenza di efficaci strumenti volti a recidere il vincolo del silenzio familiare che impedisce l’emersione della violenza e pregiudica un efficace contrasto a questo tipo di criminalità; nella mancanza di strutture di assistenza e sostegno adeguate a consentire alla stessa vittima di poter recuperare dopo la denuncia e la condanna del colpevole, ove possibile in virtù dell’età dell’abusato, un adeguato sviluppo psicofisico e sessuale; nell’assenza di norme procedurali puntuali, che consentano, dopo la denuncia, una risposta adeguata e tempestiva da parte dello Stato.
Si deve inoltre rilevare che la previsione di un efficace programma di repressione della criminalità sessuale che permetta di risolvere almeno alcune delle criticità evidenziate, non può essere disgiunta dall’introduzione di una serie articolata di attività di intervento e soprattutto di prevenzione che debbono poter produrre effetto prima della commissione del reato.
Per consentire una significativa “emersione” del fenomeno delle violenze sessuali a danno di persone minori di età, e più in generale, un’efficace repressione di tale tipo di criminalità, molto spesso organizzata, devono essere adottare misure necessarie per aiutare gli stessi minori a trovare ascolto e protezione, e a crescere in contesti adeguati e competenti, attenti ai segnali di sofferenza dei minori.
Non sempre essi possono essere in grado di comprendere di essere stati coinvolti in relazioni sessuali, peraltro in una relazione distorta dalla violenza o da pressioni psicologiche. Per tale motivo è indispensabile accrescere la conoscenza sulla protezione dagli abusi sessuali e sui diritti dei minori, specie del loro diritto all’ascolto, fra le persone che quotidianamente sono a contatto coi minori.
Il minore non può e non deve essere lasciato solo nel difficile percorso della denuncia della violenza ma deve piuttosto trovare adeguati programmi di sostegno e di assistenza per ricostruire la propria integrità psicofisica e la propria identità sessuale, talvolta gravemente compromessa e pregiudicata dalla violenza subita.
A tali esigenze risponde la Convenzione di Lanzarote che costituisce il primo e sinora unico strumento internazionale che disciplina in modo esaustivo la repressione delle varie forme di sfruttamento e abuso sessuale commesso a danno di persone minori di età, tutelando anche a titolo preventivo, il loro diritto ad uno sviluppo psicofisico, e quindi sessuale, completo e indisturbato.
Il quadro delineato dalla Convenzione è volto a rendere più efficaci le legislazioni nazionali ed internazionali la prevenzione e repressione delle varie forme di sfruttamento e abuso sessuale, la persecuzione degli autori dei reati e, soprattutto, la protezione delle vittime. Nella realizzazione di questi principi, l’Italia ha previsto con la legge di ratifica n.172/2012 norme di adeguamento dell’ordinamento interno, sia sostanziali che procedurali, al fine di recepire i contenuti della Convenzione.
Le indicazioni in essa riportate si sono tradotte in una revisione strutturale delle disposizioni già esistenti nella nostra legislazione, anche al fine di superare i dubbi interpretativi che avevano originariamente suscitato in sede applicativa, con la previsione di inasprimento delle pene per i reati già previsti e l’introduzione di nuove ipotesi di reato: fra queste, la disposizione che ha introdotto la nuova fattispecie di reato di pubblica istigazione o apologia a pratiche di pedofilia o pedopornografia ed una nuova fattispecie “speciale” di associazione per delinquere rispetto alla generale fattispecie disciplinata dall’art. 416 cp (laddove la specialità della nuova disposizione risiede nella circostanza che il fatto delittuoso è commesso in danno di un minore e comporta un inasprimento della sanzione rispetto alla fattispecie generale).
Gli obiettivi e le finalità della convenzione trovano efficace attuazione anche nella configurazione da parte della legge n. 172/2012 nell’inedito reato di “child grooming”, ovvero l’adescamento di minorenni attraverso Internet o altre reti o mezzi di comunicazione, laddove per “adescamento” si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione. L’introduzione di tale reato è stata dettata dall’art.23 della Convenzione stessa e costituisce una marcata anticipazione della tutela penale a comportamenti non ancora effettivamente lesivi della sfera sessuale del minore.
La legge n.172/2012 inoltre ha previsto l’introduzione di specifiche forme di sostegno alle vittime. Particolarmente significativa in tal senso, la modifica apportata all’art. 609 decies cp che nei casi di reati sessuali a danno di minori già stabiliva che “l’assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne, è assicurata dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne”, ai quali sono stati aggiunti “nonché di gruppi, fondazioni, associazioni ed organizzazioni non governative di comprovata esperienza nel settore dell’assistenza e del supporto alle vittime dei reati di cui al primo comma e iscritti in apposito elenco dei soggetti legittimati a tale scopo con il consenso del minorenne, e ammessi dall’autorità giudiziaria che procede”.
La novella legislativa ha, infine, introdotto una serie di modifiche alla normativa procedurale che fanno da corollario alle novità concernenti la legge penale sostanziale.
Gli interventi procedurali più significativi sono stati quelli volti alla previsione dell’obbligo di avvalersi, da parte della polizia giudiziaria e del p.m., che intenda assumere informazioni da un minorenne, dell’ausilio di un esperto in psicologia o psichiatria infantile, nominato dalla stessa autorità procedente.
Nonostante la ratifica della Convenzione di Lanzarote sia intervenuta solo nell’ottobre 2012, le risposte che il sistema giudiziario italiano, non solo penale ma anche civile, ha dato nel corso degli anni per un’efficace protezione del minore vittima di abusi sessuali e di condotte lesive del suo sviluppo psicofisico e sessuale possono ritenersi del tutto adeguate ed in linea con le disposizioni e le finalità della stessa Convenzione, con la conseguenza che le esperienze maturate in applicazione della nostra legislazione possono essere sicuramente condivise con gli altri paesi dell’Unione.
Il nostro ordinamento, infatti, da molto tempo prevede strumenti significativi di tutela e protezione di soggetti deboli, anche minori, vittime di abusi e violenze sessuali maturate nell’ambito di rapporti familiari e di convivenza. Nello specifico, l’autore di violenze, a seguito di un ordine di protezione emesso dal solo giudice civile, anche inaudita altera parte, può immediatamente essere allontanato dal domicilio familiare, con una limitazione temporale della sua libertà di movimento e con determinazione di un obbligo di pagamento di un assegno alimentare in favore del residuo nucleo familiare. In applicazione della legge citata e di numerose altre disposizioni legislative che sono state introdotte dal legislatore italiano negli ultimi quindici anni per la repressione dei reati di violenza e abusi sessuali a danno dei minori, le competenti autorità giudiziarie hanno elaborato Protocolli di intesa con le diverse Istituzioni, i centri antiviolenza, e le autorità pubbliche (quali Aziende ospedaliere, Prefetture, Questure, Enti territoriali; Servizi sociali del Ministero della Giustizia e Servizi Sociali degli enti locali) per la messa in campo di un’efficace e operativa “rete” di intervento idonea a contrastare il fenomeno dell’abuso