Giovanni Aliquò
Violenza domestica
Prevenzione, ammonimento e ruolo del questore
1. Premessa
Il questore, quale autorità di pubblica sicurezza, ha assunto nel tempo un ruolo d’assoluto e centrale rilievo nel campo della prevenzione del crimine. Efficaci, se ben orientati, sono i poteri che la legge gli affida, in particolare, per contenere le violenze di genere, un fenomeno molto diffuso, specie nell’insidiosa forma delle violenze domestiche.
Nella relazione finale della “Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere” (6 febbraio 2018), è stata ben messa a fuoco la pervasività del fenomeno, osservando, tra l’altro, come in Italia la “violenza domestica”, nelle sue forme più aggressive, colpisca in misura notevole le donne straniere, probabilmente per la vulnerabilità indotta da differenze linguistiche, culturali e di status giuridico; si è messo pure in luce come, in controtendenza con il graduale contenimento del fenomeno, cresca la preoccupante piaga delle “violenze assistite”, ovvero di minori costretti ad assistere a violenze commesse in famiglia.
Particolarmente odiosi sono quei delitti che, ispirati da una subcultura di sessismo e/o su uno sfondo di predominio patriarcale, negano alla donna i diritti di libertà e quello alla stessa vita: oltre il 70% degli omicidi commessi in ambito familiare ha come vittima la donna. Tuttavia, il fenomeno delle violenze domestiche non è necessariamente limitato agli elementi di sesso femminile, ma può toccare qualsiasi membro di un nucleo familiare o persone legate al maltrattante da relazioni affettive.
In applicazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la giurisprudenza della Corte Edu ha più volte ribadito che, ove ricorra pericolo per l’integrità fisica, bambini e altri soggetti vulnerabili – tra cui vi sono le vittime di violenze domestiche – “hanno diritto alla protezione dello Stato, sotto forma di una prevenzione efficace, che li metta al riparo da forme altrettanto gravi di offese all’integrità della persona”. La loro difesa è un obiettivo irrinunciabile per lo Stato e si traduce nel dovere delle Autorità di agire e, dunque, con correlative responsabilità in caso di inerzia da cui derivino conseguenze ulteriori per la vittima.
Per affrontare consapevolmente il pericoloso fenomeno della violenza domestica è indispensabile un forte impegno culturale che deve essere sostenuto da un particolare sforzo di conoscenza e di analisi dei dati (nel 2018 l’Istat ha prodotto un nuovo studio statistico mentre il Protocollo Eva – Esame violenze agite – del Dipartimento della pubblica sicurezza dà supporto per la più efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, gravità, reiterazione e recidiva), dalla conoscenza del territorio e da una forte capacità d’integrare una complessa rete multidisciplinare e multilivello per l’informazione e per il supporto delle vittime.
Di questa rete per la prevenzione, l’emersione e il contrasto del fenomeno fanno parte il servizio del numero antiviolenza 1522 (sempre attivo 24 ore su 24 e gratuito con operatrici nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo, organizzato dal Dipartimento pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri), l’Oscad (l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori del ministero dell’Interno), i servizi sanitari, i centri antiviolenza, le scuole, le università e, quale autorità di prevenzione sociale e di polizia, il questore.
2. La normativa di contrasto
Il quadro normativo essenziale per la prevenzione della violenza domestica si racchiude nella cornice della cosiddetta Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 (ratificata con legge, 27 giugno 2013 n. 77), del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito con modificazioni dalla l. 23 aprile 2009, n. 38) e del dl 14 agosto 2013, n. 93 (convertito con modificazioni dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119) e, da ultimo, la legge 11 gennaio 2018, n. 4, con la quale sono state introdotte misure di prevenzione positiva, ovvero finalizzate a offrire più ampia tutela alle vittime in condizione di vulnerabilità.
L’articolo 3 del dl n. 93/2013, in particolare, introduce nell’ordinamento quella che viene espressamente definita come “Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica”: l’am