Franco Gabrielli*

L’anno dell’aquila

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A voler essere rispettosi custodi delle tradizioni, l’appuntamento di fine anno dovrebbe essere l’occasione per tracciare un bilancio del tratto di strada percorso negli ultimi dodici mesi, celebrando i risultati conseguiti nel perenne processo di adeguamento ai “tempi moderni”, come li chiamerebbe Charlie Chaplin, riflettendo sugli inciampi e programmando i passi futuri.

Potremmo citare, dunque, il potenziamento degli organici, il bando dei nuovi concorsi, l’inaugurazione della nuova Questura di Fermo, cui presto seguiranno quella di Monza e quella della provincia di Barletta, Andria e Trani, i brillanti risultati centrati sul fronte della prevenzione del radicalismo religioso nonché della criminalità organizzata.

Ma a me piace, in queste pagine, celebrare qualcosa di diverso: le donne e gli uomini della Polizia di Stato vicini alla gente, intenti in un’infaticabile opera di ascolto dei bisogni dell’altro, ancorata saldamente ai valori della solidarietà che permeano la nostra Costituzione.

È una capacità di ascolto che non confligge con il compito affidatoci dal legislatore di far rispettare le leggi, se necessario anche mediante l’uso legittimo della forza, di cui, insieme agli altri corpi di polizia, siamo scrupolosi depositari.

Un “porsi al servizio” che ci vede interpreti della tutela di un bene tra i più preziosi in ogni comunità, quello dell’ordine e della sicurezza pubblica. Una funzione che dobbiamo adempiere con onore e disciplina e che non tollera, in nessun caso, di essere piegata a interessi individuali.

Solo così possiamo essere credibili, arricchendo con l’autorevolezza del nostro ruolo l’uniforme e i segni distintivi che, come mi piace ripetere, sono molto di più di un semplice capo di abbigliamento. Per i nostri segni distintivi il 2019 sarà un anno rivoluzionario: li indosseremo, infatti, per la prima volta, svincolandoci definitivamente dai gradi militari. Questo non per segnare una distanza da quel mondo, al quale riconosciamo uno straordinario patrimonio di professionalità e competenza, ma per rimarcare con orgoglio la nostra identità di Amministrazione civile a ordinamento speciale e riaffermare l’adesione a un nucleo di valori, sublimato dal nostro motto “Sub Lege Libertas”. Dunque abbandoneremo definitivamente le “stellette”, conservando, quale unico elemento distintivo, il simbolo dell’aquila dorata dalle ali spiegate che ha sempre accompagnato la nostra Istituzione, fin dal 1919.  

L’aquila che è il portato di storia, valori, tradizione, sacrificio, abnegazione, ma anche di doveri che ingenerano nella comunità una aspettativa di lealtà e di trasparenza. Tradire questo legame significa provocare una ferita profonda nel rapporto fiduciario che ci lega al nostro Paese, difficilmente recuperabile.

Ciascuna azione deve essere, dunque, orientata dalla nostra etica, dalla nostra capacità di distinguere il bene e il male, nella consapevolezza delle conseguenze e delle responsabilità che dalle nostre azioni possono derivare.

È solo percorrendo questa strada che potremo alimentare la nostra credibilità, incentivando quel processo di identificazione del cittadino con la nostra Istituzione. Grazie a quest’approccio sempre più la Polizia di Stato sarà percepita non come un’entità estranea, ma come parte essenziale di una comunità che sempre più richiede una nostra presenza sul territorio.

Con queste motivazioni vogliamo affrontare il 2019, nel solco dell’esempio di chi, proprio per questi valori, ha scelto di sacrificare la propria vita per il bene comune.

*Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza

07/01/2019