Mauro Valeri e Luca Scognamillo
Sguardo a Oriente
Ministri dell’Interno e capi delle Polizie dei Paesi balcanici riuniti per elaborare, con l’Italia, strategie comuni di contrasto alle più gravi forme di criminalità
È stata Brindisi a ospitare, dal 29 al 30 ottobre, la presentazione del progetto Ipa 2017 “Contrasto al crimine organizzato nei Balcani occidentali”. Non è un caso che il vertice si sia svolto in questa città, come evidenzia il capo della Polizia Franco Gabrielli: «È un riconoscimento alla storia strategica di questo significativo lembo del nostro Paese, è il riconoscimento a quello che le forze di polizia stanno realizzando in questi tempi in questo territorio che è sempre particolarmente all’attenzione sui temi della sicurezza. Brindisi non è stata, e non è, una scelta casuale». Da sempre poi la sua collocazione geografica e il porto ne fanno un ponte con l’Oriente. Le forze dell’ordine che qui operano sono dunque in prima linea nel contrasto alle attività illecite che si diramano dai Balcani, che vanno dal traffico di sostanze stupefacenti e di essere umani alle possibili infiltrazioni di cellule jihadiste.
Nessun particolare nell’organizzazione della sicurezza dell’evento è stato trascurato. Porto, aeroporto, lungomare e vie di accesso principali sono state presidiate da poliziotti, carabinieri, finanzieri, operatori della guardia costiera e della polizia locale, non solo via terra ma anche via mare. E il complesso dispositivo di sicurezza, coordinato dal questore Maurizio Masciopinto, ha funzionato.
Sono qui giunti ministri dell’Interno e capi delle Polizie di Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Montenegro, Kosovo e Serbia accompagnati dagli ambasciatori italiani in quei Paesi e ricevuti nella sede dell’Autorità portuale che ha ospitato il vertice. Con loro anche i delegati di Europol, Eurojust e della Commissione europea. C’è stato molto di cui discutere perché l’analisi delle dinamiche sociali, economiche e migratorie dimostra sempre più la centralità dell’area balcanica divenuta negli anni uno snodo strategico tra Oriente e Occidente e, come tale, appetibile anche dalle grandi organizzazioni criminali.
Le attività di contrasto, condotte dalle nostre forze di polizia, con la collaborazione dei Paesi partner di Ipa 2017, progetto finanziato dall’Unione europea (Direzione generale per la politica europea di vicinato e negoziati di allargamento) e co-finanziato dalla Germania (ministero federale tedesco della Cooperazione e dello Sviluppo economico), hanno permesso di evidenziare quanto il traffico internazionale di stupefacenti e la tratta di esseri umani giochino un ruolo preponderante nel quadro degli illeciti transfrontalieri.
In particolare, sul fronte migratorio l’attività di contrasto esercitata delle forze di polizia sulla direttrice libica sembra aver indotto una rinnovata vitalità della rotta balcanica, che ha fatto registrare negli ultimi mesi un’intensificazione dei flussi in transito.
Tale dato merita una ancor maggiore attenzione lì dove si consideri che l’area balcanica rappresenta un importante bacino di coltura dei foreign fighters che potrebbero tentare l’ingresso in Europa al fine di dare attuazione a progettualità terroristiche contro l’occidente.
Sul versante delle droghe invece lo specchio d’acque ionico-adriatiche si rivela un hub strategico per l’importazione all’interno dei confini europei di cocaina ed eroina, così come l’area balcanica appare essere un’importante piazza di transito e produzione di marijuana, nella quale si sta assistendo al consolidamento di pericolose alleanze tra organizzazioni criminali dell’Est Europa con le famiglie della criminalità organizzata pugliese.
«Mentre le organizzazioni criminali si dimostrano abili interpreti del vento della globalizzazione, la risposta della sicurezza non può essere a “velocità variabili” in base alle diverse aree geografiche. Occorre quindi maturare – ha spiegato il capo della Polizia – una cultura della sicurezza sempre più “solidale” in cui il pluralismo dei sistemi dei singoli Stati deve necessariamente cedere il passo alla logica della condivisione dei patrimoni informativi, perseguendo sempre più incisive e condivise strategie di prevenzione e contrasto».
Ad aprire la due giorni brindisina, che prevedeva una conferenza plenaria e una serie di incontri bilaterali tra i rappresentanti italiani e quelli dei singoli Paesi aderenti al progetto, l’Accordo bilaterale col Montenegro basato principalmente sulla necessità di fronteggiare l’immigrazione clandestina ed il traffico dei migranti. Le forme di cooperazione sottoscritte prevedevano sostanzialmente: lo scambio di esperienze, informazioni strategiche e di prassi operative nel settore del controllo delle frontiere; la cooperazione pratica nell’accertamento della nazionalità e identificazione dei migranti irregolari, per attuare in maniera efficace la politica dei rimpatri; la pianificazione ed esecuzione di pattugliamenti marittimi congiunti, bilaterali e nell’ambito delle operazioni coordinate dall’Agenzia europea Frontex; lo scambio di dati dal Sistema di sorveglianza elettronica delle acque territoriali e dell’area costiera del Mare Adriatico. Per rendere più efficiente l’attività di pattugliamento verranno cedute a titolo gratuito, alla polizia montenegrina, due vedette costiere, dismesse dalla Guardia di Finanza e ripristinate nella loro piena efficienza. Una volta collaudate, otto tra ufficiali e sottufficiali montenegrini, destinati a comporre due equipaggi per le imbarcazioni, saranno addestrati in Italia.
A moderare la plenaria è stato Gennaro Capoluongo (vedi intervista a pag 16), consigliere ministeriale e project leader di Ipa 2017, progetto della durata di due anni giunto al “giro di boa” che vede come responsabile, per il Dipartimento della ps, il vice direttore generale della pubblica sicurezza preposto all’attività di coordinamento e pianificazione, Alessandra Guidi. Il vertice, dopo il saluto del sindaco e quello del responsabile dell’Autorità portuale che hanno dato il benvenuto nella città e nella struttura ai delegati, è entrato subito nel vivo con l’intervento del sottosegretario all’Interno, Stefano Candiani: «Nessun Paese deve sentire i problemi legati alla criminalità come problemi esclusivamente propri: i problemi di un Paese sono anche quelli di un altro e le soluzioni sono tali anche per il Paese vicino. Criminalità informatica e finanziaria, traffico di droga, delle persone e delle armi: tutte attività che non hanno confine. Bisogna imparare lavorando assieme: la condivisione è garanzia di efficacia. Il progetto Ipa 2017 rappresenta un “mattone” fondamentale nella costruzione di questo sistema unico di sicurezza». Il sottosegretario ha ribadito poi il sostegno dell’Italia al percorso di adesione all’Unione europea intrapreso dai 6 Paesi balcanici, percorso che passa anche attraverso la verifica del raggiungimento di uno standard di livello europeo nei servizi giudiziari e di sicurezza. Il vice presidente di Eurojust, l’italiano Filippo Spiezia, ha sottolineato invece l’importanza dello strumento delle squadre investigative comuni che realizzano la perfetta sinergia tra l’aspetto giudiziario e quello investigativo; strumento particolarmente utile anche nelle investigazioni che riguardano Paesi terzi rispetto all’Ue come quelli dell’area balcanica occidentale. Affinché, infatti, possano essere costituite e finanziate, basta che uno dei Paesi interessati faccia parte dell’Unione. Spiezia ha sottolineato poi che dal 2012 al 2018 Eurojust ha registrato più di 200 casi che hanno visto il coinvolgimento di Paesi dell’area balcanica occidentale e che per questo, su sollecitazione delle autorità giudiziarie e delle forze di polizia nazionali, la cooperazione con tali Paesi è stata riconosciuta dall’Agenzia europea come una priorità alla quale si è dato seguito distaccando alcuni magistrati di quell’area presso Eurojust e stipulando accordi specifici di cooperazione con quei Paesi. Anche il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, ha evidenziato il pericolo delle mafie balcaniche: « Le mafie balcaniche costituiscono un pericolo, perché rappresentano quelle nuove mafie straniere che sono presenti sul nostro territorio e in vari altri territori della Comunità europea. Questo determina una maggiore velocità nell’ambito dei trasferimenti di stupefacenti, di armi e la più agevole consumazione di reati quali la tratta di persone, la riduzione in schiavitù, il caporalato, tutto ciò che proviene dai Paesi dell’Est». La risposta per contrastare efficacemente questi fenomeni passa per la collaborazione e la condivisione delle informazioni investigative perché, ha continuato il procuratore: «Ciascun Paese con i propri organismi di polizia, con la propria magistratura può concorrere a formare una conoscenza che consenta di costruire i singoli segmenti per avere un quadro dell’operatività delle organizzazioni criminali e contrastarle più efficacemente nei vari Paesi». E le conclusioni del prefetto Gabrielli hanno ribadito che quella della cooperazione è l’unica strategia che davvero funzioni: «Bisogna uscire dalla logica dei cortili di casa, dalla logica del possesso dell’informazione: oggi vince chi condivide. Non è la quantità delle informazioni che conta ma avere quelle giuste che si ottengono mettendole a fattor comune con quelle degli altri».
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La parola all’esperienza
Intervista a Gennaro Capoluongo, coordinatore del progetto Ipa 2017
Quale percorso la ha portata a diventare project leader di Ipa 2017?
Tanti anni di cooperazione internazionale, circa 20, mi hanno fermamente convinto della necessità di una cooperazione sempre più omogenea tra le polizie di Paesi diversi. Da direttore del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia, peraltro, ho avuto modo di apprezzare l’importanza di procedere ad una formazione congiunta e a scambi informativi sempre più sicuri e immediati, attraverso reti dedicate che si sublimano in attività operative sul territorio; il terrorismo e la criminalità organizzata sono minacce globali e possono essere contrastate solo con azioni di pari dignità. Il progetto Ipa 2017 permette di organizzare e finanziare proprio questo.
Riunire intorno a un tavolo rappresentanti di Paesi che tra loro, in alcuni casi, non hanno buoni rapporti può già essere considerato estremamente positivo?
Il consesso di Brindisi è stato sicuramente un successo per il livello dei partecipanti e per i contenuti che sono emersi nei vari tavoli; capi delle Polizie e ministri di diversi Paesi che si confrontano su tematiche attuali e di comune interesse e che trovano intese strategiche e operative rappresenta sicuramente un valore aggiunto al sistema sicurezza non solo del nostro Paese ma dell’intera Unione europea. Amo sempre sottolineare che l’attività italiana è produttiva di effetti benefici non solo per la sicurezza del nostro Paese ma, quale frontiera esterna, per quella di tutta l’Unione europea.
Che rapporto c’è con le forze di polizia dei Paesi dell’area balcanica?
È un rapporto oramai consolidato sia per la vicinanza geografica, sia per le affinità culturali. Le polizie dell’aerea balcanica appaiono oggi sempre più capaci di contrastare i fenomeni criminali. Invero alcuni Paesi dell’aerea sono già entrati nella Ue, attesa la loro uniformità agli standard richiesti, per altri Ipa (Instrument for pre-accession), rappresenta un formidabile strumento per l’ingresso nella grande famiglia europea.
Quali risultati concreti saranno raggiunti grazie a questo progetto?
Abbiamo già fatto numerose missioni operative tra investigatori serbi, italiani, albanesi, kosovari, macedoni e montenegrini, coinvolgendo le rispettive autorità giudiziarie; il nostro obiettivo è quello di uniformare quanto più possibile l’expertise investigativo dei Paesi dell’area, favorendo operazioni congiunte sul campo capaci di innalzare gli standard di sicurezza. Il recente arresto in Croazia degli autori del furto a palazzo Ducale a Venezia (nella foto a sinistra) è un esempio concreto di cosa significhi avere una efficace cooperazione internazionale, sia di polizia che giudiziaria. La sfida è quella di arrivare all’abbattimento delle differenze normative e procedurali e all’immediata condivisone delle informazioni, ottenendo così risultati che, un tempo, sembravano irraggiungibili.
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- PARTNER BALCANICI -
Albania
Il nostro Paese è esposto all’incidenza del fenomeno criminale albanese, passato da una fase iniziale caratterizzata in prevalenza dalle attività predatorie, ad una più complessa, qualificata dallo sfruttamento della prostituzione e dallo spaccio di droghe, fino al conseguimento di modelli tipici della criminalità organizzata di tipo mafioso.
A livello bilaterale i rapporti di collaborazione tra l’Italia e l’Albania sono ottimi e sono rafforzati dall’esistenza di un Ufficio di collegamento interforze che opera in Albania dal 1997, cui è stato assegnato un nuovo esperto per la sicurezza il 1 ° settembre 2016, nonché dalla presenza di due ufficiali di collegamento albanesi, rispettivamente presso l’ambasciata albanese a Roma e presso il consolato di Bari.
Il buon livello di cooperazione di polizia raggiunto si evince anche dai dati relativi agli arresti ai fini estradizionali che sono stati 27 in Albania, dal mese di gennaio a quello di settembre 2018, e 43 in Italia, dall’ 1.1.2016 al 30.09.2018.
Nell’ambito di un ampio quadro di riforma in atto, sia della polizia che del sistema giudiziario albanese, si avverte, da parte delle Autorità albanesi, la necessità di stabilire meccanismi tempestivi ed efficaci di cooperazione bilaterale, in materia di lotta alla criminalità organizzata transnazionale in tutte le sue forme.
Bosnia Erzegovina
La frammentazione dei corpi di polizia in Bosnia Erzegovina, la loro completa autonomia poiché indipendenti l’uno dall’altro, e l’assenza di un’Autorità nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, equiparabile al ministro dell’Interno italiano, possono ridurre l’efficacia dell’azione di contrasto ai fenomeni criminali, in particolare a causa della difficile individuazione di priorità condivise. Anche il quadro legislativo, suddiviso tra codice penale statale e locale e la mancata implementazione di alcune normative, come ad esempio quella sul riciclaggio del denaro sporco, acuiscono la complessità della situazione.
La cooperazione di polizia tra Italia e Bosnia Erzegovina, in passato sporadica e circoscritta ai fori istituzionali, ha registrato nel corso degli anni un notevole miglioramento, anche per effetto dell’istituzione di un Ufficio di collegamento a Sarajevo nel 2010. Tale collaborazione ha permesso di realizzare un proficuo ed efficace scambio di informazioni.
Riguardo la lotta al fenomeno terroristico, i due Paesi, nel corso di colloqui che si sono tenuti in questi ultimi anni, hanno fatto emergere la reciproca disponibilità a dare vita a forme di cooperazione diretta, condividendo ogni utile informazione in possesso per agevolare iniziative di prevenzione e di contrasto al terrorismo soprattutto di matrice confessionale.
Kosovo
La Repubblica del Kosovo ha dichiarato la propria indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008.
Il 21 febbraio 2008 il governo italiano ha proceduto al riconoscimento, stabilendo contestualmente relazioni diplomatiche. Cinque Stati membri Ue (Spagna, Cipro, Grecia, Romania e Slovacchia) non hanno riconosciuto il nuovo Stato, così come la Serbia e la Bosnia Erzegovina.
I rapporti di collaborazione con l’Italia in materia di polizia si svolgono attraverso un Ufficio di collegamento italiano a Pristina, che trasmette tutte le richieste della Kosovo police, non essendo il Paese ancora membro di Interpol (nel corso della 87^ Assemblea Interpol, che si è svolta a Dubai a novembre, è stata bocciata la sua richiesta di adesione all’Organizzazione), e viene assicurata prevalentemente tramite l’Ilecu (International law enforcement cooperation unit) che richiede all’Ufficio di collegamento italiano accertamenti negli archivi di polizia. La lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione nel Paese è fronteggiata dalle autorità locali con il supporto, ormai da diversi anni, della missione Ue denominata Eulex. Con il lancio, avvenuto nel febbraio 2017, dell’iniziativa di cooperazione trilaterale tra Italia, Albania e Kosovo (cosiddetto “Gruppo Skandernbeg”), si è registrato un importante impulso nella collaborazione operativa con le Autorità kosovare nel settore del contrasto al terrorismo internazionale.
Macedonia
La Repubblica di Macedonia è un Paese interessato dai traffici illeciti, quali il traffico di sostanze stupefacenti, tratta di esseri umani e contrabbando di armi; sono presenti, inoltre, fenomeni corruttivi.
Un ulteriore elemento di preoccupazione è rappresentato dalle possibili minacce terroristiche dovute alla presenza di foreign fighters rientrati in patria dai teatri di guerra del medio-oriente.
Per fronteggiare il fenomeno del radicalismo islamico, nel 2014 la Macedonia ha introdotto una nuova legge che punisce chi si reca all’estero per unirsi alle Milizie islamiche, la cosiddetta legge sui foreign fighters.
L’Italia ha avviato già da tempo forme di collaborazione per il rafforzamento delle capacità amministrative del Paese e in particolare sono state realizzate iniziative di formazione in favore della polizia macedone in materia di prevenzione e contrasto al crimine organizzato. Sono inoltre stati organizzati workshop in materia di lotta al traffico di stupefacenti, riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo.
Otto funzionari di polizia macedoni hanno partecipato negli anni 2017-2018 ai corsi didattici presso la Scuola internazionale di alta formazione per la prevenzione ed il contrasto al crimine organizzato di Caserta.
Montenegro
La collaborazione di polizia tra Italia e Montenegro può definirsi ottima e i rapporti sono frequenti e consolidati. Anche sotto il profilo operativo, la cooperazione in materia di sicurezza è piuttosto intensa, grazie anche al contribuito fornito dall’Ufficio di collegamento, che ha portato proficui risultati.
In considerazione della sua posizione geografica nell’area balcanica, il Montenegro può essere considerato, sotto il profilo della sicurezza, un crocevia strategico per le organizzazioni criminali di matrice italiana con sodalizi criminali “slavi” e “albanesi”.
Il Paese è, inoltre, situato lungo il percorso della cosiddetta “rotta balcanica”, solitamente utilizzata dalle organizzazioni criminali per il traffico degli stupefacenti provenienti dall’Afghanistan, dal Pakistan e dall’Iran, così come per i traffici di migranti diretti in Italia e in Europa.
L’Italia sostiene le Autorità montenegrine impegnate nel processo di integrazione europea e nel relativo percorso di allineamento agli standard europei, con particolare riguardo al rafforzamento della collaborazione nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata e di consolidamento dello Stato di diritto.
Serbia
I rapporti di collaborazione tra le forze di polizia dei due Paesi sono frequenti e consolidati, facilitati dall’impiego presso l’Ambasciata italiana a Belgrado della presenza di un ufficiale di collegamento del Dipartimento della ps e di un esperto della Guardia di Finanza in materia di criminalità economica e finanziaria.
La cooperazione bilaterale si traduce, principalmente, nel contrasto al traffico internazionale di droga, di armi, di veicoli rubati e di esseri umani, nonché al riciclaggio di denaro. In ragione della sua posizione geografica, la Serbia rimane un canale di transito privilegiato per il contrabbando di merci con i Paesi dell’Est ed asiatici.
Le attività d’indagine in corso più rilevanti riguardano il traffico internazionale di stupefacenti, con numerose investigazioni in collaborazione con le autorità serbe. Numerosi, inoltre, i corsi addestrativi a favore della polizia serba, riguardanti i settori della polizia stradale, polizia delle frontiere, immigrazione e scorte nonché quelli di lingua italiana per funzionari di polizia serbi. Proficua anche la cooperazione tra i reparti speciali del Nocs e quelli serbi del Saj (Unità speciale antiterrorismo della Repubblica di Serbia), che annualmente organizzano esercitazioni internazionali antiterrorismo congiunte.