Paolo Mastri*
Bella e difficile
Con un’economia dinamica, una folta comunità universitaria e una grande vivacità culturale, Pescara registra un continuo impegno per mantenere alta la percezione di sicurezza tra i cittadini
Piccola Manhattan la chiamavano. E facevano bene. Tra le tante, quella che continua a calzare a pennello è la definizione coniata per la Pescara del secondo boom economico, la piena maturità degli Anni ’80. Eppure ci hanno provato in tanti a riassumere in un claim il miracolo della città veloce nata neanche un secolo fa e risorta in forma di piccola metropoli dalle macerie del secondo dopoguerra: dal “moderno Far west” di Guido Piovene alla “Perpetua fuga in avanti” di Mario Pomilio, allo splendore raccontato nel 1959 da Pierpaolo Pasolini sulla rivista “Orizzonti”: “elegante, bella, abbronzata”. Manhattan, dunque. La più americana delle città italiane, unica nell’orizzonte appenninico, felicemente strategica tra Bologna e Bari. Aperta, intraprendente, mercantile, giovane per vocazione e necessità.
«Una città marinara più che di mare, di divertimento più che turistica». Dopo un anno e mezzo di permanenza, anche il questore Francesco Guglielmo Misiti è pronto per tratteggiare il suo personale ritratto da un punto di osservazione privilegiato come il ponte di comando della vecchia Caserma Fanti. «Pescara attrae per il dinamismo dell’economia, per i divertimenti che offre, per una quantità enorme di spettacoli che generano flussi costanti ponendo alle forze dell’ordine sfide peculiari. Al bello di una città così vivace si contrappone il brutto della insicurezza percepita dalla popolazione. Anche contro l’evidenza dei dati che descrivono il ritmo costante degli arresti per spaccio di droga, furti e rapine, vale a dire i principali fenomeni criminali».
È la misura dei tempi e, insieme, il riflesso di un punto fermo della breve storia pescarese: uno specifico criminale legato ad alcune famiglie locali e alla presenza dei clan rom radicatisi intorno agli Anni ‘70 nella periferia ovest. La droga è oggi l’affare più ricco, grazie alla rilevanza di Pescara come piazza di spaccio e terminale delle rotte balcanica e campana; sono però rapine, bische, prostituzione e tutto il corredo di reati di riviera il terreno su cui si è formata una mala locale mai doma, in parallelo al monopolio storicamente esercitato dai rom su usura e ricettazione. I successi della giustizia sono stati significativi, anche se resta il cono d’ombra sulla faida che ha contrapposto le principali famiglie criminali negli Anni a cavallo tra ‘80 e ‘90. Luci e ombre, fascino e mistero. Nella visione del questore Misiti il fardello di un passato impegnativo perde colore di fronte a una stagione più rilassata su